IL SILENZIO DEL MARE
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
PATRIZIO- “Tu tiene ‘na vucchella
che pare na rusella
nu poco pocorillo appassuliatella”.
CECILIA- Ti beffi di me, dell’indecente tempo che gode impietoso della sua insolenza?
PATRIZIO- Ma è il Vate. E la musica è divina. E’ Napoli. La musica d’un tempo.
CECILIA-Le parole per essere autentiche devono pesare di vita. Le tue colano solo di banali ovvietà!
PATRIZIO- E’ vero, le parole dovrebbero partecipare del nostro essere. Siamo circondati da squallore mediatico. Sono esausto della chiacchiera. Sono esausto della quotidiana menzogna. La menzogna ci contamina. Ma ciò che è peggio è che tutto ci appare normale e lecito. La trappola dell’autoinganno! Capisci?
CECILIA- Quando sento parlare quel Salvini di rosari, di fede, di morale, io mi deprimo. Tutto per arraffare qualche voto dai timorati di Dio. Dovremmo salvare il Padreterno dalle imbarazzanti interpretazioni umane, specie di certi umani.
PATRIZIO- E quel rigurgito delle origini ? in principio fu Dante, da lui rampollò lo spirito sansepolcrista. Sono umiliato!
CECILIA- Troppe le fesserie spacciate per autentiche verità. Gli appetiti dell’ego che deve apparire anche al costo dell’imbecillità!
PATRIZIO- A proposito di imbecillità: Sai quale è la vera audace risposta a questa risorgimento nostalgico del ventennio? La risposta è stata già data all’epoca dalla satira degli eroici furori di quando eravamo dominati ma non eravamo ancora troppo fessi. Immagina di rivederlo. Lui sul balcone, gambe divaricate, braccia ai fianchi, petto virile in fuori, mento spinto verso l’alto, corpo che si dondola tronfio del consenso del suo popolo plaudente.
CECILIA- Ma certo, lo vedo. Possente, onnipotente, onnisciente, uno e trino: Lui, Patria e Famiglia!
PATRIZIO- Bene! Ed ora prova ad animare, sopra questa immagine mentale, una colonna sonora. Quella colonna sonora elaborata solo e soltanto per lui. Ascolta: “ Arriva la banda, arriva la banda, arriva la banda coi suonator…il capobanda, il capobanda ha i bottoni d’or….E’ lui, è lui, sì, sì è proprio lui. E’ il tamburo principale della Banda d’Affori che comanda cinquecentocinquanta pifferi, che passion che emozion quando fa bum, bum….”
Come vedi oggi sono in vena di musicalità. Ma non è tutto!
Devi sapere che la morte di Ciano padre, il Ganascia, fu salutata con “Maramao, maramao. Maramao perché sei morto. Pane e vin non ti mancava. L’insalata era nell’orto ed una casa avevi tuuuu…”.
Ed ancora una buona risposta potrebbe essere data facendo ascoltare una terza melodia esibendo semplicemente la faccia da fesso di Storace a cui fu dedicata: “E Pippo Pippo non lo sa che quando passa ride tutta la città…..Si crede bello come un Apollo e saltella come un pollo…”.
CECILIA-Che coraggio ha mostrato chi ha scritto e musicato tutto questo. Fu un successo. La marcetta è perfetta ad accompagnare le scene del balcone. Hai ragione caro, basta solo questo. E’ inutile altro. Questo e poi il silenzio. Al rigurgito si oppone il silenzio. Ma, bada, “il silenzio del mare”. Ricordi Vercors ed il suo romanzo clandestino del ’41? il silenzio di una massa ondosa impetuosa. Senza tante altre elucubrazioni mentali. Questo e basta!
PATRIZIO- A questo dunque siamo giunti? La clandestinità del pensiero in un epoca di angoscia e di resistenza silenziosa! Il silenzio che dovrebbe seguire, comunque, è segno di speranza. Le convenzioni che ci siamo imposte invece sono il veleno. Siamo vittime tutti del teatro che è il mondo di oggi. Dobbiamo sperare, nulla è ancora perduto pur se siamo devastati. La notte è ancora lunga.
CECILIA- Il pericolo è che la speranza coincida con ciò che io spero, col mio singolo desiderare. Il pericolo che la speranza non abbia dimensione sociale. L’esistenza non è ciò che si è ma ciò che si può essere e che si deve cominciare ad essere. Abbiamo molta strada per ritornare ad essere politicamente vivi.
Comunque, stavo riflettendo sull’inizio della nostra discussione prima che tu confondessi il tutto: non mi sembra proprio che io sia appassita!
Sei solo uno sciocco ignorante tu ed il tuo Vate. Dal momento in cui ti ho incontrato l’unica cosa buona che è uscita dalla tua testa è l’indicazione di quattro ariette che cercherò di togliere dall’oblio appena raggiungo casa.
In ogni caso però una cosa è certa: non sei poi tanto dissimile da Storace, stronzo!
. . .
‘A Vucchella (D’Annunzio- Tosti)
Il tamburo della banda d’Affori (numero componenti Camera dei Fasci e Corporazioni= 550, pari ai pifferi che “il tamburo” comanda)
Maramao perché sei morto
Pippo non lo sa
Nel frattempo che ascoltate vi ricordo Nordio, Rampelli, Calderoli, Giorgia: la corruzione lecita, gli anni di piombo asimmetrici, l’autonomie regionali,il presidenzialismo…..
CARLO ALBERTO FALZETTI
Starace non Storace! Ma cambia poco.
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