ALL’ERROR DIE’ GUERRA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Il 10 maggio si è svolto a Valentano, alla presenza del rettore dell’Università Lateranense, il bicentenario del famoso matematico Paolo Ruffini (1765-1822).Questo nome immediatamente rievoca gli anni gloriosi della scuola. Un incubo da risolvere: come si può dividere un bel polinomio ordinato e completo secondo le potenze decrescenti della variabile per un binomio del tipo () ? Ed ecco bella e pronta la “Regola del Ruffini”!
Fermiamoci qui, basta ed avanza!
Ma Ruffini (che è, matematicamente, ben altro rispetto alla Regola: teorema Abel-Ruffini sulla irresolubilità dei polinomi di grado superiore al quarto) è anche un ottimo cultore di medicina, un filosofo, uno scienziato, un fedele e coraggioso testimone della coerenza (come avvenne per alcuni professori nel “ventennio” che persero la cattedra per rifiutare di fare il giuramento, così Ruffini perse l’insegnamento a seguito del rifiuto verso la Repubblica Cisalpina).
Ma perché ricordarlo a Valentano? Perché il Nostro è nato in questo luogo pur avendo poi operato a Modena per il resto della sua vita. Una gloria del nostro territorio che (si pensi a Cardarelli) il territorio non valorizza nel dovuto modo. Eppure il suo nome ha rilevanza internazionale nel dominio delle matematiche.
Il sottoscritto ha, in questa occasione, svolto il tema dell’apporto di Ruffini al pensiero filosofico e religioso che qui brevemente sintetizzo.
Il nemico più acerrimo contro cui lottò Ruffini fu quel modello di spiegazione della realtà che va sotto il nome di determinismo, ovvero quella dottrina della concatenazione necessaria degli eventi della quale Laplace fu, nei tempi moderni (nell’antichità si pensi al Fato e Necessità degli Stoici) il più famoso sostenitore: se conosco lo stato precedente completamente definito posso conoscere lo stato futuro altrettanto in modo definito (il tema del cosiddetto “demone di Laplace”). Questa dottrina filosofica si correlava, all’epoca dell’illuminismo, al deismo ovvero ad un Dio autore della “causa prima” ma lontano dallo svolgimento delle “cause seconde”. Da ciò se ne deduceva l’impossibilità di “rivelazioni”, di interventi soteriologici nella storia, di azioni provvidenziali (l’intero Antico e Nuovo Testamento considerato mera mitologia) .
Ne derivava un mondo “meccanicistico” che la ragione poteva perfettamente indagare “etsi Deus non daretur”. Di fronte al dominio della necessità il caso era da considerarsi alla stregua dell’ignoranza delle cause che costringeva lo scienziato al ricorso del calcolo delle probabilità ( di cui Laplace fu uno dei pionieri più importanti).
Per il Ruffini tutto questo determinismo meccanicista significava, oltre che il venir meno dell’economia della salvezza, la morte del libero arbitrio umano. Di formazione cattolica, tutto ciò era per lui insopportabile (si ricordi la strenua lotta della Compagnia di Gesù contro il giansenismo seicentesco di Port Royal e l’intervento di Pascal contro il “molinismo “ gesuitico a favore della libera volontà). Una delle opere elaborate dal Ruffini va contro l’impostazione deterministica di Laplace sia nel campo naturale (l’ipotesi Kant-Laplace poneva in risalto la formazione planetaria in modo del tutto deterministico) e sia nel campo della libertà umana.
Con il senno del poi potremmo dire che nel tempo si è assistito alla fine del mito della precisione assoluta nelle misurazioni e nelle osservazioni. Il “demone di Laplace” è stato scalzato dal “principio di indeterminazione” di Heisenberg: più si tenta di ridurre l’incertezza in una variabile (per es. la posizione della particella) tanto più aumenta l’incertezza sull’altra (per es. la velocità della particella). La struttura intima della realtà dà ragione a Ruffini, quella struttura è indeterministica. Solo a livello macroscopico (cioè quando la costante di Planck è trascurabile) il determinismo può aver luogo e il sistema newtoniano funziona. Il caso (dunque l’incertezza) non è come voleva Laplace un effetto dovuto alla nostra ignoranza(ovvero una mera limitazione epistemologica) ma è la condizione ontologica del mondo! Il determinismo è solo il caso limite dell’indeterminismo (si ricordi la disperata asserzione di Einstein contro “interpretazione di Copenaghen”: Dio non gioca a dadi!). Quel mondo del “pressappoco” del “per lo più” che lo scientismo ottocentesco pensava d’aver eliminato con il rigore del determinismo della meccanica newtoniana ritorna in auge con le leggi statistiche probabilistiche.
Ma davvero il determinismo , come pensava Ruffini, si accompagna alla negazione del libero arbitrio? E’ questo un problema ancor oggi di difficile soluzione: in parte la risposta è sì; in parte la risposta è no (rimandiamo ad altro momento questo tema fondamentale).
Ma è contro Kant ed il “Cantismo” (sic) l’attacco più impegnativo che si verifica in un secondo lavoro di Ruffini . Come noto l’”anima” è, per Kant, una idea trascendentale, ovvero la ragione non contenta di basarsi sul dato esperienziale tenta di volare alto verso l’incondizionato come un uccello che pretendesse di volare senza l’ausilio dell’aria. Il concetto di anima altro non è che la funzione di sintesi dell’”io penso” trasformata impropriamente in qualcosa di permanente, in una sostanza, in “res”. E’ un errore logico, niente più, una sorta di sillogismo errato, un paralogismo! Di fronte a tutto questo Ruffini mette in campo tutto il suo metodo ipotetico-deduttivo e si sforza attraverso un complicatissimo itinerario a dimostrare che l’uomo è formato da una parte materiale ed una immateriale, l’anima, capace di conoscenza. Un approdo cartesiano che ha il solo merito di essere giunti al traguardo attraverso una dimostrazione rigorosa. Ma l’approdo è certo dubitabile (in termini cattolici non sussiste il dualismo, l’anima è aristotelicamente e tomisticamente “forma del corpo”).
Molto più interessante è l’attacco di Ruffini sul fronte dell’evoluzionismo di Darwin. Attenzione: non Charles ma Erasmo Darwin, il nonno. Erasmus Darwin aveva sostenuto (“Zoonomia”) un prototipo di teoria evoluzionista molto simile a ciò che dirà poi Lamark (ancora ben lontano dal “caso e selezione” che sosterrà Charles). A questa posizione, poi, si aggiungeva l’apporto di Brown (reso famoso dal “moto browniano delle particelle sospese, tema indagato da Einstein) sul concetto di vita come “generazione spontanea”. Questo è il tema svolto in una terza opera che affronta il tema della vita contro le ipotesi browniane.
Da dove sorge la vita? Tema che appassionava filosofi e scienziati. Da una parte i sostenitori della generazione spontanea (autogonia) convinti da Aristotele che la vita sia da sempre, eterno movimento. Dall’altra coloro che pensavano, dimostrando con esperimenti, che la vita viene solo dalla vita e non esiste spontaneità (Redi, Stenone, Spallanzani, Pasteur). L’attacco di Ruffini contro la facilità di un concetto di vita come definito da Brown tende a dimostrare che la complessità è tale che per quanti sforzi si facciano è arduo spiegare la vita come qualcosa che sia da definire per tutti allo stesso modo.
Oggi il campo è diviso fra chi sostiene la vita come effetto di sola evoluzione chimica (a-biogenesi) e chi pensa alla vita come sola biogenesi (è stato uno dei campioni della fisica quantistica, Schὂdinger, a fornire la spiegazione più convincente circa i confini fra vivente e non vivente).
Un rilievo ulteriore da fare è quello relativo al fatto che se si ragiona in soli termini evolutivi necessita comprendere che nell’aumentare della “quantità” (e nella sua maggiore complessità) si arriva ad un punto di rottura dove la quantità finisce per trasformarsi in “qualità”, ovvero in qualcosa d’altro ( accanto a Darwin necessita porre la figura di Alfred Wallace co-scopritore dell’evoluzione, figura posta impropriamente in oblio). Un punto ulteriore è il finalismo della evoluzione: il cosmo si evolve ma non a caso e l’uomo non è spiegabile solo e soltanto con la selezione naturale (si pensi alla facoltà del linguaggio che per Noam Chomsky rappresenta il” nostro Rubicone che nessuna scimmia può attraversare”.
Bastano questi pochi riferimenti per comprendere il campo di azione vasto che ha interessato Paolo Ruffini al di là dei meriti matematici.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Dobbiamo trascendere i limiti posti da Kant: Max Planck, 1944,”Dobbiamo presumere-parlando di quel minuscolo sistema solare che è l’atomo-che dietro questa forza che fa vibrare le particelle atomiche… esista una Mente cosciente ed intelligente”.
La ragnatela(energia) e il Nous?
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La fotografia di un altro buco nero ci riporta poderosamente dentro la vita della nostra galassia e nelka “storia” dell’ evoluzione del cosmo con dati e cifre da capogiro.. La vertigine pascoliana o le “pallottoline” pirandelliane. This is the question. Nonostante tutte le scoperte, le teorie, la crisi del determinismo causalistico, il dilemma è ancora lì davanti ai nostri occhi stupefatti.. E ognuno di noi, piccola particella di energia, si dibatte nel dubbio.. O lo risolve per meglio vivere. Grazie della bella e chiara dissertazione Carlo!!
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