COMMERCIUM ET PAX

di TULLIO NUNZI

Prima di tutto una riflessione sui dati allegati.
Quelli sull’universo delle imprese sono dati Istat, quindi reali; quelli su occupati e fatturato sono elaborazioni che non dovrebbero comunque scostarsi più di tanto dalla realtà.
Ovvio che i dati, assai simili a quelli nazionali, evidenziano un settore, volano dell’economia civitavecchiese, sia per quanto riguarda contributo al pil, sia per quanto riguarda l’occupazione.
Il buon senso direbbe di investire, dare attenzione ad un settore così determinante, ma molto spesso in questa città il buon senso se ne sta nascosto per colpa del senso comune.
Sia chiaro, sarebbe da folli mettere in contraddizione o in contrapposizione i vari settori economici.
L’ economia cittadina ha bisogno di terziario, ma altresì bisogno di industria, artigianato ed agricoltura.
Quello che vado dicendo da anni è che molto spesso nei confronti delle imprese del commercio ,del turismo e dei servizi, c’è stato sempre una sottovalutazione, una sorte di diminutio, come se si trattasse di un settore “cenerentola” rispetto ad altri.
Negli anni 80, come segretario nazionale aggiunto di Confesercenti, andavo per commissioni parlamentari o bazzicavo organismi interministeriali sulla discussione di leggi quadro sul turismo, era assai difficile spiegare che il futuro di questo paese era nel turismo e nei servizi, poiché i dati dicevano cose diverse.
Oggi, nonostante mutamenti epocali e con dati assai chiari, presenti nelle tabelle, si continua in luoghi comuni e categorie del passato.
Ovvio che il futuro di questa città è dato da un mix economico, però forse sarebbe bene cominciare anche a pensare ad un vero marchio d’area, turistico integrato con altri comuni.
Poiché sono 40 anni che sono in organizzazioni di impresa, posso portare degli esempi di distretti turistici, nati per la visione lungimirante di alcuni “sciamani” politici su cui inizialmente abbondarono sorrisetti maliziosi, così come sorrisetti maliziosi apparvero in questa città quando il presidente dell’autorità portuale Nerli ed il segretario generale Moscherini, cominciarono a parlare di crocierismo.
Potrei portare diversi esempi di territori che hanno investito sul turismo a partire dalle Langhe, con una filiera enogastronomica rilevante, le cinque terre, inizialmente semplice territorio di pescatori, all’itinerario della bellezza che Confcommercio ha avviato nella zona di Pesaro.
Mi si può obiettare che si tratta di paragoni assurdi, ed in parte posso essere d’accordo, però ribadisco che questo territorio, questo distretto, questo sistema turistico territoriale, che non riguarda solo Civitavecchia perché sarebbe “provinciale”, ha tutti i “ fondamentali” per potere tornare ad una vocazione turistica: patrimonio Unesco a nord e sud Tarquinia e Cerveteri, patrimonio naturalistico a Tolfa ed Allumiere; il segmento naturalistico ha una grande rilevanza (non per niente a Tolfa è presente una colonia di norvegesi) nel panorama turistico.
Viterbo con un centro storico e una rilevante struttura storica, Santa Marinella, definita perla del tirreno per le sue bellezze Marine ed infine Civitavecchia che ha a mio avviso ha un rilevante patrimonio archeologico, un porto strategico ed un patrimonio di promozione turistica che tutta Italia ci invidia, ma mai utilizzato.
Qui dobbiamo essere chiari e comprendere che per quanto riguarda Confcommercio, di cui ho avuto la fortuna di essere stato direttore nazionale organizzativo, il turismo equivale al territorio.
Il territorio è l’elemento determinante da salvaguardare in quanto contenitore di tutti i “segmenti turistici”.


Mi è rimasto incomprensibile che Confcommercio non abbia indicato, stante i dati iniziali, un progetto di sviluppo turistico alternativo a quella energetica, uno sviluppo dell’economia terziaria, ovviamente opponendosi ad una centrale a gas che avrebbe messo la parola fine ad uno sviluppo turistico.
Perché qui arriva l’altro chiarimento che è necessario fare.
Il crocierismo è una parte del comparto turistico, importante per l’economia cittadina; da dati vecchi e datati (che forse sarebbe bene aggiornare) i croceristi lasciavano in città circa 80 milioni l’anno, in servizi. Cifra non indifferente che se si organizzassero “tour dello shopping o itinerari turistico culturali” sicuramente potrebbe essere di gran lunga superiore.
Però se invece di un approccio congiunturale, si volesse avviare qualcosa di strutturale, ai 3 milioni di persone che sbarcano e alle 300 mila che non vanno a Roma bisognerebbe dire: sei il benvenuto come crocerista, rimani soltanto un giorno, ti offriamo i seguenti tour, ti mostriamo le bellezze e le eccellenze di questo territorio, ti invitiamo a tornare non più come crocerista, ma come turista per quei segmenti turistici che vorrai utilizzare: da quello Marino a quello archeologico, a quello culturale, a quello naturalistico.
Discorso semplice a fare ma complicato a gestire e concretizzare.
E qui ovvio è che ci sono colpe della politica, perché il turismo ha una valenza sinergica e per funzionare deve “dialogare” con imprese, istituzioni, logistica, trasporto, artigianato, territorio.
Però quei tre milioni di persone che toccano il nostro porto sono un patrimonio da sfruttare ed il fatto che non esista nemmeno un consorzio di promozione turistica la dice lunga.
La contraddizione è ancor più evidente se tutti i sindaci degli ultimi venti anni si sono detti concordi nell’evidenziare il turismo come elemento di sviluppo.
Le risposte le lascio alla politica; per quanto mi riguarda ho visto troppo spesso individui collocati ad espletare funzioni importanti, determinanti per lo sviluppo della città, troppi incapaci, o non sufficientemente capaci. Da anni esiste in questa città una lacrimosa avversione alle eccellenze, ma se siamo ultimi nella UE per meritocrazia stiamo nella media.
La cultura di questa città penalizza la valorizzazione del merito e delle competenze a vantaggio della appartenenza e delle relazioni.

Spesso abbiamo avuto una politica di serie B, di basso cabotaggio, priva di visione, attenta al congiunturale, ma incapace di cogliere il quadro di insieme.
Vale per tutti i comparti economici ma per il turismo c’è bisogno di grandi professionalità e di grandi competenze e relazioni.
Alle grandi competenze vanno anche affiancate le responsabilità.
Investire nel turismo significherebbe qualcosa di innovativo per la città, ma la politica da tempo non è più il luogo della innovazione.
Tutti si presentano come governi di svolta ma tutto scorre perché nulla cambi.
Infine come diceva il regista Jacques Tati: per risolvere tutti i problemi economici basterebbe tassare la vanità.
Ho conosciuto politici che dopo tre mesi si reputavano esperti e tuttologi, mentre invece come avviene per tutti gli altri settori in questo campo necessitano persone eccellenti e forse visionari.
Mi scuso perché sono anni che ribadisco queste opinioni che però ora sono suffragate da dati certi.
E poi se smettiamo di sperare succede quello che temiamo; oltretutto non mi piace il raffinato orgoglio della rassegnazione.
Propongo un vero itinerario della bellezza per questo territorio che di bellezze è pieno. A conclusione metterei nel nostro porto la scritta che c‘era su quello di Amsterdam: commercium et pax.
Spero di aggiungere anche turismo.


TULLIO NUNZI