Ragazze stanno uscendo fuori dai boschi

di ANNA LUISA CONTU

Nel suo libro “ Come un uccello in volo” del 2002 la scrittrice iraniana Fariba Vafi, vincitrice dei più importanti premi letterari del suo paese, analizza la condizione delle donne iraniane, l’inquietudine e il disagio che vivono nella famiglia e nella società, quell’essere quasi invisibili e costrette a chiedersi chi siano, a interrogarsi sulla propria identità e desiderare di uscire dalla loro condizione, dalla noia di un’esistenza sempre uguale in una società immobilizzata.  

La protagonista coltiva il sogno di emigrare in Canada e condivide questo sogno  con l’irrequieto marito. 

“Come un uccello in volo” è il suo primo romanzo tradotto in italiano dalla professoressa Bianca Maria Filippini, civitavecchiese, esperta di letteratura iraniana e traduttrice. 

Ma in questo mio scritto a me non interessa la questione letteraria; parto dal libro per ragionare politicamente su cosa sta succedendo in Iran a due , tre mesi dall’assassinio di Masha Amini  in prigione per non aver rispettato la legge sul velo.

Premetto che le donne iraniane non vivono la condizione di apartheid delle donne afgane che sono escluse dalla possibilità di frequentare le scuole, di avere un’istruzione, di lavorare, di muoversi e spostarsi in libertà. Le donne iraniane , sulle quali, tuttavia, si concentra l’occhiuta attenzione del regime teocratico iraniano, possono accedere ai più alti livelli dell’istruzione e sono in maggioranza, rispetto al numero degli studenti, le iscritte alle discipline STEM.

Le donne , poi,  sono sempre state presenti nelle rivoluzioni che hanno interessato l’Iran nel XX e XXI secolo, fin dalla rivoluzione per la Costituzione del 1905, negli anni Sessanta con il movimento nazionalista, con la rivoluzione Komeinista del 1979 e nel cosiddetto “ Green Movement” del 2009 che chiedeva le dimissioni del presidente conservatore Ahmadinejad per brogli elettorali a sfavore del  candidato riformista Mousavi. E tuttavia al centro delle proteste non erano le istanze e i problemi delle donne. 

Dopo la morte di Masha Amini, la questione del velo per la quale  lei è morta, acquista una forte valenza simbolica, la rivolta e le proteste si addensano intorno alle tematiche femminili, alla loro libertà e autodeterminazione e gli uomini si schierano accanto. Le donne sono scese in piazza e si sono poste all’avanguardia di questo movimento, che non ha leader riconosciuti, che non nasce nelle grandi città ma nelle cittadine di provincia e  nei paesi. Che è non violento.

Quello che sta accadendo in Iran è tragico e meraviglioso nello stesso tempo. 

Tragico perché  il regime, alle manifestazioni,  risponde con la repressione più spietata, sparando  sui manifestanti e sulle manifestanti, procedendo ad arresti in massa, bastonando chi capiti a tiro ai pasdaran che scorrazzano in moto per le vie delle città. Ieri sono stati impiccati quattro giovani, accusati di essere agenti del Mossad (tipico  dei regimi che si autoassolvono) . Sono stati appesi a delle gru e lasciati lì come monito. Ci sono migliaia di arresti, torture, abusi  e stupri nelle caserme. La pena di morte usata come mezzo di repressione. Donne, ragazze, madri. Persino bambini. 

Eppure per me, nonostante la solitudine di questa rivoluzione che si protrae da mesi e scava in profondità nell’indifferenza dei governi occidentali concentrati tutti sull’Ucraina, compreso il nostro, in questa rivoluzione c’è qualcosa di meraviglioso e diverso dalle primavere arabe. 

Essa si muove sulle parole d’ordine delle donne che reclamano dignità, rispetto, autodeterminazione. Donna, vita, libertà. E in queste parole d’ordine larghissimi strati della società, variamente insofferenti del regime teocratico iraniano, si riconoscono. 

Per me che ho una storia politica di sinistra, e ho creduto nelle intuizioni marxiste sul soggetto rivoluzionario che avrebbe diretto la liberazione dell’umanità verso la società della giustizia,  queste donne che non usano violenza, che non si pongono il problema del potere, queste donne stanno insegnandoci qualcosa di nuovo nella storia umana. Il movimento da loro diretto non è gerarchico, è orizzontale. 

Non si pongono il problema della presa del potere, dell’assalto al Palazzo d ‘Inverno, perché il loro obbiettivo è molto più radicale, il loro obiettivo è lo scardinamento dell’intera società, è la distruzione del patriarcato, dei rapporti tra i generi,  dei rapporti proprietari sui corpi delle donne. E su tutti gli esseri umani sottoposti a sfruttamento, schiavismo, degrado della dignità, discriminazione.

Un mondo alla rovescia. 

Questo mi dice la rivoluzione condotta dalle donne iraniane e se avrà successo, e non è detto che lo abbia, sarà una di quelle cesure storiche che ci fanno avanzare ad un più alto grado di civiltà. 

Ragazze stanno uscendo fuori dai boschi. Stanno arrivando.

ANNA LUISA CONTU

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