ALMANACCO CIVITAVECCHIESE DI ENRICO CIANCARINI – Il Dante marinaro di padre Alberto
di ENRICO CIANCARINI ♦
“Nel mezzo del cammin di nostra vita. Nella umana vita non sono che due soli estremi: il temporale, e l’eterno; e non v’ha tra loro altro mezzo che la Morte. Questo concetto risponde a tutto il fraseggio dantesco, peripatetico e biblico. Così comincia il cantico funebre: Ego dixi in dimidio dierum meorum, vadam ad portas Inferi; così risponde la celebre antifona quaresimale: Media vita in morte sumus. Dunque a monte le lunghe baie dei trentacinque anni: perché dagli estremi e dal mezzo della nostra vita, deriva un solo concetto, che il pensiero della Morte conduce il Poeta ai tre regni dell’altro mondo”.
È l’inusuale commento al primo verso della Divina Commedia che padre Alberto Guglielmotti inserisce nel suo Vocabolario marino e militare edito nel 1889 da Carlo Voghera, “Tipografo delle LL.MM. il Re e la Regina” alla voce “mezzo”.
Per celebrare anche sulle pagine dell’Almanacco civitavecchiese il settimo centenario dalla morte di Dante, rivolgiamo la nostra attenzione a quell’appassionato studioso del Poeta, nativo della nostra Città, che fu padre Alberto Guglielmotti, che ebbe per lui una sconfinata venerazione e sempre ne fece oggetto di un intenso e continuo studio.
Il padre della lingua italiana, è oggetto di una breve voce in cui Guglielmotti, dall’alto della sua dottrina, avverte gli studiosi che il lessico della Divina Commedia annovera diverse analogie e similitudini con quello in uso fra le genti di mare:
“Dante. Nome dell’altissimo Poeta che per necessità qui si registra, al fine di avvertire i commentatori che le più difficili delle sue locuzioni possono essere spiegate dai marinari, cominciando dall’istesso Cognome suo. – ALIGHIERO”.
A padre Alberto preme sottolineare che lo stesso cognome del Poeta fa riferimento a “quello spuntone, che adoperano i marinari, fornito di ferro ottuso in cima, con una o due alette uncinate, per uso di afferrare o respingere checchessia”. Oggi noi diciamo “mezzomarinaro”.
Fra le principali fonti d’ispirazione utilizzate per la compilazione del suo Vocabolario, il padre domenicano colloca la figura di Dante, scrittore “marinaro”. Nel redigere alcune voci il padre domenicano utilizza e cita versi tratti dai canti della Divina Commedia in cui rivive il tipico e rievocativo linguaggio proprio dei marinai e dei pescatori delle coste italiane che, forse, Dante conobbe ed apprezzò nei sui vagabondaggi negli anni dell’esilio lontano dall’amata Firenze.
Nella scheda di padre Alberto, inserita nel Dizionario Biografico della Treccani, curata dallo storico militare Piero Crociani (2004), si pone in luce il suo obiettivo di “rimettere in fiore le voci e le frasi del linguaggio marino e militare usato a Roma, a Pisa, a Livorno e per tutta la penisola, onorata e non piccola parte del nostro patrimonio artistico e letterario“. Il Guglielmotti si prefiggeva, inoltre,
di liberarsi “dalla miseria e dalla vergogna di andare adottando pel mondo voci e frasi o servili o straniere o inutili“. Auspicio purtroppo disatteso ai giorni nostri in cui la nostra lingua è signoreggiata dagli anglicismi!
Nel 1871 padre Alberto è ammesso come socio corrispondente dall’Accademia della Crusca, l’istituzione fiorentina e nazionale che ancora oggi presiede la difesa della lingua italiana. Nell’archivio dell’Accademia si possono rintracciare le cospicue corrispondenze intercorse fra il Guglielmotti e gli altri accademici che erano incaricati di redigere la nuova edizione del famoso Vocabolario della Crusca. Sono molti nell’opera del domenicano i rimandi alle diverse edizioni del dizionario dell’Accademia, la cui prima versione fu stampata nel 1612.
L’editore Voghera, nella pubblicità del Vocabolario che apparve su alcune riviste specializzate di quel periodo, giustamente sottolinea l’influenza che l’opera del civitavecchiese ebbe sugli studi lessicali degli accademici di Firenze:
“Gli accademici della Crusca, informati come il padre Guglielmotti avesse ultimato il suo Vocabolario marino e militare, rallentarono, quasi sospesero, la pubblicazione del loro vocabolario della lingua italiana, e chiesero i fogli del primo, man mano che venivano stampati, per potersi valere dell’autorità e della ricchezza di quello nel secondo”.
Il principale biografo del Guglielmotti, il padre domenicano Innocenzo Taurisano, ricorda l’amore assoluto che il confratello nutriva per Dante e la sua Commedia con un aneddoto:
“Il Card. Bilio, barnabita, assiduo studioso di Dante, spesso, nel fare la passeggiata verso S. Agnese, incontrava il P. Guglielmotti. Volendo mettere a prova la memoria del domenicano, recitava un verso del Poeta, e … il P. Alberto seguitava sempre tutto il canto”. Taurisano prosegue affermando che il frate per Dante “aveva un culto speciale, e lo commentava con vedute nuove e spesso … originali; basti guardare il Vocabolario Marino – Militare”.
Nell’Antologia del Mare (1913) Taurisano inserisce il brano Cristoforo Colombo e Dante tratto dalla Storia della marina pontificia. Per Guglielmotti Cristoforo Colombo scopre le Americhe “secondo il presagio di Dante” e “fedele interprete delle antiche tradizioni di Omero … introduce Ulisse e … la materia delle navigazioni di scoperta”. Il padre domenicano assicura che:
“Ulisse e Dante insieme mettono per principio che gli uomini di alta semenza non devono vivere alla greppia come i bruti, ma per fatti di scienza e di virtù levarsi a scoprire cogli occhi propri che havvi di gente e di rimanente nel mondo non ancor conosciuto”.
Pochi mesi fa ho acquistato un opuscolo scritto da tale Franco Ballerini, autore di varie pubblicazioni relative alla vita culturale di Roma alla fine del XIX secolo ma di cui ho trovato ben poche note biografiche, intitolato Alberto Guglielmotti. Ricordi, lettere, aneddoti ed aforismi pubblicato nel 1894, l’anno successivo alla morte del frate civitavecchiese, a Roma dalla Tipografia Cooperativa Romana”. Sulla semplice copertina spiccano alcuni versi danteschi tratti dal VI canto del Paradiso:
“E se il mondo sapesse il cor ch’egli ebbe/ Assai lo loda, e più lo loderebbe”.
Lodi che l’autore dissemina nelle trentadue pagine del volumetto. Nel secondo paragrafo mette in parallelo la Commedia e il Vocabolario, in entrambi, afferma “si descrive a fondo tutto l’universo”.
Prosegue con il parziale elenco delle voci in cui il Guglielmotti cita Dante, circa una trentina; il dato assoluto, salvo errori, ottenuto grazie alle odierne nuove tecnologie, è che padre Alberto cita Dante settantasette volte nelle 2017 colonnine che formano il Vocabolario.
Franco Ballerini si dimostra un entusiasta ed informato partigiano del frate civitavecchiese e della sua grandiosa opera, tanto da proclamare che “nel Vocabolario ce n’è per tutti: per gli astronomi, per i fisici, per i matematici, per gli architetti, pei filosofi, pei marinari, per i militari, per i filologi, per gl’idraulici, e anche per i commentatori dell’altissimo poeta”.
È consapevole che i “glossatori dell’inarrivabile Poema” non saranno sempre d’accordo con le “ardite” interpretazioni del padre domenicano. Chiede però che queste siano oggetto di discussione e conclude: “sono certo, che chi veglia tuttodì sui versi adamantini del gran padre Alighieri, troverà forse parecchio da discutere, ma anche molto da accettare, nel grande Vocabolario del compianto Domenicano”.
Nel marzo 1899 la Rivista Marittima, organo della Marina militare italiana, pubblica l’articolo La marina nella Divina Commedia cui è autore l’insegnante dell’Accademia navale di Livorno Francesco Corazzini, patriota risorgimentale, storico e filologo.
Negli anni trascorsi all’Accademia navale, Corazzini pubblica una Storia della marina militare italiana antica e un Atlante della marina militare italiana, in due parti, l’antica e quella dal VI al XIX secolo, più un Vocabolario nautico, con le voci corrispondenti in francese, spagnolo, portoghese, latino, greco, inglese e tedesco, compilato su commissione del ministero della Regia Marina, in sette volumi (dalla sua scheda nel DBI della Treccani curata da Paolo Petroni). Nel 1892 stampa a Catania il saggio Inquisizione sul vocabolario marino e militare di P.M. Alberto Guglielmotti che non abbiamo potuto leggere.
Nel suo articolo sulla Divina Commedia Corazzini utilizza alcuni considerazioni tratte dal Vocabolario del Guglielmotti. Il domenicano nel suo lemma “galeotto” cita due volte Dante: “2° in buon senso, come di rematore, nocchiero, e pilota fu talvolta usato dai classici, e specialmente da Dante, che tale chiamò l’Angelo guidatore di spiriti eletti sopra vassello snelletto e leggiero per le acque del Purgatorio, II, 27: Allor che ben conobbe il Galeotto/ Gridò: Fa, fa, che le ginocchia cali”.
Corazzini sostiene che “il Guglielmotti prese in quest’ultimo significato il nome di galeotto (Gallehault), mezzano agli amori tra Ginevra e Lancillotto, accennato da Dante nel V dell’Inferno, come il libro aveva, presso loro, fatta la stessa parte del Gallehault. In questo passo, in conclusione, galeotto non deriva da galera, ma da Gallehault”. Questi è un protagonista del ciclo arturiano.
Guglielmotti come quarto significato della parola “galeotto” annota che “dicesi per Uomo malvagio e tristo, anzi meritevole della galera; come espose l’istesso Dante all’Inferno, V, 137: Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse”.
Galeotto è il mio articolo, un abbozzato tentativo di rivalutare la figura del padre maestro Alberto Guglielmotti che meriterebbe che la sua città gli dedichi un ciclo di studi affinchè non sia sconfessata la profezia che pronunciò Guido Baccelli a Torino, dopo un incontro casuale con il frate, quando affermò che:
“Noi tutti saremo presto dimenticati, ma IL SUO NOME NON MORRA’!”
A conclusione, voglio dedicare questo breve e galeotto saggio alla professoressa Nanda Bramucci, che al Liceo “Padre Alberto Guglielmotti”, memoria civitavecchiese dello studioso, cercò d’inculcarci l’amore per la Divina Commedia.
Grazie.
ENRICO CIANCARINI
Un bellissimo cameo di un dantista a noi tutti caro..Mi commuove la dedica a Nanda, amata sorella di Sandro, mio compagno di scuola e di studi, amico affettuosissimo fino ai suoi ultimi giorni. Un altro fratello per me, anche lui perduto troppo presto.
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