IL TEATRO TRA VERITÀ E DENUNCIA: MARIO TRICAMO – 1. PREMESSA

di GIULIA MASSARELLI

 

Più volte mi è stato chiesto il motivo per cui ho scelto di scrivere su Mario Tricamo, uomo dalla forte coscienza civile e drammaturgo impegnato alla ricerca della verità. Il motivo è che sono sempre stata attratta dal teatro, dal suo essere effimero quanto reale, dal modo in cui, in questo luogo-contenitore, sogno e verità si fondono per divenire una cosa sola, inscindibile.

Ho conosciuto Mario Tricamo casualmente, una sera d’estate al fianco della nipote, Gloria, che lo stava commemorando; il sorriso con cui ne parlava, le lacrime con le quali ripensava ai momenti insieme, a quello che lui ha fatto – per la famiglia, per Civitavecchia e per il suo teatro di denuncia – hanno profondamente colpito la mia attenzione e immaginazione. È da quel momento che ho deciso e pensato di approfondire, perché c’era qualcosa da dire o meglio di non detto su quest’uomo.

Non è mai stato scritto nulla sul drammaturgo messinese di nascita, né dell’Associazione Trousse, gruppo teatrale di Mario con sede a Roma.

Non è mai stato scritto nulla, se non moltitudini di recensioni, interviste e articoli che accompagnavano i suoi spettacoli; ed è da questi che sono partita, da quello che i giornalisti hanno visto e percepito dalle performance di Mario Tricamo, le emozioni suscitate, i significati reconditi. Ho percorso a ritroso il viaggio teatrale del regista messinese, analizzando i suoi documenti e tutto il materiale reperito, proprio come lui faceva con i fatti di cronaca, per il suo teatro di denuncia.

Drammaturgo della verità, chiunque lo ricordi ne parla come una persona coraggiosa, determinata e fermamente convinta delle proprie idee. Ed è questa convinzione che lo ha spinto ad andare sempre oltre, superare gli ostacoli, parlare e scrivere là dove era preferibile tacere.

Credo che la vita di Mario Tricamo, scivolata via senza far troppo rumore, ma lasciando una traccia, un solco profondo nella memoria dei familiari e di chi lo ha conosciuto, debba essere riconosciuta.

Mario è stato un testimone e interprete della realtà a cui non bastava conoscere la verità, ma sentiva il bisogno di trasmetterla. Grazie alla sua vocazione di scrittore e più precisamente di intellettuale impegnato, il drammaturgo messinese si è servito del teatro, come strumento per arrivare alle persone: lui conosceva la verità e la comunicava mostrando documenti reali, inconfutabili.

Questa consapevolezza fa pensare a Pier Paolo Pasolini che trovò la sua più iconica rappresentazione nella celebre dichiarazione “Io so” con cui denuncia un’intera classe politica sfidandola a fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi. Pagine sulle stragi, sulla strategia della tensione, sugli anni caldi del terrorismo di Stato, ma soprattutto sul diritto di sapere tutta la verità del potere.

Pasolini intendeva rimarcare come i giornalisti e i politici probabilmente avevano delle prove o, almeno, degli indizi, ma non facevano nomi. Dunque, il fare i nomi, provare a fare chiarezza, era competenza di chi non solo aveva il necessario coraggio, ma non era compromesso nella pratica col potere, e inoltre non aveva, per definizione, niente da perdere: ovvero un intellettuale. Quindi, un intellettuale, con il suo potenziale coraggio, poteva dire la verità e fare pubblicamente quei nomi.

L’obiettivo, dunque, è usare l’arte a fini civili, con nomi e cognomi, atti dei processi.

Ed è quello che Mario Tricamo e l’Associazione Trousse fanno con il teatro di denuncia, il quale si impone agli spettatori come espressione di un teatro che si vuol fare portavoce di istanze civili e politiche, che vuole diventare protagonista attivo della crescita morale e civile del nostro Paese.

Gli spettacoli di Tricamo sono un montaggio del reale, raccoglie gli elementi della realtà e li assembra in uno spettacolo; dunque compie un’operazione di montaggio e interpretazione. Fa in modo che gli avvenimenti rappresentati possano condurre lo spettatore lungo l’azione fino al disvelamento finale. Il drammaturgo siciliano raccoglie i frammenti delle testimonianze, degli accadimenti (un omicidio, un aereo che cade, un avvistamento inusuale) riportati dalla cronaca e li ricompone in un puzzle innovativo diretto alla denuncia sociale, alla ricerca della verità, alla conquista dell’innocenza. In questo tipo di teatro, per quanto la ricostruzione dei personaggi e degli avvenimenti si basava sulle testimonianze, gli atti e fotografie, interveniva l’immaginazione, che non vuol dire invenzione. Infatti, nulla era inventato, tutto era supportato da conoscenze accertate. L’immaginazione era l’ausilio creativo per ricostruire un’atmosfera, un personaggio, un confronto/scontro, pur sempre basato su informazioni ben documentate. Ciò non significa che il drammaturgo non si sia lasciato andare al sentimento, allo stupore; infatti, nei suoi lavori, le liriche avevano un compito molto importante. Servivano a concedere spazio alla compartecipazione emotiva. Erano un contrappasso poetico all’incalzare dei fatti, un commento onirico e reale alle gesta dei personaggi. Tutte le pièce di Mario Tricamo e dell’Associazione Trousse, oltre a denunciare e ricercare la verità, servono a fare memoria, ma anche a istruire. Prima di cadere nell’oblio, c’è chi non dimentica e il teatro e l’arte in generale ha il diritto di non fermarsi. Conoscere la storia è necessario, per riflettere e prendere una posizione: la storia non permette di essere fuori o dentro di essa, la storia è ovunque e qualsiasi scelta, anche la scelta di non scegliere, ha le sue conseguenze e la influenza. Ed è per questo motivo che ancora oggi c’è necessità di un teatro come quello di Mario Tricamo, un teatro politico, di denuncia, che parli di fatti reali, che provi a fare luce sulla verità e che porti a riflettere, prendere una posizione.

Il regista messinese reputava che il teatro non poteva essere puro divertimento, ma doveva essere svelamento, politicamente impegnato, cioè essere un teatro inserito all’interno dei movimenti e problemi della società. Dunque, un teatro utile che doveva insegnare, vivere, propagandare una verità.

Il teatro, come tutte le forme d’arte, deve essere la coscienza critica della società.

GIULIA MASSARELLI                                                                                              (continua)

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Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il costante supporto della famiglia Tricamo, la pazienza e la disponibilità del direttore dell’Associazione Trousse Giorgio Granito, dell’attrice Caterina Casini e dell’ex sindaco di Civitavecchia Fabrizio Barbaranelli che fin da subito ha accolto con entusiasmo la ricerca.