De-nazificare chi?
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Al termine nazionalismo la Treccani dà questa definizione: Insieme delle dottrine e dei movimenti che attribuiscono un ruolo centrale all’idea di nazione e alle identità nazionali. Il n. si è storicamente manifestato in due forme: come ideologia di liberazione delle nazioni oppresse e come ideologia della supremazia di una nazione sulle altre. In questi anni stiamo assistendo ad una sorta di rinascita del nazionalismo, ideologia che in Europa ha causato guerre e distruzioni. L’invasione russa dell’Ucraina vede al confronto due nazionalismi. Da una parte quello dell’invasore, la Russia, che giustifica l’intervento con l’intento di de-nazificare il Paese invaso. Dall’altra quello di Zelenski, che fa i suoi appelli alla “Patria” in una versione light e social oriented. Il termine Nazionalismo fu coniato da Johann Gottfried Herder nel 1772 nel suo “Trattato sull’origine del linguaggio”. Il trattato sottolineava il ruolo centrale di una lingua comune, attribuendo importanza ai concetti di nazionalità e di patriottismo. Per il nazionalismo è centrale il concetto di nazione, vista come gruppo di persone cosciente della propria peculiarità e autonomia culturale, etnica, linguistica e storica. In questo senso la nazione viene vista come premessa di unità e sovranità politica. Questa unità genera coesione ed evita i fenomeni di alienazione ed isolamento frequenti nelle moderne società multiculturali. Il popolo è inteso quindi unitariamente come titolare di diritti e doveri che trascendono quelli dei singoli individui e la nazione educa appunto l’uomo al sacrificio, al dovere e all’etica in funzione della comunità. Da ciò deriva l’importanza che il nazionalismo attribuisce al concetto di identità nazionale, formata dal patrimonio culturale ed etnico comune, che la nazione ha costruito e costruisce nella sua storia. I governi populisti autoritari di oggi hanno molto in comune con il nazionalismo. Questo, infatti, è un ingrediente chiave della dottrina populista e sovranista che sta crescendo praticamente ovunque in Europa. Non a caso, è difficile immaginare un governo populista che non si appoggi pesantemente al nazionalismo per alimentare l’orgoglio e la paura che vengono usate per mantenere il potere. Nel corso del ‘900, sono stati prevalentemente i governi di destra che hanno promosso il nazionalismo, dagli stati fascisti come la Germania nazista e l’Italia di Mussolini ma anche la Cina comunista. E oggi, il nazionalismo è un ingrediente importante negli attuali governi di Russia, Ungheria, Slovenia, Polonia, Brasile, ed anche della dottrina del Partito Repubblicano negli Stati Uniti, specie quello di Trump. Ma anche di molti partiti che si autodefiniscono sovranisti, forse per paura di usare il termine nazionalista. Oggi i populisti autoritari dividono la società lungo linee etniche o religiose: i bianchi sono il popolo mentre le ONG, i media mainstream e i giudici sono ritratti come le élite. E i populisti autoritari ritraggono queste élite come se si preoccupassero soprattutto del benessere dei gruppi esterni a spese della gente comune. Tali gruppi includono i migranti, le persone LGBTQI, gli immigrati, i disabili e persino le donne. “Oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile. Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay. Le richieste di far svolgere una parata gay sono considerate un test di lealtà a quel mondo, così potente, e sappiamo che se popoli o Paesi rigettano quelle richieste, restano fuori da quel mondo. Ma sappiamo che quello che viene proposto da queste “marce della dignità” è un peccato, un peccato condannato dalla Parola di Dio”. Queste sono le parole del patriarca di Mosca, Kirill, con le quali ha giustificato l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, vista come lotta contro la promozione di modelli di vita anticristiani. Il discorso di Vladimir Putin alla parata militare del 9 maggio a Mosca, in occasione del settantasettesimo anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale, è anch’esso una perfetta sintesi di questo curioso – e pericoloso – mix di storico nazionalismo russo e di “moderno” populismo: “I Paesi della Nato non volevano ascoltarci, il che significa che in realtà avevano piani completamente diversi. E l’abbiamo visto. Apertamente, erano in corso i preparativi per un’altra operazione punitiva nel Donbass, per un’invasione delle nostre terre storiche, compresa la Crimea. A Kiev hanno annunciato la possibile acquisizione di armi nucleari. Il blocco Nato ha avviato lo sviluppo militare attivo dei territori a noi adiacenti. Così, una minaccia per noi assolutamente inaccettabile è stata sistematicamente creata, direttamente ai nostri confini. Tutto indicava che uno scontro con i neonazisti, su cui puntavano gli Stati Uniti e i loro partner, sarebbe stato inevitabile”. Nei due interventi, quelli di Kirill e di Putin c’è tutto: la difesa della Patria (scritta con una P più che maiuscola), il complotto dei poteri forti (in questo caso la Nato), la corruzione morale, la condanna del consumismo, le post-verità (cioè le bufale spacciate per verità alternative). “La Russia ha un carattere diverso. Non rinunceremo mai all’amore per la Patria, alla fede e ai valori tradizionali, ai costumi dei nostri antenati, al rispetto per tutti i popoli e le culture. E in Occidente, questi valori millenari, a quanto pare, hanno deciso di cancellarli.” Questo è sempre Putin, nello stesso intervento del 9 maggio. La domanda che è lecito farsi, ora, è: con quale faccia può parlare di de-nazificare qualcosa chi si rifà a contenuti, simboli e valori che avrebbero potuto ben figurare nei discorsi di Hitler degli anni ’30? Quanto alla questione morale, cui hanno fatto riferimento sia il patriarca russo sia l’autocrate Putin, sarebbe interessante leggerla alla luce delle foto di Kirill che fa il bagno su lussuosi yacht e delle ingentissime fortune personali che i due campioni della moralità avrebbero sparso in numerosi paradisi fiscali. Del resto, anche il miliardario Trump amava presentarsi come “campione” del popolo americano, come fanno, del resto, molti altri leader populisti, anche italiani, che dicono di difendere i poveri dagli agi delle loro ville milionarie. Però, anche alla luce delle dichiarazioni di Lavrov dell’undici maggio, è ormai evidente che la questione in ballo, per la Russia (e conseguentemente anche per gli USA), non è l’Ucraina, il Donbass e la Crimea ma il tentativo di imporre un nuovo ordine mondiale, dove il ruolo della Russia sia centrale. Insomma, ecco il nazionalismo che si riaffaccia. Solo l’UE, che è il – purtroppo – incompiuto esperimento di superare proprio quei nazionalismi che hanno portato alla Seconda Guerra Mondiale, può tentare di porre rimedio a questa insensata, assurda e antistorica riproposizione di quegli atteggiamenti novecenteschi che hanno provocato milioni di morti.
ROBERTO FIORENTINI