Ancora sull’AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA
di ANNA LUISA CONTU ♦
Dispiace che il mio articolo sull’autonomia Differenziata sia passato quasi indifferente tra gli amici di Spazio Libero Blog e che i pochi commenti si siano fermati sulla questione meridionale, che io non avevo toccato. In realtà l’autonomia regionale Differenziata è questione nazionale, anzi LA questione nazionale.
> Riprendo brevemente come nasce tutta questa faccenda, quando le tre regioni del nord Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, regioni a statuto ordinario, in base all’art. 116, comma 3 come modificato dalla legge costituzionale del 2001, chiedono il trasferimento di fondamentali funzioni dello Stato in quasi tutte le materie previste dall’art.117. Oltre al passaggio di funzioni amministrative e legislative riguardanti la scuola, la sanità, l’ambiente, le infrastrutture, la cultura, la ricerca scientifica, il lavoro ecc, le regioni chiedono di trattenere i 9/10 delle tasse e dei tributi raccolti in quei territori che saranno spesi per migliorare i servizi dei cittadini che vi risiedono e solo loro.
> Le richieste di ulteriori competenze e funzioni non risultano motivate da differenze regionali significative o specificità culturali, più che altro si insegue la Lega sul suo terreno. I governi Gentiloni e Conte I erano quasi riusciti a realizzare l’Autonomia Regionale Differenziata attraverso le Intese con le tre regioni richiedenti e dare avvio a quel sistema di devoluzione cui la Lega aveva lavorato dopo la sciocchezza della secessione, nel silenzio dell’opinione pubblica e dell’espropriazione del Parlamento. Fortunatamente quel disegno portato avanti dalla ministra delegata, la leghista Stefani, non andò in porto. Il governo Conte II delegò il ministro Boccia che presentò una legge quadro, mai discussa. Ora il governo Draghi ha inserito l’attuazione dell’Autonomia Differenziata nel Nadef ( nota di aggiornamento di Economia e Finanza) e la ministra per gli Affari Regionali Gelmini ha annunciato un nuovo disegno di legge in materia.
Nella legge di bilancio 2022 gli articoli 43/44/45/179 fanno riferimento ai LEP ( livelli essenziali delle prestazioni) che, in modo generico, stabiliscono gli obiettivi e i costi medi dei servizi. In questo modo si crea l’illusione che lo Stato ripartisca le risorse secondo il principio di solidarietà, previsto dall’art. 2 della Costituzione, poiché nel testo è assente ogni riferimento al fondo di perequazione. Senza le risorse per riequilibrare la spesa storica tra le varie aree del paese, continueranno gli squilibri e le differenze tra le regioni. Se poi passasse l’AUTONOMIA DIFFERENZIATA e la proposta del Veneto di trattenere il 90% delle tasse e dei tributi pagate dai cittadini residenti nelle regioni richiedenti l’autonomia (secondo lo studio di Giannola/Stornaiuolo pubblicato sul numero 1/2 della Rivista Economica del Mezzogiorno) mancherebbero 190 miliardi al bilancio dello Stato, risorse tolte al resto dei cittadini italiani non residenti in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. Significherebbe meno ospedali, meno scuole, meno asili, meno servizi culturali, meno infrastrutture, meno ricerca per tutti gli altri cittadini che non risiedono nelle tre regioni.
È questa l’autonomia e il decentramento dello Stato previsto dall’art. 5 della Costituzione che vogliamo? Ma l’articolo 5 stabilisce che la Repubblica é “una e indivisibile “ e tutto l’impianto costruito dai padri e le madri Costituenti poggia sul principio di uguaglianza e solidarietà tra i cittadini.
Mi piacerebbe che intorno a questo argomento, che seguo da qualche anno, mossa dal pericolo della regionalizzazione della Scuola della Repubblica, si creasse maggiore consapevolezza e impegno, prescindendo dalle appartenenze politiche.
ANNA LUISA CONTU
Argomento di grande importanza e ci ritroveremo divisi quando sarà impossibile correre ai ripari
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Cara Anna Luisa, mi permetto di dire che e’ inutile affermare che il mezzogiorno poco c’entra!!
Per mezzogiorno dobbiamo intendere anche una certa parte del centro.
La “differenziata”è proposta allo scopo di non avere solidarietà da parte delle aree ricche rispetto a quelle meno dotate. E’ un provvedimento egoistico contrario al dettato costituzionale. I rilievi fatti nel tuo precedente articolo ponevano in chiara evidenza che la “questione meridionale” è alla base di tutto questo.
Quello che si diceva era banalmente semplice: il nord storicamente ha creato sviluppo anche attraverso l’energia del sud; non si è mai tentato di risolvere seriamente il divario; il sottosviluppo ha permesso l’espansione di un privato malavitoso che endemicamente covava da tempo; il nord postosi come agente provocatore del sottosviluppo ora tende a staccarsi finanziariamente da quell’area che ha costretto a non far emergere.
Stiamo di fronte a questioni strutturali di lungo periodo. Si può certo impedire che si approvino leggi egoistiche che frantumano l’unità del Paese. Ma rimarranno irrisolti i problemi che motivano quelle scelte.
Il nord si sente defraudato, il nord produce perchè ha l’energia per farlo e sente di dover sostenere chi rimane indietro. Il nord percepisce che chi rimane indietro lo fa per sue endemica negligenza ed inerzia e perchè esiste malavita. Una percezione sbagliata, certo, ma esiste!
Il sud avverte che quella percezione sia ingiusta perchè tanti sono stati gli sforzi per reagire con estremo coraggio contro la malavita. Il sud percepisce che il pensiero nordico sia ingiusto perchè esiste lo spirito imprenditoriale ma esso spirito deve agire attraverso carenze strutturali gravissime risalenti a decenni e decenni di trascuratezza dovuta al nord.
Come si possono risolvere queste percezioni così inserite nell’immaginario collettivo?
Il nord invoca un principio base quello della “sussidiarietà”ovvero il locale deve agire laddove può, bloccando l’ingerenza dell’organo superiore. In questo caso lo Stato.
Dimentica il nord che il principio di sussidiarietà si coniuga con l’altro principio base della “solidarietà” . Quando i costituenti hanno agito era questo principio che doveva essere primario rispetto al primo. Era evidente, allora, il senso di colpa che ben conoscevano per una irrisolta “questione meridionale”!!
Che fare?
Certo bloccare l’egoismo e la frantumazione dell’unità nazionale, certo premettere la solidarietà alla sussidiarietà.
Ma poi?
Dissolvere il percepito non è compito facile e non lo si fa contrapponendo altro opposto percepito.
Rispondere sul tema richiede riflessione più meditata..
Io mi fermo, ma solo per il momento.
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Non sarei tanto sicuro che quella percezione sia del tutto sbagliata… e te lo dico da meridionale del tacco. C’è poi da considerare che il sud è quasi del tutto area agricola con tutte le differenze di sviluppo e crescita che esistono con i territori prevalentemente industriali. Ricordo, se non erro, che anche il nordest, finché è rimasto prevalentemente agricolo era “area depressa”.
Luciano Damiani
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Silvio Serangeli
Ho vissuto e partecipato alla vita collettiva del nord est depresso, del Delta del Po che aveva appena subito una devastante alluvione. Dalla miseria che ho toccato con mano nelle case dei miei alunni si è passati al benessere dei laboratori di confezioni, al turismo e alla coltivazione delle ostriche e dei peoci. È stato costruito un nuovo ponte sul Po. Quando sono tornato in uno dei miei periodici viaggi della memoria sono rimasto stupito del cambiamento. È solo una testimonianza che riguarda il comune di Porto Tolle e il mio tanto amato villaggio di Scardovari. Mi piacerebbe avere le stesse notizie della Calabria, tanto per parlare di malgoverno e nefandezze.
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Le pretese separatiste e federaliste della Lega riemergeranno con forza dopo la pausa pandemica (ricordo quanto furono forti durante il secondo governo Conte) e rappresentano un vulnus endemico del nostro Stato. Un potenziale esplosivo per la sua unità nazionale percepita e agita. Tremo solo all’idea di cosa accadrebbe al mondo dell’Istruzione se si realizzasse l’ambita autonomia del Nord!! Ma è anche vero, come nota Luciano, che il sud deve nutrire, coltivare a fondo il proprio senso civico e unitario piuttosto che arroccarsi su posizioni reclamanti sussidi regolarmente dispersi in malagestione e politica criminosa. Non è Napoli il regno dell’anarchia. A settembre ero in tour per la Sicilia, dichiarata proprio allora zona gialla, e solo noi romani indossavamo le mascherine d’obbligo all’aperto,comprese le forze dell’ordine. C’è davvero tanto lavoro da fare dentro la realtà culturale e sociale del meridione,dentro la sua coscienza e senso di appartenenza allo Stato..
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L’appello di AnnaLuisa Contu, motivato da una documentazione precisa inoppugnabile, merita di essere raccolto da quanti credono che la democrazia vive finché vive l’aspirazione al progresso e all’uguaglianza dei cittadini. Mi permetto di proporre che la nascente Associazione promuova sul tema una prima iniziativa pubblica importante e forte, tanto più che – a parer mio inspiegabilmente – Civitavecchia ha eletto al vertice dell’amministrazione proprio quelle forze che sostengono la cosiddetta Autonomia Differenziata. Trattasi davvero di una annunciata svolta costituzionale, pericolosa per il futuro di una democrazia fragile qual è la nostra.
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