Alle Primarie del Partito Democratico ho votato Elly Schlein: lo confesso!

di PIERO ALESSI

Dopo molto tempo torno, grazie ad uno stimolante articolo di Nicola Porro, a proposito delle primarie del PD, a consegnare una mia brevissima riflessione alla comunità di Spazio Libero Blog. Premetto che lo faccio anche perché non mi pare opportuno relegare la questione ad un dibattito interno ad un partito. Le conseguenze di quanto avvenuto con le primarie del PD hanno un interesse di carattere generale che travalica le appartenenze e diviene, sotto certi aspetti un dibattito non solo meramente politico ma persino culturale, perché ci parla di una società che cambia con velocità repentina. Dunque, il Blog, fedele ai suoi principi ispiratori, non può non cogliere le suggestioni che la questione propone a tutti noi, al di fuori da ogni partigianeria.

Svolgo da poco più di un anno, con fatica ma anche con passione, il ruolo di segretario del PD locale. In questa veste ho ritenuto, come da antica e probabilmente anacronistica “scuola”, di non prendere posizione esplicita sulla competizione congressuale aperta a seguito della sconfitta alle “politiche” dello scorso settembre 2022 e delle conseguenti dimissioni di Enrico Letta da segretario nazionale. Oggi, dismesso l’abito notarile superpartes che avevo indossato per l’occasione, posso senza alcuna reticenza dichiarare che ho votato Elly Schlein sia nella prima tornata riservata agli iscritti che nella seconda, aperta a quanti avessero voluto partecipare.

Sono del tutto d’accordo con Nicola su una serie di osservazioni e di rilievi critici, in particolare sulle regole di selezione dei dirigenti che, anche a mio avviso, andranno in futuro cambiate perché del tutto incomprensibili. Non esistono altri esempi (ci sarà una ragione e forse più d’una!) di organizzazioni, associazioni, partiti o comunità di qualunque genere che si debbano rivolgere all’esterno, per scegliere la propria leadership.  Altra cosa è, evidentemente, svolgere delle consultazioni, che andrebbero comunque costruite con parametri meno artigianali e improvvisati, di quelli comunemente utilizzati, per scegliere i candidati a elezioni per funzioni di interesse pubblico. Quindi, in linea generale, concordo che debbano essere gli iscritti a decidere i destini del partito al quale hanno liberamente scelto di aderire.

Mi permetto di considerare però, in primo luogo, che queste sono le regole del gioco, sempre accettate e, anzi, apprezzate quando il giudizio degli iscritti, nel passato, era confermato e persino rafforzato da un largo consenso popolare, che si esprimeva appunto nelle primarie. Fatta questa premessa, vorrei fare un “ferma immagine” sul contesto nel quale si è svolto l’intero percorso congressuale; le recenti sconfitte elettorali (determinate anche da precise scelte opinabili, attuate dallo stesso PD), le circostanze date e, non ultimo, il clima di pesante sfiducia che si è respirato attorno al Partito Democratico, nel suo storico bacino elettorale di riferimento (ammesso, e non del tutto concesso, che vi sia ancora un preciso bacino di riferimento).  Quindi, in via eccezionale, personalmente, tra le altre più concrete ragioni che dirò in seguito, aprire porte e finestre per far entrare aria nuova, fresca o meno, ritengo sia stato più che opportuno, al limite azzarderei necessario.  Dunque, una pratica regolamentare da non replicare, a mio giudizio, ma al momento senz’altro utile.

Entro, infine, nel merito della scelta. Sono tra coloro che hanno letto e anche riletto le quattro mozioni dei candidati alla segreteria: Cuperlo, Bonaccini, De Micheli e Schlein.

Non sono sicuro che questo impegno di approfondimento sia stato svolto con scrupolo dalla gran parte di coloro che in seguito hanno maturato il proprio orientamento.

Ciò rafforza la mia convinzione che una parte decisiva l’abbiano avute le percezioni, cioè le aspettative che ciascuno ha tratto dalla immagine, che attraverso vari canali, è pervenuta.  Bonaccini, moderato e sostanzialmente centrista; Schlein, rappresentante di una sinistra moderna e radicale; Cuperlo, campione esemplare di una sinistra storica; De Micheli, donna dalla postura molto istituzionale e concreta. Questo mi pare si possa dire, sul tavolo della percezione. In realtà, in questa grossolana dipintura c’è del vero, ma anche molto di assolutamente impreciso e inesatto. Sia chiaro che quando parlo di percezione mi guardo bene dallo sminuirne il peso e il significato, a maggior ragione nei tempi che viviamo, e questo vale soprattutto sul piano politico.  Ignorare o sottovalutare la capacità di un partito di intercettare emozioni, passioni, o persino trasmettere empatia e messaggi anche solo con il linguaggio del corpo dei propri leader sarebbe un errore, che regalerebbe un vantaggio di posizione agli avversari. Ovviamente, sarebbe anche un errore di valutazione che tutto, ma proprio tutto, si debba giocare e si sia giocato sul terreno emozionale. A questo proposito, per quel che riguarda la Schlein non si è trattato solo (anche!) del fatto che è donna, che è giovane, che non rientra nel canone classico dei comportamenti eterosessuali, che ha un sorriso empatico. In sostanza la questione non ha avuto a che fare solo con l’apparire.  Sul piano programmatico la Schlein ha fatto delle affermazioni su alcuni temi, che non hanno trovano eguale riscontro nelle linee politico-programmatiche degli altri candidati. Ovviamente, affermazioni e proposte che possono essere considerate positivamente o meno ma indubbiamente danno il segno di una diversità. Solo a titolo di esempio sul tema delle diseguaglianze, sulla transizione ecologica, sul tema del lavoro e su quello dei diritti ha avanzate idee e proposte molto precise che hanno disegnato un profilo, condivisibile o meno, con punti di differenza rispetto agli altri. D’altro canto, non sarei obiettivo se non riconoscessi che i suoi contendenti presentavano progetti di rilancio della società e dello stesso partito di assoluto valore ma, segnalo, con una differente, non marginale, indicazione di priorità. Per concludere, ritengo che sia aperta una fase, che è stata molto ben colta da elettori e simpatizzanti, che non produrrà, come si è da taluni maliziosamente  pronosticato, ulteriori divisioni o scissioni. Al contrario, penso ci siano le condizioni per rafforzare legami unitari all’interno e per riprendere a tessere relazioni con l’esterno. Esiste ovviamente un problema di alleanze ma prima di questo la questione che il PD dovrà sciogliere è di quale impasto è composto e quale visione ha del Paese e vuole perseguire e, non di minore rilievo, quale politica estera  vorrà privilegiare, superando ogni ambiguità ma anche evitando le semplificazioni. Le risposte arriveranno, ne sono convinto, da un lavoro che il PD saprà fare tenendo conto dei differenti punti di vista e delle diverse correnti culturali, per fortuna ci sono, che albergano al suo interno.   Mai come oggi il pessimismo dell’intelligenza ha bisogno di correre sui binari dell’ottimismo della volontà. Il nuovo corso, che si è aperto con l’elezione della Schlein, ha iniettato nel corpo stanco e lento del PD, ma non solo, una carica tale di energia e passione che lascia prefigurare un auspicabile quanto indispensabile e tonificante percorso di rinnovamento, tanto del gruppo dirigente quanto delle concrete scelte politiche da assumere.

PIERO ALESSI

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