PER ANNA RITA SCHIAVI-UNA TESTIMONIANZA

Un mese fa scompariva Anna Rita Schiavi, una delle voci storiche del giornalismo civitavecchiese, personaggio molto conosciuto e apprezzato non solo nella sua città, grande amica del nostro blog. Nella ricorrenza riceviamo e volentieri pubblichiamo una testimonianza di Silvia Mobili.

di SILVIA MOBILI

Cara Anna Rita, se chiudo gli occhi la prima immagine che mi viene in mente è il tuo sorriso. Mi ricordo quando sono entrata in redazione: ero una giovanissima studentessa universitaria che amava scrivere. Mi hai guardato e mi hai dato una possibilità, hai capito che c’era qualcosa in me, mi hai dato fiducia. Eri una donna a capo di una redazione importante, quella de Il Tempo di Civitavecchia; eravamo negli anni Novanta, altro che gender – gap, come si dice oggi. Quanta diffidenza hai dovuto combattere, quanta invidia e, immagino anche, prepotenza da parte di alcuni colleghi uomini. Hai messo su una squadra di redattori, hai scelto chi avere accanto, ci hai guidato per lungo tempo, hai preso scelte coraggiose. Ho conservato il mio primo articolo, era su San Lorenzo, avevo chiesto ai civitavecchiesi quale sarebbe stato il loro desiderio se avessero visto una stella cadente. Te lo proposi, me lo hai letto, mi hai dato dei suggerimenti e l’ho visto pubblicato. Da lì la mia avventura con te. Una donna capo servizio Giorni vissuti accanto, fatti anche di arrabbiature quando, ad esempio, confrontavamo le nostre pagine con quelle dei “concorrenti” e ci mancava qualche notizia. Ti accigliavi, ma durava poco perché poi ci spronavi a fare meglio. Tutto quello che so sullo scrivere un articolo lo devo a te, ai tuoi insegnamenti. È difficile spiegare, a chi non la vive quotidianamente, cosa sia la vita di una redazione locale, soprattutto di molti anni fa quando Internet non esisteva. Dovevi andare a cercare le notizie, avere una rete di “informatori”, diciamo così. E poi avere pazienza, rimanere fuori per ore; subentrava a volte anche la frustrazione quando non riuscivi nel tuo obiettivo. Mi hai insegnato anche a gestire queste situazioni. Una pazienza che poi veniva premiata perché poi quei fogli vuoti si riempivano come se fosse un miracolo e il giornale era fatto! La soddisfazione, il giorno dopo, di vederlo tutti insieme, chiacchierare, prenderci il caffè sulla tua scrivania. E poi ancora di nuovo, avere idee, cercare notizie, confrontarci. Mi hai insegnato che la curiosità è tutto, ma anche il rispetto delle persone e le emozioni. E queste caratteristiche, cara Anna Rita, le ho sempre mantenute perché mi “hai educato” così. So quanto tu fossi orgogliosa di me, del mio percorso. Qualche mese fa in un post su Facebook in cui si chiedeva quale persona – professionalmente – avesse contato nella vita di ciascuno di noi ho messo solo due nomi, uno di questi era il tuo. E lo hai letto, mi hai messo un cuoricino. Mi spiace non avertelo detto a voce. Se ci fossimo parlate ti avrei detto che sei stata importante non solo per il mio lavoro ma anche umanamente. Cara Anna Rita, il tuo sorriso non mi mancherà perché lo rivedo in tua figlia, la tua Federica che ho conosciuto che era una bimba ed ora una splendida donna: quanto eri orgogliosa di lei, quanto ancora lo sarai. Vedo la sua determinazione che era la tua, la sua apertura al mondo e il tuo stesso modo di afferrare la vita. Ti chiedo scusa per non averti mai parlato di tutte queste cose e soprattutto per non averti detto: ti voglio bene. Ci si accorge sempre dopo che è una frase che andrebbe ripetuta di più guardandosi negli occhi. I tuoi saranno sempre nel mio cuore, sono quelli che mi hanno accolto in redazione, che mi hanno dato un’opportunità: una fortuna non da tutti. Non so dove sei ora ma quel luogo è sicuramente illuminato come il tuo cuore. Grazie Anna Rita.

SILVIA MOBILI