“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – SI PUÒ MORIRE DI CALCIO ?
di STEFANO CERVARELLI ♦
La tristezza pe la scomparsa di Gianluca Vialli è stata ed è tanta.
Seppure annunciata, la morte arriva sempre un attimo, un’ora, un giorno prima che te l’aspetti, e per quanto tu abbia avuto il tempo per prepararti all’inevitabile, lei, la “sorella morte” ci avvolge creando dentro di noi un vuoto, che facendo ricorso ad un misto di razionalità, sentimento, dolore, nostalgia, cerchiamo di riempire affidandoci immediatamente ai ricordi, alle immagini, ben sapendo che queste saranno i nostri compagni di viaggio per il resto della vita.
Non c’è né tempo né spazio per altro.
Poi, dopo il dolore, le lacrime, le testimonianze d’affetto, arriva il momento della rabbia; sì, della rabbia se ripensi a quali potrebbero essere state le cause che hanno determinato il triste evento.
Così è stato per Gianluca Vialli.
Rabbia e dubbi che sconfinano nel terreno limaccioso dei tanti misteri, rimasti tali, di questo Paese che di sospetti ne genera molti in ogni campo (vedi il recente arresto di Matteo Messina Denaro).
Perché dico questo?
Dagli anni ’60 fino al gennaio 2023, centinaia sono state le morti misteriose dei calciatori italiani.
Un giornale sempre attento ai problemi sociali come l’Avvenire (qualcuno storcerà il naso o si farà una risata, a questi dico che basterebbe leggerlo con una certa continuità per rendersene conto) negli ultimi vent’anni ha provato a squarciare quel velo di mistero, aprendo due filoni paralleli d’inchiesta giornalistica: quello delle “morti bianche del calcio” e successivamente quella del “Morbo del pallone”( circa 60 vittime della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica).
Tutto ebbe inizio con la famosa frase sibillina di Zdenak Zeman, quando era allenatore della Roma. Fu durante il ritiro precampionato dei giallorossi che il boemo pronunciò le parole divenute poi un pesante atto d’accusa contro il sistema: ” E’ ora che il calcio esca dalle farmacie”.
Parole pesanti.
Un avvertimento sul quale bisognava e bisogna riflettere con attenzione specialmente in questi giorni dove abbiamo dovuto registrare la perdita di due campioni cinquantenni: Sinisa Mihajlovic (leucemia ) e Gianluca Vialli (tumore al pancreas).
La scia emotiva venutasi a creare in seguito agli ultimi scampoli di resistenza al cancro da parte di Vialli ha fatto sì che il primo a parlare di necessità di aprire lo “scrigno segreto” dell’omertoso mondo del pallone nostrano sia stato Claudio Lotito, Presidente della Lazio.
Il massimo dirigente biancoceleste che a sorpresa ha dichiarato: ”Bisogna approfondire queste malattie che poterebbero essere legate al tipo di stress e di cure che venivano fatte all’epoca ai calciatori, ai trattamenti che venivano eseguiti sui campo sportivi”.
Giova ricordare, specialmente in Paesi dalla memoria corta, che un’indagine approfondita su malattie, morti sospette, abuso di farmaci, sostanze dopanti, sostanze dopanti, venne eseguita, all’inizio degli anni duemila, dalla Procura della Repubblica di Torino guidata allora da Raffaele Guainello; a lui si deve il primo processo penale per doping nella storia del calcio: quello alla Juventus, squadra dove aveva giocato anche Vialli.
Il processo, terminato nel 2007 con sentenza della Cassazione, stabilì che visto “ l’uso spropositato di farmaci” si poteva senz’altro parlare di ”frode sportiva”.
Da quel processo, il dato più inquietante che venne a sconvolgere l’opinione pubblica fu la notizia dell’apertura di un’indagine epidemiologica.
Contestualmente al processo per doping Guaianello infatti affidò all’Istituto Superiore di Sanità di Roma la ricerca epidemiologica che venne effettuata su un campione di giocatori di serie A, B e C, in attività tra il 1960 e il 1996.
Sapete quale strumento fu usato per rintracciare i giocatori? Gli album delle figurine Panini!
Dice il dottor Nicola Vanacore, responsabile del sistema nazionale delle linee guida-ISS: ”Sto rileggendo proprio in queste ore quello studio, primo ed unico, che pubblicammo nel 2005 e confesso che avverto un certo disagio, perché credo che sia venuto il momento di aggiornarlo. Nella nostra ricerca, che si chiuse con il riscontro di 350 calciatori morti per diverse patologie, il dato epidemiologico più significativo fu che dei 4,99 casi attesi di calciatori morti per tumore al pancreas ne trovammo nove, il doppio e lo stesso, ma con una percentuale non giudicabile come “ significativa” quanto quella del pancreas valse per i casi di carcinoma al fegato 4,8 e nove trovati; per quanto concerneva la leucemia i dati furono: 5,08 casi attesi, nove trovati”.
In quello studio dell’ISS, per la prima volta, inoltre, si denunciava l’incidenza della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) definita anche come “Morbo del pallone” alla luce del dato epidemiologico allarmante tra i calciatori.
Male oscuro e misterioso la Sla per il quale Vialli insieme a Massimo Mauro (ex calciatore) aveva creato una fondazione al fine di finanziare la ricerca scientifica.
Sentiamo ancora il dottor Vanacore: “Nel 2005 l’incidenza per morte di Sla nel calcio era 12 volte superiore; quel dato era stato aggiornato nel 2019 dal gruppo di ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano che, arrivando fino al 2018, con follow-up allargato rispetto al nostro studio, ha riscontrato 32 casi di morte per Sla della popolazione calcistica ed un rischio doppio rispetto alla popolazione generale.
Ma ora – conclude il dottore Vanacore – occorre un contributo importante da parte delle istituzioni scientifiche, delle società calcistiche e della società civile, affinché venga finanziata una ricerca ad ampio spettro che consenta prima di aggiornare il dato epidemiologico per tutte le cause di morte e successivamente capire la causa del fenomeno”.
Queste brevi note iniziate con la morte per tumore al pancreas di Vialli non possono certamente ignorare quello che viene considerato il “caso madre” cioè la morte, a metà degli anni ’70, di Bruno Beatrice, mediano della Fiorentina.
Il giocatore fu “ucciso” da una serie “killer” di Raggi Roentgen eseguiti per curare una pubalgia.
La perizia medico-scientifica accertò che tale cura provocò una leucemia linfoblastica acuta che portò Beatrice alla morte.
L’inchiesta giudiziaria inoltre appurò che in quella Fiorentina si fece “sperimentazione medica”; da questa risultanza non si può non pensare alle morti degli ex viola, compagni di Beatrice: Nello Saltutti, Giuseppe Longoni, Ugo Ferrante, Massimo Mattolini, Giancarlo Galdiolo e poi ricordare i
casi di Giancarlo Antognoni, colpito a 51 anni da infarto non letale e Domenico Caso, tumore al fegato da cui è guarito.
Le morti di Sinisa Mihajlovic e Gianluca Vialli hanno portato l’ex azzurro Dino Baggio, che di Vialli è stato compagno nella Juventus, a porsi ed a porre dei dubbi, queste le sue parole:
”Gianluca se ne è andato troppo presto; bisognerebbe indagare sulle sostanze che abbiamo preso in quel periodo. L’antidoping c’è sempre stato, facevamo frequenti controlli, il problema non è quello; bisogna però capire se certi integratori con il tempo hanno fatto male all’organismo, anch’io ho paura: sta succedendo a troppi giocatori.
Il mio ragionamento è il risultato del dolore provato per la morte di Vialli e Mihajlovic e di tanti altri ragazzi che come me hanno giocato a pallone negli anni novanta. Troppi quelli che se ne sono andati.
Bisognerebbe risalire sulle sostanze prese, erano cose normali, non “cose strane”, integratori che adesso si vendono in farmacia, una persona normale ne prende uno- due a settimana, noi ne assumevamo in grandi quantità, ma era naturale e necessario per i ritmi che dovevamo sostenere; ma ripeto bisognerebbe vedere, studiare se con il tempo queste sostanze si riescono ad espellere oppure rimangono nell’organismo.
E poi – continua Dino Baggio – c’è la questione dell’erba dei campi di gioco; ricordo che mandava un odore acre, nauseante; per la cura e il mantenimento del manto erboso venivano usati prodotti che oggi non si usano più”.
Dino Baggio ha parlato di giocatori della sua epoca scomparsi; tra questi, non potendo elencarli tutti, voglio ricordare i più famosi, quelli che ogni appassionato di calcio ha avuto modo di apprezzare: Andrea Fortunato, Gianluca Signorini, Stefano Borgonovo, Pietro Anastasi; a loro e a tutti gli altri vada un affettuoso ricordo.
Sperando che di calcio non si debba più morire.
STEFANO CERVARELLI
Caro Stefano, ti ringrazio per questo lucido, documentatissimo articolo…Riflettevo su questo tragico tema proprio in seguito alle parole di Lotito-condite anche en passant da qualche tentazione “no vax”- ma comunque in tema rispetto alle molte, troppe morti nel calcio, forse sarebbe meglio dire “da calcio”. Ricordo una ormai vecchia puntata di Report, allora condotto da Milena Gabanelli, dedicata in larga misura alle molte morti e malattie dei calciatori della Fiorentina dello scudetto, peraltro “apparentati”, per l’assistenza medica, con un famoso ciclista dell’epoca (ed il ciclismo, di doping, ne sa qualcosa, credo…).
I numeri sono impressionanti, ormai, le classi di età sovrapponibili nei vari momenti storici in cui i tragici eventi si susseguono, le incidenze nella stessa squadra, nelle stesse stagioni sportive non consentono più di credere nella fatalità.
Tempo, ormai, è giunto che un altro Guariniello indaghi, che i calciatori ( e non solo , lo Sport è purtroppo preda di un doping sempre più subdolo perché sempre meno “artigianale”) si ribellino alle cosiddette cure alla cieca. Gli sportivi non devono essere solo gli eroi di una stagione, ma , come direbbe Tucidide, “un possesso per sempre”.
"Mi piace""Mi piace"
.Buongiorno Maria, il tuo commento integra perfettamente l’articolo.
Sono d’accordissimo quando dici che bisognerebbe indagare sul doping in tutto lo sport , andrebbe fatto però con onestà e trasparenza. Purtroppo ultimamente non è stato così. Ma di questo magari ne parleremo in seguito.
"Mi piace""Mi piace"
Certo, mi piacerebbe approfondire, è un tema troppo importante.
"Mi piace""Mi piace"
Articolo molto interessante.
Conosco molto bene Nicola Vanacore e, sin da ragazzo, mi interessai alla questione SLA e calciatori di cui parlai con Nicola più volte in varie riunioni all’ISS.
Effettivamente, anche nella mia esperienza clinica di neurologo, ho avuto pazienti con SLA che avevano giocato a calcio in gioventù (alcuni in serie C). Alcuni di loro riferivano somministrazioni endovenose di sostanze.
Difficile, vista l’indisponibilità di dati su vasta scala, fare ipotesi, ma sarebbe davvero giusto e saggio fare chiarezza in questo ambito.
"Mi piace""Mi piace"