UNA VARIAZIONE SUL TEMA DELL’ECCLESIASTE
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
(grave ma non troppo).
1.Prima che vengano i giorni tristi,
e ti sfiorino gli anni in cui dirai “non ho più voglia di voi, ne sono sazio”,
prima che le nubi ritornino dopo la pioggia e poi ancora,
prima che vengano gli orribili giorni,
quando le braccia, custodi della tua casa, cominceranno a tremarti,
quando le gambe, un tempo gagliarde, si curveranno,
quando i denti, simili a donne che macinano, rimaste sempre in meno, cesseranno del tutto di lavorare,
quando gli occhi, come porte sulla strada, si chiuderanno e si offuscheranno le finestre sul mondo,
quando le orecchie stenteranno ad avvertire il cinguettio degli uccelli, e si affievoliranno i toni del canto,
quando avrai timore delle alture e vedrai spauracchi in strada,
quando la sessualità non riceverà più dal cappero afrodisiaco alcun beneficio, e tutto l’ardore apparirà sfinito,
quando la testa apparirà come il mandorlo fiorito che va sfiorendosi.
quando le parole sempre più avvertiranno la stanchezza.
E prima, però, che la carrucola si spezzi del tutto e cada nel pozzo e ritorni la polvere nella terra da cui era sortita e sia la fine di ogni illusione,
ricordati,
che tutta l’esperienza che hai fatto è stata solo un infinito niente un semplice soffio(hebel).
che tutta l’esperienza che hai fatto è stato un vano affannarsi e ciò che hai fatto altri potranno distruggere,
che le lacrime degli oppressi non hanno trovato, non trovano, non troveranno consolazione,
che tutti, uomini e bestie, finiscono allo stesso modo,
che tutto ciò che accade sotto il sole non ha nulla di nuovo: una generazione va una generazione viene.
- Ma ricorda anche che questo vuoto esistenziale (hebel) è anche stato accarezzato dalla gioia (ḥeleq),
ricorda, dunque,
di quando potevi godere e mangiare e bere ed amare e lavorare e stare allegro e non lo hai fatto abbastanza,
di quando, potendo godere, il tedio ti avvolgeva e lasciavi che il tempo scialasse inutilmente,
di quando tutto ti sembrava illimitato, ovvio e dovuto.
- Ora solo cominci ad intuire quanto valore può avere la vita, la semplice vita , il semplice respiro, perché l’esistere di ogni giorno, di ogni ora, di ogni attimo non è un possesso, non un merito, non una conquista, ma solo un dono (matath) che ti è posto tra le mani.
Ogni tuo giorno, ogni tua ora, ogni tuo attimo, ora che sei arrivato all’occaso, può essere riscattato solo se tu potrai viverlo come un semplice dono .
Un dono che rimane, comunque, incomprensibile per l’incapacità di comprendere e perché per quanto cerchi non troverai.
Ma nel cercare sta il tuo affanno e la tua dignità sotto il sole.
. . .
Una risposta ebraica ad una domanda greca: quale il senso della vita così fugace?
CARLO ALBERTO FALZETTI
Resta un busillis rintracciare il percorso fatto dal Qoelet fino all’approdo tra i testi biblici,considerati i toni materialistici fino al nichilismo e di vitalismo pessimistico che lo isolano come un alieno rispetto a tutti gli altri scritti. Non è un caso che abbia ispirato il Canto notturno di Leopardi e le sue domande senza risposta. Grazie Carlo per aver ricordato questo testo poetico/esistenzialistico ante litteram. Una ruvida carezza all’anima…
"Mi piace""Mi piace"
Strano libro il Qoelet, per molti versi eterogeneo nel suo assoluto nichilismo, rispetto agli altri testi biblici, ma di estrema attualità nella cultura occidentale. “Goditi la vita perché veniamo dalla polvere e torneremo polvere (soffio, vento) e non ti affannare inutilmente a cercare ricchezze, beni materiali e potere, perché tutto é destinato a scomparire con te”. E dove è il Bene, dove è il Male? E soprattutto dove è il senso? L’elemento centrale della esistenza è la morte che inevitabilmente ci ricaccerà nel nulla da dove veniamo. Questo è il disegno divino della Creazione?
Grazie Carlo per avermi ricordato questo per me misterioso testo, sottoposto nei secoli a molteplici interpretazioni esegetiche.
Enrico
"Mi piace""Mi piace"
Dolore è l’ultima parola di Qohelet. Allora mi vengono in mente i versi di József:
Il dolore è un postino grigio, muto,
col viso scarno, gli occhi azzurro-chiari;
gli pende giù dalle fragili spalle
la borsa, scuro e logoro ha il vestito.
Dentro al suo petto batte un orologio
da pochi soldi; timido egli sguscia
di strada in strada, si stringe alle mura
delle case, sparisce in un portone.
Poi bussa. Ed ha una lettera per te.
"Mi piace""Mi piace"
Che errore da parte della Chiesa persistere nel tradurre hevel con vanitas. Perfino l’Imitatio Christi di Tommaso da Kempis inizia con “vanitas”.
Eppure hevel significa chiaramente non un principio morale (vanità) ma è il soffio sul vetro: dopo pochi attimi si dilegua. E’ il vuoto, il vento, il nulla.
Hevel traduce Abele, il primo uomo ad essere ucciso. L’innocente dalla cui parte sta Dio.
La vita è hevel ma anche heleq. Assurdità ma anche carezze, baci, gusto, pulsioni soddisfatte, gioie.
E blasfemo tutto questo?E’ vita vissuta, come lo è il Cantico, come l’ira di Giobbe. Blasfemo è chi trova scandaloso che la Bibbia accolga la vita oltre che parlare di Dio e dei suoi patti. Parola di Dio è tutta la Bibbia (per il credente). Non esistono parti degne e parti indegne.
Qohelet (il presidente dell’assemblea, ovvero l’Ecclesiaste) è un pessimista drammatico?
No! Se esiste hevel assieme a heleq la contraddizione è rimossa solo se il tutto è preso come un “mattia”, come dono e non come un dovuto.
E’ l’inno contro la tracotanza. La bestia nera del greco la cui cura medica è il “niente di troppo” Delfico.
Qui, nel mondo ebraico, la cura è l’umiltà di sapere che tutto è dono.
Dio, dopo il tempo di Atene, non sembra più il produttore dell’ordine e della forma ma è il produttore ex nihilo di forma e materia.
Il Demiurgo platonico si è fatto Volontà ed il mondo da necessità è divenuto
estrema contingenza.
Caterina ha colto il riferimento con il Nostro grande italiano: Ecclesiastes noster lo chiama Quinzio, Gerusalemme incontra Recanati!! “Allora si viveva anche morendo, e ora si muore vivendo…”
Enrico, hai ragione. Anche per un commentatore del calibro di Ravasi il tutto è velato da pessimismo. E Ravasi prima d’esser prete è un gran pensante. Tuttavia, è strano che una delle feste più importanti per il mondo ebreo sia la festa delle Capanne , giorno di gaudio. Ebbene si recita tutto il Qohelet, da cima a fondo. E’ veramente un trattaterello di pessimismo? Sì, se non fosse per la terapia del dono, se non fosse per il godimento di quei doni che debbono essere accolti con gioia e sui quali sarai giudicato se li hai disprezzati.
Sulla morte, Ettore, dovremmo fare un dibattito assieme tutti quanti esprimendo ognuno una qualche idea. Nel frattempo cerchiamo di stancare il postino magari salendo all’ultimo piano di un palazzone di 20 piani senza ascensore.
"Mi piace""Mi piace"
La domanda greca.
Di fronte agli accadimenti del mondo , gli uomini ne ignorano la cause ( Platone). Allora il thàuma è lo stupore di ciò che è imprevedibile, mostruoso: é il terrore provocato dall’ imprevedibilità del ” divenire” della vita. La morte, distacco estremo, diventa niente, e si perde in una notte infinita. La filosofia è il rimedio contro il terrore. L’ interpretazione filosofica del mondo é lo sforzo più radicale di difendersi dal terrore della vita mediante un atteggiamento conoscitivo, una ” configurazione del pensiero”.
Fenomenologia 1 : la vita dell’ uomo é un naufragio, l’ uomo é un ” essere -per-la- morte”.
Fenomenologia 2: ogni rimedio é peggiore del male.
Fenomenologia 3: Hebel, vanitas, il soffio, il vuoto, nihil. il Nulla. Ma gli occhi grigio blu della nipotina mi cantano con meraviglia, che il vuoto esistenziale é anche accarezzato dalla gioia( heleq):
Vai cercando qua, vai cercando là,
Ma quando la morte ti coglierà
Che ti resterà delle tue voglie?
Vanità di vanità.
Tuto vanità, solo vanità,
Vivete con gioia e semplicità,
State buoni se potete..
Tutto il resto è vanità.
Di Angelo Branduardi.
"Mi piace""Mi piace"
La vanitas vanitatum… L’orrido abisso in cui splendono gli occhi del piccolo..
"Mi piace""Mi piace"