Con l’Ucraina con tanti se e qualche ma.  

di ANNA LUISA CONTU ♦

Con il popolo ucraino, come lo sono stata con gli iracheni e i serbi quando le loro capitali venivano spianate dai bombardamenti ininterrotti degli Americani e della Nato!

È un sentimento, essere dalla parte di chi è sottoposto ad un potere che lo soverchia,  che ho provato fin da quando, alle scuole elementari sentivo mia sorella, che frequentava le medie, raccontare di quella guerra lunga dieci anni e di quell’assedio contro una città lontana nel tempo e nello spazio.  Il valore non disgiunto dalla compassione di Ettore e l’arroganza da semidio del capriccioso Achille (che descrizione ne fa Shakespeare nel Troilo e Cressida!), non c’erano dubbi con chi schierarsi. E poi il profugo e fuggitivo Enea che diventa l’usurpatore nelle coste laziali. E io ero per Turno contro il grande capostipite. E con i Britanni contro i Romani che chiamarono pace dove avevano fatto un deserto, così come lo racconta Tacito ne “la vita di Agricola”, il generale romano che durante l’impero di Domiziano, sottomise la Britannia e di cui uno storico inglese diceva: “Non credo che Agricola sia stato un grande generale; era un buon generale che ha avuto un grande biografo”.

Ecco questo è uno dei “se” che mi dilaniano. Le narrazioni; se non ci fossero migliaia di reporter sul campo che raccontano i minuziosi particolari delle vite delle persone comuni intrappolate negli scontri e nei bombardamenti, cosa mai avvenuta in nessuna guerra, quale sarebbe la nostra percezione della guerra in Ucraina? Non cambierebbe il dato di realtà e cioè che è la Russia che ha invaso uno stato sovrano, ma forse non ci sarebbe quell’eccesso di emotività che spinge anche i politici ad andare oltre con le parole e forse manterremmo freddezza di ragionamento e percezione dei pericoli futuri.

I nativi americani, le varie nazioni che vivevano sull’immenso continente, sottoposti ad un genocidio durato da quando gli europei vi misero piede per la prima volta ed espropriati anche dei loro nomi, non Lacota, non Cheyenne, ma redskins, pellerossa (il colore della pelle come ossessione primordiale!) non conoscevano la scrittura e quindi non poterono avere dei buoni biografi.  Sin da “Ombre rosse” , invece, si costruì il mito popolare dell’indiano cattivo e da combattere perché non impedisse il diritto dei coloni bianchi di espandersi ad ovest. Le vittime che le narrazioni trasformarono in carnefici, persino la grande letteratura Brockden Brown, Hawthorne, Cooper vedevano i nativi come rappresentazioni del demonio. Dovevano arrivare i film della controcultura a rimettere le cose a posto e “Balla coi lupi” per far capire agli americani quello che avevano perduto.

Gli ucraini hanno la nostra commozione, la nostra solidarietà, la nostra indignazione. Bisognerebbe avere i peli nel cuore per godere di quella povera gente costretta ad abbandonare la casa distrutta, vivere nel sottosuolo senza acqua o riscaldamento, poco cibo e nessuna sicurezza, la vita in pericolo.  Li sento fratelli e sorelle. Mi commuovo per quei cani e gatti portati in braccio nella fuga.

Poi sento la viva voce del presidente USA Biden dire che è da più di un anno che loro stanno armando gli ucraini, che stanno facendo esercitazioni congiunte, che hanno basi e caserme in Ucraina. Lo dice con tranquillità e non c’è nessuna reazione nella grande stampa italiana o internazionale mentre in realtà ha svelato al mondo il casus belli offerto ai Russi, come la boccetta piena di presunta antrace che Colin Powell mostrava agli stupefatti delegati Onu come simbolo del possesso dell’Iraq delle armi di distruzione di massa. O il falso racconto del genocidio in Kossovo per attaccare la Serbia e distruggere i resti di un paese non allineato come la Yugoslavia. Belgrado fu bombardata per 78 giorni consecutivi, gli aerei partivano anche dal nostro suolo. Non ci furono interviste, allora, alle donne, agli anziani, non vennero mostrati i bambini spaventati a morte dalla guerra umanitaria. I bambini che stanno morendo di fame, in una guerra occultata, in Yemen, oggi.

Le ragioni degli imperi, degli uomini che li costruiscono e li vogliono conservare a qualunque costo sono indecifrabili alla povera gente la cui massima aspirazione è vivere in pace e libertà e per le quali, spesso, sentono che sono i motivi giusti per combattere.

La nostra bella Terra avrebbe da sfamare tutti i suoi abitanti e com’è scritto nella prima Costituzione democratica della Storia moderna potrebbe assicurare uguaglianza, libertà, benessere generale e ad ognuno un’opportunità di perseguire la propria felicità.

Termino queste mie divagazioni con una citazione in cui si parla dei Romani, voi potete sostituire ai Romani chi volete.  È il discorso che Tacito mette in bocca a Calgaco, condottiero dei Britanni, ne “La vita di Agricola”:

“Rapinatori del mondo, i Romani, dopo aver tutto devastato, non avendo più terre da saccheggiare, vanno a frugare anche il mare; avidi se il nemico è ricco, smaniosi di dominio se è povero; tali da non essere saziati né dall’Oriente né dall’Occidente, sono gli unici che bramano con pari veemenza di possedere tutto e ricchezze e miseria. Rubare, rapinare, massacrare, questo essi con falso nome chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, dicono di aver portato la pace”.

Gli dei ci aiutino e ispirino buona volontà e prudenza.

ANNA LUISA CONTU

*A residential building destroyed by shelling in Borodyanka on March 3. (Reuters Photo)