“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – La “transizione ecologica” è un “fenomeno” inconfutabilmente necessario
di GIORGIO CORATI ♦
L’uomo si è adattato alla vita sulla Terra, organizzandosi, per così dire, con attività dalle quali ha saputo trarre ricchezza, sviluppo e crescita economica. Ciò è stato reso possibile anche dall’uso, dall’utilizzo e spesso dal sovrasfruttamento delle risorse offerte dagli ecosistemi naturali. Con la sua azione, l’uomo ha esercitato delle alterazioni sostanziali e crescenti sulla Terra da cui sono originati ed originano effetti diretti e indiretti sul sistema naturale (Vitousek, Mooney, Lubchenco, & Melillo, 1997).1 Con questa consapevolezza, semmai si ritenga utile intervenire già in prima persona, agendo sul proprio senso di responsabilità in termini di uso e di consumo, può essere interessante condividere la parafrasi di un monito espresso dall’economista Daly in La soglia della sostenibilità. Ovvero quello che il Pil non dice (Pulselli, Bastianoni, Marchettini, & Tiezzi, 2007).2 Il concetto del monito riguarda l’importanza della transizione verso un’economia sostenibile al fine di scongiurare il rischio di incorrere in una catastrofe ecologica, la quale avrebbe ripercussioni sugli stili di vita degli uomini. Ed in tal senso, Daly ritiene importante che gli esseri umani compiano una transizione verso un’economia sostenibile, per poter continuare a operare anche in futuro, ponendo attenzione ai limiti biofisici inerenti all’ecosistema globale.
La tenuta di un buono stato ecologico e la sostenibilità associata a pratiche di consumo in senso lato, che è l’esatto contrario del più immediato concetto di insostenibilità, sono temi sociali attuali, sicuramente centrali della vita, associati ai concetti di “impronta ecologica” e di “earth overshoot day”.3 Per molte persone, tali temi potrebbero avere in sé aspetti ancora nebulosi, per niente affatto chiari. Per quanto concerne lo stato dell’ecosistema Terra, sebbene i fenomeni naturali siano sistemici e coinvolgano anche gli esseri viventi, il suo “malessere” e le conseguenti implicazioni negative sulla vita quotidiana delle persone sono tuttavia, da taluni, talvolta scarsamente considerate o come suol dirsi, “prese sottogamba”. Capita di osservare che l’interesse è banalmente rivolto al “tempo che farà domani”, anche se, invero, l’interesse si incentra per lo più su di una questione amletica tipo “accumulare o non accumulare benessere personale”! Si tratta di quell’interesse che, sebbene sia legittimo, assume talvolta la caratteristica di scarsa lungimiranza: la stessa che trascina gli uomini verso una sorta di “disfacimento” del pianeta che li ospita, da quasi due secoli circa in modo più marcato. Ed è, probabilmente, per la considerazione che gli uomini attuali sono ospiti di passaggio sulla Terra che molti di loro non ravvisano, per così dire, l’”esistenza né del dopodomani né tantomeno del futuro”; quel futuro che qualcuno auspica, invece, come basato sulla biodiversità della vita sul pianeta e sulla sostenibilità delle risorse, rispetto alla contrapposizione tra i loro tempi naturali di “recupero” e la loro disponibilità immediata per il consumo. Chissà se questo auspicio, in realtà, sia soltanto nella visione immaginaria di qualche folle o ingenuo o se, al contrario, sia posto lungo un astratto sentiero da percorrere con una visione lungimirante. La verità è che la “transizione ecologica” è un “fenomeno” inconfutabilmente necessario e lo è anche per permettere l’”accoglienza” agli ospiti che verranno già nell’immediato futuro, nell’auspicio che per coloro vi possano essere almeno le stesse condizioni di vita degli ospiti attuali, almeno quasi come questi le hanno ricevute in lascito dai loro predecessori.
Ciò che è sicuramente certo è che l’inquinamento atmosferico porta con sé una caratteristica interessante; si “ridistribuisce” democraticamente tra tutte le persone indistintamente perché, come si sa, le emissioni inquinanti e climalteranti viaggiano nell’aria, si diffondono in tutta l’atmosfera e raggiungono tutte le latitudini e le longitudini della Terra, giungendo tra gli uomini laddove essi si ritengono al sicuro e anche ove altri con la propria virtù scoraggiano le emissioni stesse. Certo non è per questo motivo che i virtuosi debbano arrendersi, sentendosi abbandonati o non sentire condivise le proprie preoccupazioni in merito. Anzi, è proprio quello il momento di sostenere ciò che si ritiene essere una giusta causa, anche perché il vicinato guarda sempre cosa fa la famiglia della porta accanto e spesso la emula per non sentirsi da meno. Magari poi impara, assumendo consapevolezza dell’importanza delle proprie azioni, in quanto queste esercitano non soltanto degli effetti negativi sull’esistenza altrui, bensì anche sulla propria.
GIORGIO CORATI