“PAROLE DI DONNA” A CURA DI VALENTINA DI GENNARO E ANNA LUISA CONTU – Le donne e la guerra.

di ANNA LUISA CONTU

Le donne sono antropologicamente contrarie alla guerra. Il loro essere portatrici di vita le rende incompatibili ed estranee a quelle manifestazioni di aggressività di cui si compiacciono i maschi. Nel mio paese sardo ai bambini veniva insegnata “s’istrumpa” una specie di lotta greco romana che avrebbe dovuto abituarli all’offesa e alla difesa e instradarli ad essere dei “balentes “. Alle bambine si richiedeva di essere “abbistas“ , intelligenti e giudiziose. 

Là dove c’è una donna c’è una casa, un recesso per proteggere i figli e crescerli in sicurezza. È l’idea, questa, che io ho della civiltà e uno degli effetti, neanche tanto collaterali, della guerra è la distruzione delle case col ferro e col fuoco, come testimoniano le guerre in atto, Ucraina, Siria, Yemen e come sono state tutte le guerre nella storia dell’umanità. Distruggere singole case è il metodo israeliano di rappresaglia contro i palestinesi. 

Le donne sono le prime vittime della guerra,  sul loro corpo si scarica l’odio e lo sfregio del nemico, il loro corpo stesso un campo di battaglia mentre uno o una masnada la assale e la prende contro la sua volontà. Lo stupro ha accompagnato la guerra dal tempo dei tempi. Esso non ha niente a che vedere con il desiderio sessuale  dell’assalitore “ ma è un consapevole processo di intimidazione con il quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura” , così Susan Brownmiller nel suo fondamentale studio sullo stupro “ Contro la nostra volontà” . 

E la guerra è il luogo e il tempo in cui  la paura è provata al massimo livello di pari passo con la violenza scatenata.  E non è significativo che il periodico ritrovo degli alpini quest’anno sia trasceso, forse dovuto all’entusiasmo di uscita dalle restrizioni della pandemia, ma io credo più per lo spirito bellicista, per il linguaggio guerresco che si diffonde nelle nostre giornate  attraverso giornali e tv? Quei sessantamila che si sono riuniti a Rimini si sono scatenati e le donne sono state il bersaglio di molestie, di palpeggiamenti, di intimidazioni, come se  fossero stati  un esercito vincitore cui spetta la ricompensa della donna del nemico sconfitto. 

Ma le donne sono tutte contro la guerra? Non tutte; nella mitologia abbiamo un unico esempio di donne guerriere, le Amazzoni, o nella storia contemporanea la signora Thatcher non ha avuto esitazioni a rispondere con la guerra all’occupazione delle Isole Falkland da parte dell’Argentina. Nella guerra in atto in Ucraina la vice presidente Vereshchuk si fa fotografare in abiti e pose guerresche e alle pose accompagna un linguaggio militaresco e aggressivo.

Mi viene in mente la frase di lady Macbeth nel Macbeth di Shakespeare , per poter attuare il suo piano di conquista del potere col marito, deve rinunciare alle qualità del proprio sesso: “ Unsex me here ”.  Come le Amazzoni che si mutilavano il seno per poter usare l’arco facilmente, così lady Macbeth deve esorcizzare i tratti della propria femminilità, la compassione, la tenerezza, la coscienza del giusto. Rinunciare alle proprie qualità migliori e peculiari , rinunciare alla propria differenza ed assumere il ruolo subalterno all’universale maschile.

Non tutte le donne sono contro la guerra ma lo sono le femministe. Alla vigilia della seconda guerra mondiale Virginia Woolf scrive il suo saggio “Le tre ghinee” . Alla radice dei rapporti sociali e della condizione femminile  c’è il potere della violenza patriarcale , lo stesso meccanismo che produce il fascismo e spinge i giovani ad arruolarsi  e divenire soldati con i simboli , le divise, i belletti della virilità.  Il ruolo delle donne dovrebbe essere quello di rifiutare questa ideologia , e aiutare la causa della pace  con l’istruzione . 

È passato tanto tempo ma le sue analisi sono lucidi insegnamenti per tutti e tutte. Le voci delle femministe, italiane( ma anche russe)  si ergono a chiedere la fine dell’aggressione e del riarmo. Con la parola d’ordine “ il femminismo si preoccupa  degli umani, non degli Stati”, si chiede, lo chiediamo anche noi Ardite di Civitavecchia ogni mercoledì nel nostro presidio a  Piazzale degli Eroi, di far tacere le armi e di ritornare alle trattative. 

L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e questa guerra in Ucraina non avrebbe mai dovuto cominciare se le parti si fossero incontrate e avessero avuto la volontà di parlarsi, di trattare. 

Al mio paese il verbo “ trattare “ significa frequentarsi e c’è un bel detto che amo molto , “su trattare acchet amare” la frequentazione genera amore; bisogna incontrare e conoscere l’altro per capirne le ragioni. 

ANNA LUISA CONTU

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