Quale direzione?
di TULLIO NUNZI ♦
Credo che chi provenga come me dal secolo passato, abbia l’abitudine a comprendere dove va un partito dalla scelta delle alleanze; dalle alleanze si capisce dove il partito vuole andare e cosa vuole fare.
Nel partito democratico primo partito di opposizione, questo non è ancora comprensibile La sensazione che si trae, è che il pd nell’immediato non riesca purtroppo, ad usciere dall’angolo, dando la sensazione di essere una accolita di sconfitti, una oligarchia immobile che litiga un po’ su tutto. E’ triste vedere un grande partito democratico e riformista, che ha avuto un ruolo rilevante nella democrazia e nella storia di questo paese, che si è speso per il governo Conte “usque ad diffusionem sanguinis” sbeffeggiato per la riconferma dell’alleanza nella regione Lazio.
La prima riflessione da fare: cosa significa oggi essere di sinistra, e come potere avviare la possibilità di una alleanza alternativa alle destre.
Secondo me ci sono dei fondamentali da cui non si può derogare:
1 Europa: garantire la partecipazione ad una politica europea, con occhio critico, ma senza strabismi nei confronti di gilet gialli, sovranisti e populisti. Una politica dell’accoglienza europea che escluda decreti sicurezza, respingimenti o infamie del genere.
2 Riconoscimento dell’atlantismo, che non significa solo Stati Uniti, ma difesa dei valori come le libertà individuali, la democrazia di mercato, lo stato di diritto; in pratica il contrario del puntinismo.
3 Adesione alla Nato, legata alle indicazioni di gran parte dell’Europa politica; la maggioranza dei paesi anche ,a guida socialista, sono convinti assertori dell’adesione alla nato; sarebbe assurdo che forze di sinistra europeiste chiedessero l’uscita dalla nato, in contrasto con l’Europa.
Su questi tre punti fondamentali, nell’ipotesi di una alleanza di centro sinistra io credo che non ci debbano essere dubbi, anzi si sia obbligati ad avviare un vero eventuale accordo alternativa alla destra.
Ovvio che poi bisogna trovare punti comuni, una base di valori comuni e condivisi su lavoro, redistribuzione della ricchezza, lotta alla povertà, diritti civili.
Un programma, fatto anche di scontri ruvidi, ma nella consapevolezza che se vuoi cambiare questo paese, lo devi togliere al governo delle destre.
Perché si parla spesso di modernità, ma spesso a sinistra il moderno ci è estraneo, non si riesce andare oltre la rimasticazione o peggio l’imitazione di gran parte dei contenuti del secolo scorso.
Solo essendo capaci di capire la gravità del momento ed eliminare la resistenza ad un profondo rinnovamento ci potrebbe essere un barlume di vittoria.
Solo avendo una classe dirigente capace di non gestire esclusivamente la sopravvivenza quotidiana, o una politica intesa come dimensione di puro potere o di nuda autorità.
E qui siamo capaci di farci del male e tanto, ma se un segretario di partito si dimette e dice di vergognarsi di questo partito, e se contemporaneamente fai assurgere a totem indiscusso della sinistra il presidente di un altro partito ovvio che perdi consensi. Oppure dai la sensazione di una politica che non risolve problemi, ma sia semplice strumento di una corporazione che tutela se stessa e regola al proprio interno i conti sospesi (vedi il ti sparo).
Se educhi i tuoi elettori all’antagonismo e al populismo non devi stupirti se poi non ti votano più.
Credo che se si voglia vincere e mandare a casa una destra pericolosa, nel centro sinistra o in una eventuale coalizione, non ci sia bisogno di liti ossessive, continue che sembrano impedire di occuparsi dei problemi della gente; e non bisogna dare ascolto a trombettieri di destra sinistra e anche centro che vogliono imporre dogmi e bollano come traditori chiunque non si adegui ad un bipolarismo culturale disperato e punitivo.
Una cosa è certa il vivacchiamento il tirare a campare, porta alla sconfitta, e necessita invece un soprassalto di serietà, una presa d’atto di esperienze finite; insomma tutto tranne liti puerili.
E bisogna mettere fine, in particolare a sinistra a un vero mondo hobbesiano, ad una guerra di tutti contro tutti, prigionieri di faide sanguinose.
Spesso sembra di rivolgersi all’elettorato come ad un quadro di Pellizza da Volpedo; certo l’identità, la storia, fanno parte di una sinistra che però deve essere pronta a cambiare alla pari del mondo che ci ospita.
La sinistra deve essere capace di orientare la società non assecondarla, essere permeabile ad altre culture, comprendere la complessità del contesto a cui, a sinistra bisogna dare risposte.
Al momento scarse.
TULLIO NUNZI
Penso che oggi il PD stia perdendo consensi perché ondeggia fra posizioni di sinistra e di centro, se non centro destra. In altre parole pare che non riesca a trovare identità. Azzardo una ipotesi, l’ipotesi che nel tempo non sia riuscito a produrre una sintesi identitaria delle sue componenti che vanno dai comunisti ai democristiani, in altre parole è un mi er che non è riuscito ad emulsionare gli elementi un po’ come sbattere l’acqua con l’olio che si frammenta in mille goccioline ma poi l’emulsione tende a decadere e gli elementi a separarsi, manca la lecitina, quella del tuorlo d’uovo indispensabile per far la maionese. E dunque il PD pare che non riesca a trovare un modo per essere se stesso volendo essere una volta di centro ed un’altra di sinistra. E dunque ecco che parte del suo elettorato se ne va a destra nel terzo polo e parte se ne va a sinistra col M5S. Certo, sarebbe auspicabile un partito contenitore capace di far stare assieme istanze sociali ed istanze liberiste, istanze pacifiste e fedeltà atlantiche producendo sintesi, ma non é certo facile vista anche la propensione degli italiani ad atteggiamenti da tifoseria che prediligono lo scontro alla ricerca di fattor comune. Forse l’Italia non é “adatta” alla formazione di “grandi partiti plurali”, lo si vede nella proliferazione di partitini di sinistra, forse é una questione di mentalità.
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Concordo Tullio. Una paralisi sembra attanagliare il PD impedendone la crescita interna e lacerandolo come accade con le superfici che si disseccano e si irrigidiscono. Procesdo di desertificazione. Deve rucevere nuova linfa sentimentale, ideale e programmatica. A parte la scelta del leader..
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