I CANTASTORIE TRADITI – COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.

di EZIO CALDERAI ♦

Capitolo 5: I nuovi legami.

Nessuno sapeva cosa stesse combinando Kalliope. La mamma, lo zio, Zenone, ormai di famiglia, sapevano soltanto che se si metteva in testa una cosa non si sarebbe fermata prima di averla ottenuta.

Solo Sofia poteva guidarla.

Zenone era molto scettico, non era convinto che fosse un bene raccontare a estranei la sua vita.

Piuttosto, aveva notato che dopo l’incidente, per fortuna scongiurato, della figlia, Dafne era con lui   molto più aperta, quando lo incontrava era lei ad attaccare discorso, sembrava contenta, a volte gli regalava persino un sorriso. Per carità era sempre stata gentile con lui, ma distante.

Gli sembrava, disse tra sé Zenone, che si fosse accorta della sua esistenza.

Certo, i racconti di Zenone avevano preso anche lei, ma il cambiamento era avvenuto quando aveva raccolto Kalliope illesa dalle sue braccia. Dafne aveva notato un’altra attenzione, che aveva molto apprezzato, quando Zenone le disse che il ballatoio sulla piccola scalinata, che portava all’uscio di casa, era molto pericolosa, se lei e Kyros fossero stati d’accordo avrebbe studiato una protezione e l’avrebbe fatta lui stesso. Il pensiero che la bambina potesse cadere di nuovo terrorizzava Dafne.

***

Il silenzio di Kalliope continuava. Non dava retta a nessuno. Forse non si accorse nemmeno che Zenone stava armeggiando con il parapetto della scala. Così Zenone e Dafne avevano sempre più occasioni per parlare e lei in particolare non la smetteva mai di ringraziarlo per aver salvato Kalliope, per il bene che voleva alla bambina, per il lavoro che stava facendo, per l’insegnamento che dava ai bambini, tutti i genitori del villaggio l’adoravano, i loro figli non erano mai stati così contenti e tanto poco scalmanati nei loro giochi spericolati.

Zenone arrossiva spesso e volentieri, ma un giorno le disse: «io per voi non ho fatto nulla di comparabile a quello che voi, tu, Kyros, donne e uomini del Villaggio avete fatto per me; mi avete salvato la vita quando non valeva nulla, poi me l’avete restituita nuova, piena, felice, il naufragio è stato la più grande fortuna che mi sia capitata nella vita, anche nella precedente vita, ne sono sicuro, e molte volte mi sono trovato a chiedermi quanti naufragi ci vogliono per trovare in una sola volta e tutti insieme Kalliope, Dafne, Kyros, Sofia, Leonida e ogni altra meravigliosa persona di questo villaggio sperduto nel mare».

Questa volta fu Dafne ad arrossire: «ti sei comportato bene con tutti noi, anche quando eri congelato» gli disse con un sorriso, poi continuò: «mi fido di mia figlia e lei ti ha accolto come uno di casa fin dal primo momento, era veramente preoccupata per la tua salute, probabilmente aveva capito che tu saresti stato il compagno ideale per le sue fantasie, come poi è avvenuto. Lo sai che il giorno in cui ti hanno portato a casa nostra non sapevo neppure dove ti avessero preso. Poi fu Kyros a dirmi che ti aveva visto lui, riverso, nell’insenatura dell’asino. Mi ci dovresti portare un giorno, mi piacerebbe vedere il luogo del miracolo».

Zenone non poteva credere alle sue orecchie, la donna dei suoi sogni – ormai a sé stesso poteva pure confessarlo – l’aveva appena invitato a fare una passeggiata con lei. Impacciato, riuscì solo a risponderle che sì sarebbe stato molto felice di portarcela, la prima bella giornata.

Decisero che sarebbero andati tre giorni dopo. Kalliope quel giorno stava da Sofia, non doveva far altro che avvertirla per tener con sé la bambina a mangiare qualcosa. Zenone avvertì i suoi allievi che quel giorno le lezioni sarebbero finite prima di mezzodì. Il complotto era bell’è e fatto.

Quando il giorno dopo si recò da Sofia Kalliope era già lì. Dafne non sapeva da dove cominciare, parlava d’altro, balbettava, poi prese il coraggio a due mani e, rossa in viso come una fragola, disse: «Ah Sofia, volevo chiederti se dopodomani Kalliope poteva stare a pranzo con te. Te la porterei a mezzodì e ritornerei a prenderla nel pomeriggio. Ho chiesto a Zenone di portarmi a vedere il posto dove i soccorritori l’avevano trovato il giorno del naufragio». Ce l’aveva fatta, disse tra sé.

Sofia e Kalliope si scambiarono un’occhiata d’intesa, poi Sofia, ridendo sotto i baffi, sicura che Dafne non si sarebbe accorta di nulla, le disse: «Dafne, io tua figlia te la ruberei, figurati se non la tengo con me; non preoccuparti sa venire da sola e non ti affrettare per il ritorno – altro scambio di occhiate con Kalliope – vieni a prenderla quando vuoi». In fondo era stato facile, pensò Dafne.

Avesse assistito a quella scena i timori di Zenone sarebbero stati fugati, ma era destino che dovesse ancora soffrire. Chissà, forse era meglio. A volte l’attesa è il sale dell’amore.

EZIO CALDERAI                                                                     (CONTINUA)

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