IL TEATRO TRA VERITÀ E DENUNCIA: MARIO TRICAMO – 10. Drammaturgia: qui si recita la realtà

di GIULIA MASSARELLI ♦

La realtà è sempre più emozionante e drammatica di qualsiasi astrazione.

Mario Tricamo

Si sa che il teatro è finto, ma non esiste se non è vero.

Caterina Casini

Ci vuole coraggio per raccontare storie di ingiustizie e a Mario Tricamo il coraggio non è mai mancato. Ci vuole passione per stare sul palcoscenico e convinzione per mettere in atto una rivoluzione, culturale prima che politica, che possa partire dalle mura di un teatro per poi contaminare la società. Il teatro, per l’artista messinese, diviene una vera e propria rivoluzione di verità e coscienza.

Prima di parlare del teatro di Mario Tricamo, però, è d’uopo soffermarsi sul concetto di verità.

Il fine del teatro politico – che coincide con il fine delle sue varianti – è la ricerca della verità attraverso la conoscenza della realtà. Verità e realtà sono due concetti strettamente legati, proprio come politica e arte.

Infatti, come abbiamo potuto notare, la verità nel teatro di Bertolt Brecht risiede nell’adeguare l’arte alla realtà della sua epoca; più precisamente nel far coincidere e quindi condizionare l’attività teatrale a seconda delle vicende politiche in atto. Allo stesso modo, l’arte, non può evitare di esercitare in campo politico la propria influenza. Senza ombra di dubbio, il teatro, in ogni tempo e in ogni circostanza, possiede un carattere politico.

Politica e arte sono strettamente legati al contesto storico e vanno inseriti in una realtà specifica, conosciuta. Allo stesso modo, la realtà incontra la verità solo se contestualizzata, isolata e analizzata.

Il teatro, e l’arte in generale, è la culla, un contenitore-trousse di verità, così come la politica è la realtà che ognuno di noi vede, percepisce secondo la propria esperienza.

Quello che lega, il fil rouge tra politica e arte, realtà e verità, è la conoscenza, la comprensione: ci si avvicina all’arte e alla verità, proprio attraverso la comprensione della realtà sensibile, del quotidiano, della politica intesa come rappresentazione della polis.

Soffermarsi e concentrarsi sulla ricerca della verità è un modo per chiedere giustizia. Dunque, il teatro diventa uno strumento aperto a tutti per giungere a ciò che a pochi è dato sapere, come nella concezione di Artaud in cui il mondo è malato e il teatro è lo strumento per una possibile guarigione.

Infatti, è dal dolore e dalla sofferenza che si pretende la verità. Il dolore è il dato di fronte al quale si prendono decisioni, quindi si pone la verità in relazione al dolore.

Nella storia della filosofia il concetto di verità è stato molto discusso, a partire dal filosofo greco Parmenide, il quale considerava la verità come l’assolutamente innegabile, indubitabile, indiscutibile, nel senso che nessuno e mai poteva cambiare il senso della verità.

Anche quando oggi si crede che non esista più una sola verità – il concetto della verità è molteplice e internamente conflittuale – si riferirà a quel senso che la verità ha avuto all’inizio, cioè la verità come assoluta innegabilità, incontrovertibilità.

Per verità molteplice si intende dire che esistono i fatti – realtà, e la loro interpretazione – verità. Il punto è che ogni uomo pensante può avere una propria interpretazione dei fatti, una propria verità, ciò non vuol dire che sia l’unica; dunque ci possono essere tante verità quante sono le interpretazioni.

In merito a ciò possiamo far riferimento ai depistaggi e alle azioni di cover up: creare tante interpretazioni per addivenire a realtà diverse e raggiungere i propri scopi.
Un esempio attuale lo abbiamo con le fake news: i fatti vengono artefattamente costruiti per arrivare a propinare realtà diverse, sempre utili agli scopi di chi depista. È da qui che nasce la necessità – come nel caso del drammaturgo siciliano – di procedere con un lavoro certosino di raccogliere tutti i fatti, tutti gli avvenimenti conosciuti e cercare di interpretarli per giungere a conclusioni, sempre frutto di interpretazione.
Il fine ultimo, comunque, è sempre sapere che cosa si vuole dimostrare e in base a quali principi etici e morali si vuole agire. Per quanto complesso e difficile possa essere, è auspicabile tentare di raggiungere il significato ultimo, l’essenza dei fatti.

Mario Tricamo e l’Associazione Trousse desideravano sostanzialmente affermare principi etici e morali di civiltà e di convivenza solidale contro ogni illecita sopraffazione. Una posizione certo ideale ma che si fondava su una ricerca effettiva della verità nascosta nelle pieghe della realtà.

È proprio l’importanza della ricerca della verità che ci fa capire l’urgenza di dar vita ad un teatro di denuncia, come quello portato in scena dall’Associazione Trousse.

Nella sua peculiarità, il teatro del drammaturgo messinese faceva nomi e cognomi, sostenendo ipotesi e fatti di azioni innominabili compiuti da personaggi spesso collusi con apparati dello Stato. Per questo è stato un teatro scomodo, malvisto da chi deteneva il potere; è qui che avvertiamo degli elementi significativi del teatro di Mario Tricamo: la militanza della verità, il coraggio di dire chi è stato, di fare ipotesi, di argomentare, di scavare solchi e divaricazioni.

Mario, dunque, ha sostenuto quelli che sono alcuni dei compiti fondamentali della cultura, del teatro e dell’arte in generale: incalzare chi ha il potere, combattere per una società migliore.

GIULIA MASSARELLI                                                                                                               (continua)