I CANTASTORIE TRADITI — COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.

di EZIO CALDERAI ♦

Capitolo 13:  Le innumerevoli strade aperte da Omero e i cantastorie che le hanno percorse.

   Anche il diamante più puro diventa ancor più straordinario e bello grazie all’opera dell’uomo, che lo sfaccetta, lo leviga con tocchi che sembrano carezze, che gli dà forma.

   Omero è la gemma purissima, che non ha eguali tra i poeti, ma non viene dal nulla, la sua arte è finemente lavorata, viene dall’ascolto di decine, forse centinaia di cantastorie che per trecento anni hanno percorso in lungo e in largo la Grecia e le sue isole e cantato le imprese di Achille e di Ettore, la bellezza di Elena e di Calipso, hanno scavato nei sentimenti degli esseri umani, narrato le loro vicende terrene e i progetti che per loro hanno gli Dèi.

   Scoprono l’universo! E non dimentichiamo mai che questa conoscenza si tramanda di bocca in bocca, inizialmente in una lingua ancora incerta e che essi stessi contribuiscono a creare secolo dopo secolo, anno dopo anno, esibizione dopo esibizione.

   Altra cosa stupefacente, essi non recitano, i loro racconti volano sulle ali del canto e della poesia, il loro strumento è la cetra. In un’epoca in cui la Grecia non ha una lingua scritta[1], la parola, la tradizione orale è l’unico modo per comunicare e per tramandare.

[1] Nella prima parte, ad esempio quando vi dicevo che Kalliope rivendicava di saper leggere e scrivere, un pochino vi ho imbrogliato. A fin di bene. Al tempo della guerra di Troia, 1100 a.c., non c’era una lingua greca.  

   Il canto e la rima sono le forme di espressione che aiutano i cantastorie a mandare a mente le storie che vogliono raccontare.

   Man mano che passano i secoli, gli anni, i giorni, i cantastorie forgiano la lingua comune dei greci, non riusciranno ad evitare i dialetti, ma poco a poco anch’essi sbiadiscono e quando cominceranno a scrivere quella lingua sarà tra le più specializzate create da un consorzio umano.

   Il percorso è stato secolare. Si è partiti dalla lingua rozza dei micenei, con i caratteri mutuati dai fenici, e, grazie ai cantastorie, si è arrivati ai Dialoghi di Platone, ai trattati di Aristotele.

   Anche le trasformazioni sociali che abbiamo appena sfiorato sono state percepite e trasmesse dai cantastorie.

   L’eco della guerra di Troia, come la virtù delle donne, non perderà ventura, ma non sarà quello l’unico tema, penso, invece, o meglio mi piace pensare, che i racconti dei cantastorie, come le acque quando scendono dalla montagna dopo piogge copiose, prendano mille rivoli, diventino tramite tra gli abitanti dei diversi villaggi e delle diverse città man mano che si formano, colgano differenze e cambiamenti, favoriscano la nascita delle strutture di una società organizzata.

   Anche gli ascoltatori, che accorrono sempre numerosi, sono cambiati, magari sono interessati a conoscere i segreti della coltivazione dell’ulivo in Beozia e nell’Attica, o del grano in Arcadia o nelle isole e, nelle regioni lambite dal mare, l’arte della pesca.

***

   Anche queste novità confluiscono nell’arte di un grande poeta e cantastorie, Esiodo, nato pochi decenni dopo Omero. Dell’esistenza di Esiodo nessuno dubita, anzi gli si attribuiscono più opere di quante ne abbia fatte. Ricordiamoci sempre che la tradizione è soltanto orale.

   Esiodo, con mirabile sensibilità coglie le nuove tendenze e compie una vera e propria rivoluzione. 

   La Teogonia è la genealogia degli Dèi, che Esiodo piega a giustificare i cambiamenti.   

   Più interessante e con bellissimo titolo, Opere e giorni, in pratica il manifesto dei nuovi tempi.

   Eroi, guerrieri, aristocrazia della forza e della violenza, scompaiono, travolti dai bisogni di tutti i giorni degli uomini, che chiedono soltanto lavoro e giustizia. Esiodo non smarrisce il contatto con gli Dèi e con i miti, ma li iscrive alla causa del lavoro e della giustizia.

   Prometeo è protettore e ispiratore degli uomini di tutti i giorni, Dike, la Dea della giustizia, sovrasta re e sudditi. Prometeo e Dike sono i pilastri della nuova società.

   Particolarmente felice la valorizzazione simbolica di Dike, che resterà immagine della giustizia nei millenni che verranno, ma nelle Opere e giorni trovano posto anche materie apparentemente minori, come consigli sulla morale, sull’economia, sui lavori agricoli, sulla navigazione.

   La leggenda, nata forse in epoca post ellenistica, narra di un certamen, una sfida poetica, tra Esiodo e Omero, vinta naturalmente dal prediletto di Apollo. Personalmente non credo che Esiodo si fosse ritagliato uno spazio per intaccare l’egemonia già allora intangibile di Omero.

   Egli era poeta finissimo e uomo troppo intelligente per non capire che il cieco di Chio non poteva essere neanche sfiorato dalle mode o dalle rivoluzioni dei tempi e dei costumi, era immortale.   

   Esiodo si è guadagnato un frammento d’immortalità grazie a meriti propri, cantando di gente umile, che, però, si stava preparando a realizzare su fondamenta sicure il destino luminoso della Grecia.

   Esiodo cantava ed era cantato dai cantastorie, insieme a innumerevoli altri ha tracciato la strada dell’occidente.

EZIO CALDERAI                                                                     (CONTINUA)

https://spazioliberoblog.com/