“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI  –  LA PROTESTA CHE NON C’È’ STATA (A PROPOSITO DI DOPING)

di STEFANO CERVARELLI ♦

Andreas Krieger è una ex atleta del getto del peso, quando gareggiava però il suo nome era Heidi ed era una donna; a quel tempo gli diedero tanti di quei anabolizzanti da provocargli danni psicologici e fisici  da rendere  la sua vita insostenibile.

Trovò un po’ di sollievo quando decise di intraprendere il percorso per cambiare genere; successivamente andò ad insegnare ai ragazzi quali sono i pericoli del doping nello sport.

Vale la pena ricordare che atleti ed atlete, in quel contesto, non potevano avere molte possibilità di ribellarsi e questo non solo perché nella stragrande maggioranza dei casi non erano a conoscenza di quello che  veniva dato loro e di quanto stava succedendo intorno, ma anche perché si trovavano in un ambiente nel quale era impossibile poter esprimere la propria opinione.

Si trattava spesso di minorenni, i cui risultati, oltre a rappresentare un  vanto per la nazione, davano alle loro famiglie  tranquillità economica  ed infine  procuravano privilegi per loro stessi; venirne fuori era pressoché impossibile. A tale proposito voglio ricordare quanto accadde a Nadia Comaneci, la più famosa ginnasta di quel tempo, che stupì il mondo alle Olimpiadi di Montreal ’76, quando aveva soltanto 14 anni. Su di lei non ci furono sospetti di doping, ma,a distanza di poco più di un anno dai giochi, il regime la costrinse a diventare l’amante del terzo dei quattro figli di Ceasescu; se non avesse accettato cosa sarebbe stato creato intorno alla sua figura? Sicuramente avrebbero trovato il modo di infangare i suoi successi, precludendole anche una carriera lavorativa; il loro rapporto finì dopo cinque anni.  Questo tanto per capire in quale ambiente si trovavano a vivere quei ragazzi, ma soprattutto le ragazze.

Nella Germania dell’Est ci si mise anche la Stasi, la polizia segreta; gli atleti venivano controllati passo dopo passo fin da bambini, quando dimostravano potenziali doti che avrebbero permesso loro  di distinguersi nello sport.

Della Stasi tanto si è saputo dopo la riunificazione; si venne così a conoscenza che gli atleti ed atlete venivano spiati anche in occasione dei loro rapporti sessuali!

Dopo la caduta del muro di Berlino vennero alla luce molte cose. Molte delle dichiarazioni su cui si basò il processo contro Manfred  Ewald – Presidente del Comitato Olimpico della Germania dell’Est – al processo sul doping di stato arrivarono dalla testimonianza resa da Ines Geipel, ex velocista, figlia di una spia della Stasi e nipote  di un gerarca nazista.

Nel 1984  la Geipel fece parte  della staffetta  4 x 100 femminile che stabilì il record  del mondo, ma lei non esitò a definire  quel record “un crimine di Stato” perché fortemente condizionato dal doping  di cui lei, come le altre, non era a conoscenza. A  distanza di anni chiese la cancellazione del suo nome dalla lista delle atlete che avevano ottenuto dei record; così avvenne.

Ora il record è associato a tre nomi e un asterisco.

Ma  la sua storia, direi la sua immancabile battaglia con il regime, non finisce qui.

In quello stesso periodo, dopo aver chiesto la cancellazione, si innamorò di un atleta messicano conosciuto durante una competizione e cercò di fuggire dalla Germania dell’Est senza però riuscirci.

Implacabile giunse la vendetta del Governo. Ines fu costretta  a subire un’operazione di appendicectomia, durante la quale, invece, le vennero inflitte  gravi lesioni ai muscoli addominali e agli organi interni. Riuscì a sopravvivere per mero miracolo,  ma la sua carriera finì. 

Nel 1989 tentò nuovamente la fuga, e questa volta ci riuscì, attraversando il confine tra Ungheria ed Austria; in seguito prese un dottorato in Filosofia ed iniziò a insegnare letteratura all’Accademia di Arte Drammatica di Berlino. E’ autrice di molti libri spesso premiati. L’associazione, che porta il suo nome, è riuscita ad ottenere due leggi che riconoscono un’indennità alle vittime del doping di Stato della DDR: la prima legge riguardava 200 atleti, la seconda 1.000. Dall’associazione gli ex atleti ricevono molteplice assistenza (psichiatrica, giuridica, burocratica ecc…).

Il processo contro Ewald e contro il il doping di Stato della Germania dell’Est si concluse  praticamente con un nulla di fatto: vennero infatti inflitti ventidue mesi, con la condizionale, soltanto per la somministrazione di sostanze dopanti; non fu possibile invece collegare i guai fisici subiti dalle atlete, ma anche dagli atleti, con il doping.

Non si può non pensare che l’esito di quel processo abbia inciso – in negativo – sul senso di impunità del quale godono ancor oggi i professionisti dello spaccio di sostanze dopanti  costituendo uno degli elementi della sua larga diffusione.

Denunce  non  ce ne sono molte e lo stesso dicasi per i processi. Condanne poi.     ..anzi; sentite questa.

Giuliana Salce  è stata campionessa di marcia negli anni ’80, medaglia d’oro ai Mondiali dell’85 e più volte primatista mondiale sulla distanza dei 5 chilometri.

Smise con l’atletica dopo aver denunciato alla Federazione l’utilizzo sommerso di doping; qualche anno dopo passò alle corse master di ciclismo. Questa volta fu lei a cadere nella trappola del doping.

Dopo la morte di Pantani, riuscì a rendersi conto di quanto stava facendo e si autodenunciò per utilizzo di EPO; ovviamente denunciò anche il fornitore e chi   somministrava il farmaco facendo anche i nomi di atleti master che ne facevano uso.

Finì che furono tutti, chi più chi meno, assolti. Giuliana ricevette i grazie, gli incoraggiamenti, pacche amichevoli, ma venne letteralmente buttata fuori dal mondo dello sport, cioè fu l’unica a pagare.

In questi ultimi tempi  sullo spaccio e la somministrazione di  sostanze dopanti qualcosa si è fatto; il colpo più grave senz’altro è stato quello inflitto alla Russia con la dimostrazione di come, anche in quel Paese, esistesse un sistema organizzato  di doping di Stato estremante sofisticato.

Di questo apparato si è venuti a conoscenza grazie soprattutto alle dichiarazioni  del direttore del  laboratorio antidoping nazionale russo, Grigorij Rochenkov, al quale era stato chiesto di fare finta di niente.

Una volta entrato però nel programma di protezione testimoni negli Stati Uniti, il direttore ha raccontato per filo e per segno come funzionava il sistema.

Questo ha portato a far sì che gli albi d’oro degli ultimi anni venissero praticamente riscritti; la Russia, nel 2019, venne espulsa da qualunque competizione internazionale.

Cosa manca? A questo punto quello che manca, lasciatemelo dire, è uno sciopero degli atleti – tutti- per protestare contro la permissività del doping a tutti i livelli, una protesta che ancora non c’è stata.

Ci sarà?

STEFANO CERVARELLI

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