Matrimoni ed altri disastri, ma su Instagram
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Non so quanto di voi, cari lettori, abbiate visto, magari anche distrattamente, qualche puntata dello show tv “Il boss delle cerimonie”. Si tratta di un reality italiano, in onda sui canali del gruppo Discovery, dal 2014. Dopo la morte del “boss” del titolo, Antonio Polese, lo spettacolo ha cambiato intestazione in “Il castello delle cerimonie”. Il programma è incentrato su sontuose (e parecchio pacchiane) feste di matrimonio che si svolgono nel lussuoso Grand Hotel La Sonrisa situato a Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli. L’hotel è conosciuto come “Il castello” per via dell’imponenza della struttura in stile barocco negli arredi, nelle decorazioni, nella tappezzeria. Inizialmente la cifra stilistica del reality era chiaramente satirica. Nello show si ironizzava sulla esagerazione e sulla vistosità di cerimonie sfarzose, condite di voli di colombe, cantanti neomelodici e pantagruelici pranzi che iniziavano dalla mattina e si estendevano fine a notte inoltrata, culminando con balli e fuochi artificiali. Lentamente, ma inesorabilmente, lo show ha perso l’aspetto satirico arrivando ad essere una sorta di modello di riferimento per gli sposi di tutta Italia. La sigla del programma “Nu’ matrimonio napulitano” che, nei primi versi, sostiene che “nu’ matrimonio napulitano nu’ ho po’ capì chi vive a Milano” ha finito per essere smentita. Ed oggi lo stile imperante del matrimonio è diventato lo sfarzo, l’esibizione, l’esagerazione. Ovviamente con l’indispensabile condimento di dirette Facebook e di stories su Instagram, sia da parte degli stessi sposi, che di invitatati e dello stuolo di professionisti che oggi lavorano ad una cerimonia di nozze. Fiorai, addetti agli allestimenti scenografici, fotografi e cameramen, dotati di droni per le riprese aeree, musicisti e d.j., tutti costoro agli ordini del wedding planner, ormai diventato indispensabile. Per tacere poi di valletti, camerieri, barman e cuochi degli spazi dove si tengono i banchetti che hanno decisamente soppiantato i tradizionali ristoranti di un tempo. Si tratta di castelli, tenute, ville patrizie, scuderie e casali immersi nel verde, spesso distanti decine di chilometri dalla chiesa dove si sono celebrate le nozze. Secondo i dati di Confindustria in Italia il business dei matrimoni comporta un giro di 7 miliardi di euro l’anno. Sempre Confindustria sostiene che il matrimonio tradizionale nel nostro paese ha un costo che parte dai 35.000 e sale fino ai 59.000 euro. Circolano voci su un matrimonio della figlia di un notissimo imprenditore civitavecchiese, celebrato da poco, che sarebbe costato 130.000 euro. A questi costi, poi, si deve aggiungere quanto si spende per i “viaggi di nozze”. Si sentono mete davvero da favola. Viaggi di un mese, con quindici giorni in USA e quindici alle Hawaii, o a Bora Bora e in altre mete esotiche e costosissime. Secondo il quotidiano finanziario “Italia Oggi” si tratta di un business da 4,5 miliardi di euro l’anno. Anche essere invitati ad un matrimonio, oggi, comporta affrontare costi spesso proibitivi. A partire dagli addii al celibato/nubilato che di sovente avvengono all’estero o in splendidi resort, con costi non sempre coperti dai futuri sposi ma frequentemente a carico degli amici. Il regalo ai futuri sposi ormai avviene quasi solamente a mezzo bonifico su iban a tale scopo predisposti. Riciclare i vecchi regali non graditi non è davvero più possibile. Anche il dress code è fonte di guai per il portafogli. Per le donne è praticamente obbligatorio l’abito lungo, per gli uomini ce la si può cavare con un normale abito nero o blu. Qualche giorno fa una mia conoscente trentenne mi raccontava di essere uscita al verde dopo aver affrontato quattro inviti a matrimoni di cari amici e parenti nel giro di due mesi, con conseguenti quattro regali e quattro diversi abiti eleganti.
Per uno della mia generazione, ragazzo negli anni ‘70/’80, è davvero difficile capire questo fenomeno. I matrimoni della nostra generazione erano quasi sempre molto sobri. Celebrati per lo più con rito civile, con feste nei giardini o, al limite, con pranzi al ristorante in città. Chi scrive si è sposato con rito civile di lunedì, festeggiando con 60 amici e parenti dopo la breve cerimonia, in un locale di un amico, con catering buono ma discreto (ma con l’open bar) e una band jazz di amici che si esibiva gratis. Una bella festa, comunque. Ricordo come spesso amici e parenti venivano “ingaggiati” per preparare bomboniere, scrivere a mano inviti e partecipazioni, addobbare le sale dove si festeggiava. Persino l’addobbo floreale di chi si sposava in Chiesa ci sembrava uno spreco. E spesso c’era un amico fotografo che si occupava di riprendere la cerimonia e la festa e lo faceva gratis e con piacere. Ma la società, oggi, non è più così. La sobrietà decisamente non è un valore socialmente riconosciuto. E a nessuno verrebbe in mente di chiedere ad un amico di fare qualche foto con la sua reflex. In compenso moltissimi fotograferanno con gli smartphone, mettendo tutto sui social, praticamente in tempo reale. Ricordo distintamente un fiorente “giro” di abiti da sposa in prestito, perché a molti sembrava assurdo spendere qualche milione per un abito che indossi una volta sola. Oggi, invece, l’ultima tendenza per le spose è il doppio abito: uno indossato per la cerimonia e la prima parte della festa ed un secondo, altrettanto elegante ma un filino più comodo, per la seconda parte della festa, quella che include il ballo. Al matrimonio della figlia di un mio conoscente di qualche tempo fa c’erano due band live e tre d.j. che, vi posso assicurare perché alcuni di loro sono miei amici, sono stati tutti pagati. Sia chiaro, non sto giudicando niente e nessuno. Mi limito a dire che, per me, è difficile comprendere come, in pochi anni, si sia passati dal girare l’Europa con l’Interrail, dormendo con il sacco a pelo negli ostelli, alle feste per i “diciottesimi” in abito da sera. Non è l’evento quello che conta, temo. Ma la sua rappresentazione. E questo, nonostante tutto, è ancora difficile da accettare, per me. E per voi?
ROBERTO FIORENTINI
Esagerazione ed opulenza che fanno coppia con povertà di spirito e sentimenti. Ormai anche lo sposalizio fa parte dello Show Business. E come lo show business, una volta finita la festa … si ritiene “gabbato” lo santo.
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