“LA CITTA’ INVISIBILE” a cura di ROSAMARIA SORGE – Cityslow
di ROSAMARIA SORGE ♦
Da molti anni ormai la velocità è l’indice del successo, del resto risale a Marinetti e al futurismo il concetto di velocità come parametro positivo per valutare una città, il suo dinamismo e il suo movimento. Le città sono propulsive e reattive, pronte ad assimilare ogni cambiamento possibile che ne migliori le prestazioni, come una macchina che deve rendere al massimo anche se a tutto questo, noi che dentro alle città ci viviamo, paghiamo un tributo altissimo in termini di stress e salute.
Oggi si fa strada un concetto diametralmente opposto con un nome che ne riassume il significato: Cityslow, città lente per una vita migliore.
Il movimento Cityslow nasce in Italia all’interno del movimento dello Slow food e in qualche modo ne rappresenta la giusta conseguenza, possiamo sintetizzare la sua principale peculiarità nel concetto di “ben vivere” con riferimento alla qualità ambientale, alle risorse gastronomiche e nuove tecnologie applicate al benessere, quindi potremmo dire che le Cityslow sono una derivazione delle Smartcity di cui in altri articoli ho già parlato.
A questo movimento possono aderire solo piccole città che devono adottare le linee guida dello Slow food e devono garantire politiche ambientali rivolte alla salvaguardia dell’ambiente naturale, una rete infrastrutturale efficiente ma ecocompatibile, lo sviluppo dei prodotti artigianali e gastronomici del territorio, una rete alberghiera significativa, zone attrezzate di sosta con verde e panchine, l’istituzione di aree pedonali, il recupero dei centri storici nel rispetto delle condizioni originali.
In Italia sono circa 80 le città che hanno aderito alla Cityslow e sono tutti città che si distinguono per la loro bellezza, per dei centri storici recuperati, le loro opere d’arte e le loro botteghe sempre aperte, nonché per una ristorazione di qualità.
Uno dei requisiti che viene richiesto è la dimensione in relazione al numero degli abitanti che non deve superare le 50.000 unità ma molte grandi città hanno aggirato l’ostacolo proponendo una Cityslow dei quartieri. Nelle nostre vicinanze Tolfa è inserita nel circuito delle Cityslow e ne fanno parte Positano, Orvieto, Todi, Cortona, Gravina in Puglia, Capalbio, Amalfi e anche Amelia con cui Civitavecchia ha un legame che passa attraverso la Santa Patrona.
Il movimento nato a Milano ha avuto una espansione internazionale e oltre la vecchia Europa ha raggiunto anche gli Stati uniti dove tra le Cityslow troviamo Sonoma, città californiana non lontana dalla Napa Valley e come questa centro famoso per la produzione enologica. Troviamo Cityslow in tutta Europa, Turchia compresa ma anche in Australia e Nuova Zelanda e perfino in Sud Africa.
A questo punto ci chiediamo cosa mancherebbe a Civitavecchia per fare la domanda di adesione alle Cityslow. Per quanto riguarda il numero degli abitanti superiamo di pochissimo i 50.000 abitanti ( 51.466 a maggio 2021 ) e forse potremmo invocare una eccezione ma se questo ostacolo forse potrebbe essere superato, al raggiungimento del traguardo mancano molte altre cose.
Riaprire ogni volta il cahiers de doleance diventa nel tempo sempre più che penoso, direi fastidioso ed inutile perché nonostante si levi da ogni angolo un grido di dolore, la realtà cittadina non cambia.
La politica è sicuramente tra le maggiori indiziate del reato, e le occasioni perdute non si contano. Chi aveva i numeri reali per modificare le cose ha sprecato questa straordinaria vittoria pagando il prezzo dell’inesperienza. La città a conti fatti invece di progredire, fosse pure di poco, ha fatto colossali passi indietro e tolti alcuni interventi privati a carico di alcuni esercizi commerciali con quel minimo di arredo urbano visibile d’estate e a Natale e finalizzati a favorire acquisti e spese, il resto langue in uno stato di desolante abbandono.
Inoltre ci sarebbe anche da valutare fino a che punto i cittadini possono considerarsi pronti a questo salto di passo; le città sono anche specchio non solo politico ma anche percettivo dei suoi abitanti e da queste parti non c’è da stare tanto allegri ovunque tu voglia volgere lo sguardo; scarsa coesione su fatti e situazioni che meriterebbero precise prese di posizione collettiva come il problema energetico, lo stesso per il ruolo del porto che non è in sintonia con lo sviluppo della città, il problema ambientale, la lotta al degrado urbano rappresentato da una mancanza di cura, marmi divelti, verde inesistente o mal curato, sporcizia, asfalto delle strade con buche dappertutto, sanpietrini staccati o posti in opera in maniera errata, recinzioni e parapetti arrugginiti, panchine rotte e cotte dal sole, cestini per la spazzatura stracolmi come spesso anche le campane del vetro, un sistema di raccolta della differenziata che va rivista per il centro specie in estate, poche zone pedonali ,un sistema di trasporto urbano per niente efficiente, molte zone sottoutilizzate e molti piccoli spazi abbandonati, mancanza di parcheggi a cui fa da contrappunto una sosta selvaggia anche in quelle zone che dovrebbero essere chiuse al traffico, il tutto accompagnato spesso da urla e schiamazzi come se fosse l’unico modo per divertirsi.
Riassumendo, la possibilità per questa città di fare un salto di qualità non è attualmente da ritenere una cosa concreta, quindi quella di inserimento in un circuito Cityslow piuttosto remoto: le nostre ali, come quelle di Icaro si sono ormai sciolte al sole.
Ehhh.. già, pensare che Civitavecchia possa intraprendere un percorso virtuoso sembra qualcosa di particolarmente utopico. Dovremmo auspicarci una certa continuità amministrativa per immaginare un reale progresso. Una continuità capace di recepire istanze e perseguire obiettivi. Nel frattempo possiamo però farci parte attiva e propositiva, vediamo come.
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L’anonimo è Luciano Damiani 🙂
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Grazie Rosamaria.
Perchè è utopia a Civitavecchia?
Non è questione di strutture.
Non questione di politici ed amministratori.
E’ questione di componente sociale.
E’ questione di cittadinanza.
Di relazioni interpersonali, di senso civico, di identità con il luogo.
Venerdì prossimo vorrei risponderti con un esempio tratto dalla nostra recente storia. Non sarò io a parlare ma farò parlare chi di dovere.
Penso che quello che diranno possa avere a che fare con il tuo argomento. Anzi ne è una condizione permissiva.
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scusami, Rosamaria. Non questo venerdì ma quello successivo!!!
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Ogni contributo che possa smentire questo mio pessimismo è ben accetto ma direi che ho anche messo in risalto come il problema principale sia legato alla mancanza di capitale sociale tipico di questa città
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Carissima Rosamaria, accolgo in pieno questo tuo pessimismo, non dettato da ubbie femminili del primo mattino, ma da una realistica e professionale disamina dello stato urbanistico, sociale e politico d questa città, con un capitale sociale proprio di piccoli gruppi privilegiati che, avidi, si avvantaggiano del proprio potere esludendone tutti gli altri. Il tuo è un manifesto chiaro di ciò che, fin dalla ricostruzione, non è stato attuato. Anche chi vorrebbe essere propositivo, ormai si arrende
La massa non è resiliente, non è inclusiva, non accoglie capi funzionali o capi carismatici, non vi è nemmeno anarchia, ma solo una melma di ovvietà e compromessi per tirare a campare e male. Non avremo mai un poeta come Thomas Eliot, che possa scrivere La terra desolata. Paola
Angeloni.
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Inizio d’anno alla grande!! L’alternativa della cityslow realizzata in alcuni centri d’interesse artistico-culturale è da considerarsi obbligatoria! Civitavecchia dovrebbe esaltare un profilo alternativo a quello esclusivamente portuale, mercantile e di città di transito turistico ma, visto che parlate di identità del luogo, credo che manchi alla città – da sempre-proprio questa autopercezione.. I gruppi “benpensanti” (guai definirli élites!) dovrebbero adoperarsi per l’attribuzione del suo genius loci a questa “last land”! Come fa ad essere desolata una località che ha in dote quel mare celeste..? O lo vedo solo io con occhi nostalgici?
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Il lato umanistico e postmoderno dell’architetto Rosamaria le ha consigliato di richiamare Le città invisibili di Italo Calvino, perché ci sono città del desiderio, nate dai nostri desideri soggettivi!
Così è per Chicchi (Caterina), che vede CV come se fosse Despina tra le città invisibili, Despina cambia forma in base ai desideri di ciascuno. Caterina, Despina risponde ai tuoi bisogni di vedere alla Lega Navale, al borgo Odescalchi, al Pirgo, un mare azzurro e incontaminato, ma non è più così! Alla Marina razzolano i topi, vige il divieto di balneazione, la Frasca stenta a divenire parco archeologico ed ambientale, non è immaginabile la bonifica delle scorie delle centrali e dell’ex cementifcio. Cara, la tua Civitavecchia, come denuncia Rosamaria è Despina! Paola
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Non potevi cogliere meglio il nocciolo della questione
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Il pessimismo è senza dubbio lo stato d’animo che suscita la serie di constatazioni che tu hai fatto, Rosamaria, che tutti facciamo, che deriva da ciò che vediamo. Certo, non solo a Civitavecchia… Manca il senso del bene comune, la cura dei beni comuni, forse anche quel “comune sentire” che un tempo era appunto comune, intendo a tutti, non ad una parte.
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