“LE PROMESSE DELL’EQUINOZIO” DI CARLO ALBERTO FALZETTI – L’INCONTRO

di CARLO ALBERTO FALZETTI

L’incontro fu come il caso volle.  Almeno così pensavo all’inizio.

Il supermercato della Scaglia era affollato perché tanta gente come me aveva necessità di comprare.  Il Natale era alle porte.

Lei era dall’altra parte del banco delle verdure.

Gli occhi ispezionavano i prodotti esposti mentre  la  mano aperta  sorvolava con rapidità indugiando in taluni momenti  su qualche angolo del banco.

Perché io la riconobbi?

Eppure nulla del suo modo di vestire, della sua statura, dei suoi capelli, nulla mi poteva ricondurre immediatamente a lei.

Eppure io la riconobbi. Il caso?

Avvertivo  così  intensamente la sua presenza  da disturbare la sua concentrazione. Alzò lo sguardo.

Come una nebbia che si dirada fa apparire lentamente le cose prima celate, così  i nostri volti cominciarono a ad essere riconoscibili. Un leggero impalpabile sorriso confermò quel riconoscimento. Di getto lei iniziò a parlare:

“Il tempo potremmo misurarlo nella quantità dei nipotini? Vuoi provare?

Hai così stentato nel riconoscermi?  Non mi sembra questione tanto garbata verso una signora, non credi?

Quanti anni sono passati? Una cinquantina, più o meno.”

Seguirono le mie parole. Non ricordo i contenuti, rammento  solo un  palpito che le accompagnava. Mentre parlavo immagini di sottofondo stavano  per prendere consistenza : le fastose volute del tendaggio teatrale si aprivano facendo apparire una scena  sul tempo perduto.

Come d’incanto i miei occhi riuscivano a togliere tempo dal volto che mi era di fronte.  I capelli si ravvivano di un intenso colore d’oro. L’incarnato si rivestiva di un tenue rosa sottilmente cosparso di piccoli fascinosi astri color nocciola che costellavano fitti le sue gote. Il lento lavorio di appassimento che il tempo, spietatamente aveva operato, cedeva il passo al bagliore improvviso. Il languido sguardo si tramutava nuovamente in quel seducente asilo nel quale tanti anni prima avevo trovato riparo. Le labbra si aprivano con voluttuosa seduzione verso di me facendo intravedere i denti simili a piccole perle. Mi sussurrò con cenno di dolore:

“Perché,  facesti ingresso nella mia vita? Rimembri il giorno, l’attimo, il luogo?”

A quelle parole la scena iniziò ad essere sempre più chiara.

Vedevo nitidamente la piscina. Avevamo da poco terminata la partita. Lei sulla gradinata. Di corsa vado a vestirmi. Ritorno e lei è sparita. No! E’ solo scesa dalla gradinata. Sono di fronte a lei. Il primo contatto. E, poi ecco il viale con il treno  che sbuffa. Attraversiamo, raggiungiamo il passaggio a livello dopo la polizia ferroviaria, il ponte sulla ferrovia, il Pincio, la panchina, la sera estiva che lentamente si adagia sul giorno. Una scena inizialmente opaca si ravvivava sempre più luminescente.  Lei riusciva a  vedere e vivere  le mie stesse immagini . Capii questo perché  accompagnava con sorrisi più caldi le scene più intense. Ad un tratto esclamò:  

“L’aurora della vita poteva avere un corso differente per noi due. Ma tu, tu hai voluto altrimenti .Al tramonto s’invola la nostalgia?Non ti sembra un po’ tardi?”

Perché il caso aveva architettato tutto questo?Tumultuosi  fuoriuscivano i miei interrogativi. La sera prima avevo  percorso quella stessa strada. Ero partito dal Pirgo, costeggiata la piscina, attraversato il viale, fiancheggiato il passaggio a livello, passato il ponte, entrato nel Pincio. Un percorso usuale, anonimo.

Eppure avevo percorso quel tratto e l’indomani ero stato scosso da un istinto improvviso nel riconoscere lei in una serie di movimenti del tutto naturali. Perché lei si era annunciata in quel tratto di strada? Che cosa collegava i due eventi? Che cosa stava accadendo? Perché il giorno dopo dovevo incontrare lei? Perché quella terribile stravaganza della trasfigurazione del volto? Una semplice fascinosa casualità? Era allucinazione, parto di una improvvisa vivida immaginazione in un luogo decisamente assurdo come un supermercato natalizio? Quale infermità, quale deliquio mi stava avvolgendo così violentemente?

“Tu pensi al caso. Eppure tutto sembra essere così predeterminato. Pensi al caso solo perché ti sfugge l’intreccio delle cause. Un percorso per te insignificante al momento ha risvegliato un fatto sprofondato nell’oblio Ma vivo.

Carlo, quale ospite inquietante porti con te, giorno dopo giorno, passo dopo passo!

Non puoi sfuggire alla necessità, non lo puoi Mio antico smarrito amico.”

Terminate queste parole, in lei i colori della vita luminescente iniziarono a spegnersi. Il tempo riprese le opere temporaneamente sospese ed il volto riapparve come doveva essere.

Ci salutammo  e scomparve come una fugace ombra tra la folla del supermercato.

I giorni seguenti  una indicibile follia si era impossessata di me. Pensavo  a quella predeterminazione che lei aveva accennato e che distruggeva il dominio del caso. Doveva esistere un filo sottile che univa il mio percorso innocente del giorno prima all’incontro nel supermercato ed alla improvvisa trasfigurazione. L’ allucinazione, la terribile reviviscenza quale  messaggio mi stavano comunicando? Le ore successive aggravarono il mio turbamento. Temevo qualcosa ma non riuscivo a dominare con la ragione l’accaduto.

I giorni seguenti furono tempestati dalle Presto si Temevo ciò che faceva rabbrividire il mio animo ma, anelavo sapere. Anelavo osare. Dovevo, anche a costo di essere colpito a morte.

E la mia brama fu appagata, terribilmente, lucidamente soddisfatta.

Un amico al quale avevo accennato l’incontro mi riferì sconcertato ciò che temevo.

Licia era defunta due anni prima all’età di 72 anni!

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Jung ed il fisico Pauli ebbero incontri sull’argomento della sincronicità. Psicologia del profondo e fisica quantistica. Spesso la nostra esistenza è costellata di apparenti casualità. Il caso che diviene causa. Il mondo dell’infinitamente piccolo ha molto da dire al mondo della nostra psiche .Ma avremo tempo di approfondire.

O, forse, no!