CANONE PERMANENTE

di CARLO ALBERTO FALZETTI

A sentir parlare i ministri di Giorgia il cuore s’ affatica.

Ed un abbattimento  sfianca la già stanca fiducia verso la politica.

Avverti in quelle labbra uscire parole obese, un gorgoglio untuoso, sciatto, noioso.

E  poi aggiungi il tormentone dell’opposizione, gli animi dilaniati, le fauci non più soddisfatte, le malandrinate scaltre, l’apparire sempre più come una muta di cani randagi in cerca di casa, un branco in lotta per l’osso  spolpato.

E noi, i vinti?

Lasciati a soffrire senza speranza.

Siamo riusciti, noi italica gente di fronte agli Paesi attoniti e muti, a toglier di torno una garanzia mentre il creditore si accingeva ad elargire il prestito. Un evento che non può essere compreso nella razionalità cartesiana del civile consorzio, eppure questo è stato fatto!

Generazione ingrata!  Ma non t’avvedevi di quanto la garanzia fosse buona caparra per lucrare il beneficio?

Noi soli i responsabili delle nostre sventure, della miseria di non aver potuto salvarci dalla colpa del voto.

Chi farà il PNRR? Chi ci salverà dall’inflazione galoppante? Chi penserà ai derelitti, ai lesi diritti , ai senza speranza, alle donne oltraggiate, ai giovani cui si toglie il futuro?

La vela di Giorgia riceve in grembo la spinta del vento poppiero. Giorno dopo giorno sale di grado perché così sono gli italiani. La novità, il genere, le doti comunicative.

 Ma, si faccia memoria per un attimo:  l’italiano è il popolo di Masaniello, di Cola, di Benito, del Cavaliere. Dopo che la fiumana è al colmo arriva il momento della stanca. E la mutazione di livello non è mai tiepida.

In questo momento i falsi obiettivi sono come campane sciolte a gloria:  il contante, le carte, i Rave, i derelitti di colore, i magistrati, le intercettazioni ingiuste, il Ponte. Ma le campane durano il giorno della festa e tacciono nei giorni di quaresima quando sarà solo il batacchio a dare il greve rintocco.

E dunque?

.   .   .

Qualche mese più tardi.

Una lacrima le rigava il viso pallido, gli occhi umidi era fissi sul tavolo. Come era potuto accadere? L’edificio era ben costruito, reggeva. Poi ecco lo scricchiolio, sordo, orrido, lacerante.

Tutto è venuto giù, assurdo momento.

 Strepito di folla, insolente marmaglia irriconoscente. “Io sono Giorgia, io sono Donna, io sono Madre, io volevo essere ….,io vi detesto!”

 Oh Giorgia ma non t’avvedi della normalità? Tutto torna, i conti quadrano, la Storia ha ripreso il suo corso, il popolo è sempre quello. Quello di Masaniello, Cola, Benito, Il Cavaliere. Che errore il non pensare che se si vuole ritrarre uno di questi personaggi si finisce giocoforza per rifarsi al modello ideale dell’italiano medio, quello che si stringeva attorno a te quando vociavi le cose che voleva tu dicessi. 

Perché, vedi, dire ciò che la gente vuole udire ti premia giorno per giorno. Disporre, però, del consenso immediato non assicura del consenso finale, tutt’altro. Draghi annoiava, non entusiasmava, taceva quando il popolo avido voleva esser compiaciuto. Ma il politico non dovrebbe avere il compito di piacere ma quello di fare ciò che si deve, non ciò che soddisfa il ventre desiderante. Draghi voleva esser giudicato a guerra finita .Ma Draghi non era un politico. E tu, Giorgia, lo sei! 

Ma, Giorgia, quanto ci è costata questa tua avventura? Volevi provare?  Lo hai fatto e noi abbiamo assistito al gran debutto pagando il nostro tributo, come al solito.

 

E tu popolo, nostro popolo, per una volta ancora, come già avvenne in qualche occasione, sospendi nel prossimo futuro la permanente regola aspra e permetti che sia  la mente e non il ventre ad esser l’ organo decisorio.

In ciò noi confidiamo!

CARLO ALBERTO FALZETTI             

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