Welcome to Shitavecchia

di BRUNO PRONUNZIO

Welcome to Shitavecchia

C’era una volta un porto vicino alla città più bella del mondo. Siccome quest’ultima era diventata meta turistica assai frequentata da visitatori di tutto il mondo, le più importanti compagnie crocieristiche avevano incluso il porto tra gli scali nei quali ogni giorno quegli enormi alberghi galleggianti scaricavano migliaia di persone.

Ora si sa che i turisti scendono dalla nave e vogliono visitare Roma. Per questo scelgono di imbarcarsi su degli enormi taxi o, se vogliono risparmiare, sui treni che collegano la cittadina portuale con la meta turistica. Questa seconda opzione richiede l’attraversamento delle strade centrali della cittadina portuale per circa venti minuti.

Tutto questo preambolo per dire cosa?

La maggior parte dei turisti da crociera proviene dai paesi anglosassoni, Stati Uniti in particolare, ed è ben noto come sia difficile per loro pronunciare il lungo nome della cittadina portuale. Fu così che si diffuse l’abitudine di ricordare il nome della cittadina portuale associandolo ai numerosi souvenir presenti sui marciapiedi, ricordini che i turisti cercavano in tutti i modi di evitare. Per gli americani il porto di Roma era ormai diventato SHITAVECCHIA.

Si sa che i francesi hanno la puzza sotto il naso. La Grandeur non consente loro di arrivare secondi a nessuno, men che meno ai poco amati inglesi o statunitensi. E così in quattro e quattr’otto modificarono i loro volantini turistici in questo modo:

LE PORT DE ROME, UNE VILLE DE MER

LE PORT DE ROME, UNE VILLE DE MER…DE CHIEN

Quando la notizia si diffuse, nella cittadina portuale si gridò alla lesa maestà. Come di solito accade nelle aule virtuali dei Tribunali Facebook, subito si crearono due fazioni: “Er cane è mio e lo piscio ndo me pare” propenso a garantire la libertà del quadrupede di marcare il territorio a prescindere dagli usi e abusi civici e il partito di contrario avviso chiamato “Mancalecane” composto da chi, stufo di portarsi a casa i ricordini sotto le suole delle scarpe, rivendicava di passeggiare a testa alta senza doversi preoccupare di fare lo slalom.

La guerra social tra i due partiti andò avanti per qualche mese, mentre sulle navi la cittadina portuale era ormai diventata lo zimbello di tutte le crociere. Fu a quel punto che intervenne lui: il Deus ex-Apecalessino, la cintura nera di taglio del nastro da cerimonia, l’unico sindaco che – con un cognome da cane pastore – sarebbe stato in grado di risolvere la diatriba e cancellare con un colpo di spugna il fango gettato sulla città dai perfidi stranieri.

Egisto Maremmano fece una cosa che nessun amministratore locale aveva immaginato prima di allora: un’azione vietata a scuola ma lecita in politica, anzi ben vista da tutti per i vantaggi che avrebbe recato alla collettività. A scuola si sarebbe chiamata “copiare”, nelle scienze politiche o economiche “fare benchmarking”.

Senza l’ausilio della segretaria e degli addetti all’ufficio Comunicazione, Egisto Maremmano fece una breve ricerca su Google e scoprì che in altre zone dello Stivale il problema delle deiezioni canine era stato risolto spostando la manina dal lato sinistro, quello del cuore e dell’amore per l’amico a quattro zampe, al destro, quello del portafoglio. In poche parole, il dilemma per i padroni dei cani si sarebbe ridotto alla scelta “pulisci o paghi”.

E per fare questo, Egisto Maremmano aveva deciso di prendere a benchmark la scelta fatta in Alto Adige. Nella provincia di Bolzano era stato deciso di anagrafare i profili genetici dei cani, attraverso un semplice prelievo di sangue, per poi analizzare il DNA contenuto negli escrementi e multare i proprietari. Nel giro di qualche mese il Servizio veterinario del Comune, a proprie spese, riuscì a prelevare i campioni di sangue degli animali e a costruire una banca dati, coprendo i costi per l’investimento iniziale con le multe elevate nei successivi tre mesi e i minori oneri per le pulizie straordinarie dei marciapiedi. Quando il cittadino iniziò a comprendere che stavolta Egisto Maremmano faceva sul serio, le strade diventarono immediatamente più pulite e gli spocchiosi perfidi stranieri la smisero di deridere quella cittadina portuale, imparandola a chiamare con il suo vero nome.

BRUNO PRONUNZIO

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