DOPO IL VOTO, BREVE NOTA.

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

LE COALIZIONI POLITICHE.  L’assenza di pensiero, l’assenza di programmi a medio termine, l’assenza di formazione dei politici, crea uno stato di impotenza che, sempre con maggiore frequenza, viene attribuita dagli stessi politicanti alla insufficienza di potere di cui disporrebbero o alla diffusa presenza di vincoli: una beffa spacciata per verità ( si pensi al “vittimismo”, agli attacchi alla Magistratura politicizzata, alle Organizzazioni Internazionali viste come ostacolo). Questi rilievi sembrano appartenere essenzialmente alla Destra. Ma il resto della compagine politica non è certo senza peccato.

Le Coalizioni Politiche del nostro tempo, senza alcuna esclusione, hanno come fine esse stesse: classico rovesciamento mezzi/fini. Il denaro, il potere, il prestigio, la condizione economica non sono mezzi  ma fini. Il fine, in altri termini, è la crescita del partito in sé! Semplice autopoiesi: un organismo che tende solo a sostenere se stesso.

Questo rovesciamento mezzi/fini esercita una pressione attraente sui pensieri dei militanti e sull’elettorato. La propaganda non ha più lo scopo di “comunicare” bensì quello della “persuasione”. Nasce da ciò l’impulso continuo  alla menzogna (Fake news). Il divario con il passato appare enorme.

 

L’ELETTORATO.  L’assenza di passione è il dato più facile da reperire. Ma ecco che subito dopo si aggiunge un dato che deprime ancor più: non si esprime  il proprio volere in termini di desiderata sulla scorta di un programma ma solo e soltanto una scelta di persone. Scelta che, il più delle volte, si  basa sull’apparenza più che sul pensiero che la persona esprime.

Ed ancora, il desiderio di giustizia sociale è spesso sostituto dal desiderio di conformismo verso  un prestabilito modo di essere.

Ma,  una vera e propria “catastrofe” sociale è fornita dallo svanire del binomio diritti-doveri. Sempre più i diritti sono i veri protagonisti. Questo venir meno del dovere produce una mistificazione del reale facendo assumere alla vita sociale un senso di riduzione della complessità, che certo essa non possiede.

Il voto non è solo un diritto. A causa delle lotte drammatiche, dei dolori e delle sciagure che recentemente abbiamo onorato con la memoria ed il ricordo, l’atto della votazione  ha, deve avere, una struttura bipolare: il voto è diritto, il voto è dovere. Troppo facile asserire: “sono i partiti a non esaltare gli animi ed ecco perché la negligenza”!

 

LA GIUSTIZIA SOCIALE. Le colpe sopra elencate si riverberano sulla giustizia sociale creando scompensi, violazioni, iniquità.

Scopo di una comunità dovrebbe essere il perseguimento del bene pubblico. Nota, questa talmente ovvia da apparire triviale. Eppure questo fine non appare ed esiste, per questo, tanta necessità di chiarezza.

Tra le tante, la prima esigenza di chiarezza potrebbe essere questa: una cosa è giusta “non perché il popolo la desidera”, una cosa è giusta solo perché la volontà popolare costituisce quel mezzo che esprime più elevate probabilità di qualsiasi altro dispositivo di essere in linea con la giustizia. La democrazia, dunque, è un meccanismo delicato, perfettibile sempre dal momento che il “popolo” non è di per sé garanzia assoluta ma solo “relativa” (probabilità più elevata di altre). Ne deriva che il popolo ha necessità di formazione, di autocoscienza, di passione politica. Un popolo privo di questo conduce la comunità verso derive pericolose,  verso il populismo accattivante, verso la menzogna sistemica, verso il dominio di un gruppo. A ciò si aggiunge, quale pericoloso effetto, l’abitudine ormai decennale alle “fauci voraci”  che  contamina una base popolare priva di passioni.

 

PATHEI MATHOS. I necrologi indirizzati al PD sono stati tanti (si pensi agli articoli su La Repubblica). Ma la tomba è ancora vuota.

Non sempre il dolore è il negativo che annienta. La vita, nel suo secolare evolversi, ha insegnato che dalla tragedia si può uscire ed essere risanati

 Ma, per far questo necessita la “catarsi”, ovvero saper comprendere e reagire proprio perché il dolore ti permette questo. Il dolore ti converte . Ma ciò solo rispettando date condizioni permissive, l’esame della coscienza in primo luogo, imparare dagli errori, in secondo luogo (il growth mindset che corrisponde alla aristotelica eudaimonia nel suo più esteso senso di “fioritura umana).

Non esistono altre possibilità per questo nostro Paese. Solo da questa catarsi del Partito Democratico si potrà sperare una risalita della Comunità italiana. Ma le fauci debbono placarsi. Il dolore deve fare il suo corso. La storia (Comunista e dei Popolari) deve avere il sopravvento non per essere replicata ma per il rispetto che essa richiede. La sconfitta è il tempo del comprendere, non della rassegnazione, né tantomeno dello scaltro gattopardismo. Chiariamo meglio questi ultimi concetti.

Recentemente Aldo Schiavone ha pubblicato “Sinistra. Un Manifesto”. Ritornare al passato, coltivare la nostalgia, ritornare a sperare che ciò che fu potrà ancora è la grande illusione. Su Repubblica di ieri Walter Veltroni chiarisce questa possibile deriva. La lotta di classe è ormai vissuto storico: la Sinistra “non torna” come essa era!

 Ecco perché il dolore del momento potrebbe costituirsi come “il tempo propizio, il momento giusto” (il kaìros cristiano).

La storia va onorata per quello che ha rappresentato di buono per il Paese ma la storia non può ritornare in un mondo completamente diverso. Lo spazio non permette di approfondire il tema del nuovo pensiero di una Sinistra in un mondo globalizzato ed interconnesso. Limitiamoci  solo a dire che la nostalgia potrebbe essere cattiva consigliera. Non basta il rimpianto per sopravvivere.

Altrimenti…….il sepolcro guadagnerà il suo cadavere.

CARLO ALBERTO FALZETTI

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