Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini – I dodicimila bambini di Lea Piccione.
di ENRICO CIANCARINI ♦
Dalla notte dei tempi la donna nei momenti delicati del travaglio e del parto ha sempre cercato l’aiuto e il conforto di un’altra o più donne che grazie alle loro conoscenze, trasmesse da madre a figlia, assistono la partoriente. Nasce così la figura della comare, della mammana, della levatrice, oggi dell’ostetrica.
Nel 1596 il medico Scipione (Girolamo) Mercurio pubblica a Venezia il libro La comare o ricoglitrice il primo trattato di ostetricia in lingua volgare (romana) dedicato all’istruzione non dei medici che “mai o rarissime volte sono chiamati a questa attione” ma delle comari o coloro che raccoglievano i neonati, le quali “per il poco sapere” mettevano spesso a rischio la vita delle madri e dei loro figli (dalla voce sul DBI a lui dedicata di Lisa Roscioni, volume 73 anno 2009).
Una piccola curiosità: Scipione Mercurio abbandona il convento domenicano nel 1570, nel suo girovagare per la Penisola, dopo il 1585, abita per un breve periodo a Civitavecchia dove con un permesso speciale concessogli dal papa, può praticare la sua professione medica ed essere stipendiato dalla Comunità come medico condotto (il fatto che a Civitavecchia ci fossero i Domenicani e che per un certo periodo fossero legati alla Provincia lombarda dell’Ordine può illuminarci su tale presenza in città).
Domenicano è padre Giuseppe Maria Fati, che nel 1719, nello stato delle anime dell’unica parrocchia della città trasmesso alla Reverenda Camera Apostolica, indica la presenza di quattro mammane a Civitavecchia, segno del ruolo di spicco che esse svolgono nella vita comunitaria.
Centosettanta anni dopo, la Guida Monaci del 1889, la prima che possiamo consultare, nell’ambito della voce Civitavecchia pubblica un lungo elenco di professionisti operanti nella realtà cittadina: gli avvocati, i notai, i farmacisti, i medici e così via. Sono tutti nomi declinati al maschile con l’unica eccezione delle levatrici condotte. Sono Zenaide Blasi, Rosa Ferretti e Maria Lucchini. Essere inserite nella Guida Monaci, la fotografia più trasparente della quotidianità del giovane Regno d’Italia, testimonia quale rilevanza godano le levatrici nella realtà cittadina. Nelle successive Guida Monaci la loro presenza fra i professionisti è sempre confermata.
L’anno prima, il giovane Regno d’Italia si dota della sua prima legge sanitaria a firma di Francesco Crispi. I comuni devono farsi carico dell’assistenza medica chirurgica ed ostetrica per i cittadini poveri, devono stipendiare un numero di medici e levatrici adeguato all’importanza della loro popolazione. Per Civitavecchia il numero delle levatrici è stabilito in tre.
Nel 1906 il Governo istituisce la condotta ostetrica per garantire una qualificata assistenza a tutte le donne, soprattutto a quelle più indigenti e più lontane dai centri urbani, soprattutto nel Meridione. In quegli anni la stragrande maggioranza dei parti avviene fra le mura domestiche. Se ritorniamo alla Guida Monaci ci rendiamo conto che da decenni a Civitavecchia le levatrici sono già responsabili di condotte ostetriche, sono dipendenti del Comune che le pone a disposizione della cittadinanza più bisognosa.
Nel 1911 la sezione chirurgica dell’Ospedale civile dispone di una camera con tre letti per le partorienti; la ginecologia è raccolta nella corsia chirurgica. Le pazienti sono assistite da un chirurgo primario, il suo assistente e da alcune levatrici (L’Italia ostetrica 1911).
Il fascismo a fine 1925 istituisce l’Opera nazionale maternità e infanzia ONMI per la protezione e tutela delle madri e dei loro bambini in difficoltà. In Civitavecchia. Vedetta imperiale sul mare latino (1932) è descritta l’attività del Comitato locale dell’Opera:
“è stato istituito il Refettorio Materno, che da quattro anni, alimenta nei mesi invernali oltre quaranta madri gestanti e somministra latte ad altrettanti bambini bisognosi di sostentamento; elargisce sussidi di baliatici specialmente a madri nubili che con tale aiuto possono soddisfare meglio gli obblighi materni; si sono ricoverati, in Istituti diversi, molti bambini abbandonati dai genitori e rimasti senza alcuna protezione; in adatti locali dell’Ospedale Civile funziona il Consultorio ginecologico ed infantile che è frequentatissimo da madri gestanti e da bambini sofferenti, trovandovi utili consigli di medici all’uopo specializzati e farmaci adatti alle relative bisogna, distribuiti gratuitamente”. Nel 1935 il Comune di Civitavecchia appalta la gara d’asta per la costruzione della sede dell’ONMI, fino allora ospitato nell’orto dell’Orfanotrofio femminile.
L’ordine professionale delle levatrici è istituito nel 1927 e dieci anni dopo, con regio decreto, il titolo di levatrice è sostituito da quello di ostetrica.
La guardia scelta di mare Andrea Piccione, nativo di Torre Faro, Messina, il 24 gennaio 1917 è trasferito da Ancona “subito” a Civitavecchia, transitando per Roma. Quattro anni dopo, il 28 gennaio 1921 Maddalena Marino e Andrea hanno la loro prima figlia Lea, a cui seguiranno Antonina e Sergio.
Lea frequenta le scuole cittadine e nel tempo libero la Chiesa dei Martiri giapponesi, a pochi passi da casa sua. Vi conosce un ragazzo poco più grande di lei, Raoul Di Gennaro, nato il 17 gennaio 1919. Raoul è un promettente nuotatore che già a quattordici anni è tesserato dalla Società Sportiva Lazio. In acqua è velocissimo tanto che nel 1939 ferma il cronometro sui 29 secondi e 3 centesimi sulla distanza dei 50 metri stile libero. Un tempo che gli avrebbe permesso di partecipare alle olimpiadi del 1940 previste a Tokio. Ma il sogno olimpico del giovane tritone civitavecchiese svanisce con lo scoppio della guerra mondiale dove Raoul si comporta con grande coraggio tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Leone di El Alamein” e una medaglia d’argento al valore militare per il suo eroismo dimostrato in quella drammatica e decisiva battaglia nel deserto egiziano.
La giovane Lea fin da giovane si orienta verso le professioni sanitarie. A sedici anni è già infermiera ferrista presso il Policlinico Umberto I dell’Università La Sapienza di Roma. Qui conosce il professore Paolo Gaifami, titolare della cattedra di Clinica Ostetrico-Ginecologica. Forse è lui a convincerla a diplomarsi nel 1942 in Ostetricia. Il professore Gaifami muore nella sua clinica universitaria sotto le bombe degli Alleati che colpiscono Roma il 14 marzo 1944, provocando in città ottocento morti e oltre duemila feriti.
La giovane ostetrica civitavecchiese esercita la professione all’interno del Policlinico per due anni. Sono gli anni orribili dell’occupazione nazifascista della Capitale, gli ospedali sono rifugio e nascondiglio per ebrei, disertori, ricercati politici e prigionieri alleati scappati dai campi d’internamento. Dopo la liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno 1944, Lea deve rapportarsi con le truppe americane d’occupazione che spesso la fermano ai posti di blocco durante il coprifuoco. Quando verificano che è un’ostetrica chiamata ad assistere le partorienti, sono solleciti a lasciarle la via libera.
Solo nel 1945 Lea ritorna a Civitavecchia. Anche Raoul torna dalla lunga prigionia in Egitto.
Si sposano nell’ottobre del 1946, hanno due figli: Rossana e Marco, che ringrazio per la disponibilità dimostratami nel fornirmi notizie e curiosità sulla loro madre.
Sono gli anni in cui l’Italia si rialza dalle macerie della guerra, materiali e spirituali. Si riparte da zero e molte nuove famiglie hanno bisogno dell’aiuto dell’ostetrica che deve saltare da una casa all’altra per raggiungere le sue assistite. Lea è fra le prime donne a cavalcare la Vespa a Civitavecchia, l’innovativo e popolare mezzo di locomozione che la Piaggio immette in quegli anni sul mercato italiano affamato di nuovi ed economici mezzi di locomozione. A seguire arriverà la Fiat Topolino con cui Lea sfreccia per la città e per le campagne civitavecchiesi. La studiosa Elena Spina, autrice del saggio “La professione ostetrica: mutamenti e nuove prospettive” (2014, da internet) scrive che:
“L’influenza dell’educazione ricevuta promuove lo sviluppo di una forte capacità critica e di un processo di emancipazione: le donne che esercitano la professione di ostetrica sono le prime che imparano a guidare e che, per seguire il lavoro, si dedicano in modo non tradizionale alla cura dei figli, contribuendo così a modificare il modello familiare prevalente che voleva la donna fedele custode del focolare domestico”.
Sulla Gazzetta ufficiale del 10 novembre 1949 è pubblicata la graduatoria ai posti di ostetrica condotta vacanti nella Provincia di Roma. Il concorso è curato dalla prefettura capitolina.
Risultano vincitrici per Civitavecchia: Maria Guidazzoli (1° condotta); Clelia Bisaccioni (2° condotta); Bruna Paolini (3° condotta). Al concorso partecipa anche Lea Piccione che per il punteggio conseguito non riesce a vincere la condotta perché tutte le sedi da lei richieste sono assegnate a concorrenti che la precedono in graduatoria.
Lea prosegue nella libera professione, appoggiandosi per le nascite alla Clinica Siligato, di cui diventerà dipendente in pianta stabile negli anni Settanta del secolo scorso. Qui collabora strettamente con i dottori Siligato, Amaturo e Croce, istaurando con loro un rapporto di profonda e reciproca stima professionale ed umana.
Il numero preciso delle partorienti che ha assistito è 12.748. I figli ricordano che Lea “non è mai scesa a compromessi e si è sempre battuta per la difesa della vita”. È una delle ostetriche più conosciute ed apprezzate a Civitavecchia nel secondo dopoguerra, fino a quando nel 1982 si guadagna la meritata pensione.
Doveroso ricordare le sue colleghe ostetriche attive in quegli anni: le scomparse Liliana Mari, Rita Giorgetti, Ester Ragazzi e le ancora viventi Mirella Faraglia e Alina Di Melchiorre.
Lea, a fianco dell’attività professionale, è ben inserita nella vita sociale e culturale di Civitavecchia. La troviamo fra i soci e socie (poche) dell’Associazione archeologica Centumcellae che per anni è il salotto culturale della città.
In pensione, prosegue la sua attività sociale e culturale entrando nel direttivo dell’Università della Terza Età, dove collabora attivamente per dieci anni.
Lea muore il 27 febbraio 2012, pochi mesi dopo la raggiunge il suo amato Raoul (11 luglio 2012).
Del mio primo incontro con Lea non ho grandi ricordi, di sicuro piangevo disperato per la nuova situazione in cui esordivo. Era la sera del 17 ottobre 1965, alla Clinica Siligato. Alle 22.30 emisi il mio primo vagito. Fu Lea a raccogliermi appena nato da mia madre Rosa.
ENRICO CIANCARINI
La presenza di una donna al momento del parto è fondamentale e l’ostetrica è davvero una risorsa irrinunciabile per la partoriente.Anche mio fratello nacque in casa con un medico e una levatrice(così la definivano) di cui non ricordo il nome ma che raccolse sicuramente il suo primo vagito. Il medico ers il dottor Commentale che, se non ricordo male, assomigliava a Gronchi… Sapete davvero come suscitare ricordi sommersi…
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Quando parlavo di Socrate, del tirar fuori, della levatrice, il pensiero correva a zia Lea. Era Lei che mi aveva tirato fuori in casa, in viale Baccelli, era Lea che aveva fatto partorire la mia prima figlia presso la clinica di Siligato nel 1975.
Affiorano tanti ricordi dei miei genitori, di mio padre, di Raoul, di Tonina, di Sergio. In questo tempo, prima della guerra, possiamo parlare di comunità di amici volitivi, comunicativi presso la chiesa dei frati Zoccolanti e il ponte delle Quattro Porte. Poi la guerra e questa immagine di Lea che corre per portare aiuti, anche se di zia Lea il ricordo è di una donna che nascondeva una forza, anche materiale, sotto un sorriso calmo e rasseneratore.
Grazie Enrico, per questo tuo scritto, necessario per far comprendere che le “mammane” non erano le streghe che procuravano aborti, ma donne fedeli ai clan, che hanno saputo dare la presenza femminile, rassicuratrice, in un evento che si vuol ridurre ad asettica ospedalizzazione.
Riflettiamo ora su questo pauroso calo demografico nella nostra Italia.
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La Sig. Ra Lea, una grande professionista, una donna discreta dal carattere deciso. Era collega di mia suocera, anche lei ostetrica, che aveva però scelto l’impiego all’Enpas. Fu presente durante il mio travaglio ma Angela non fu puntuale, come lei auspicava, rispetto al suo turno di lavoro e così io durante il parto fui assistita dalla sig.ra Faraglia. La sig. Ra Lea era considerata la prima ostetrica, la più esperta, la più abile. Le ostetriche per noi donne erano figure importanti, alle quali affidavamo la vita nostra e dei nostri figli. La capostipite però era la sora Clementina, sulla quale varrebbe la pena di fare una ricerca.
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Grazie.
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Un bel ricordo.Far nascere deve essere un momento di grande soddisfazione. Hai fatto bene a esaltare questa eroina che fa parte della storia della città,
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