“CRONACHE DALLA TERRA DI MEZZO” A CURA DI PIERO ALESSI – Lo Sviluppo di Civitavecchia sembra quasi una leggenda.
di ANTONIO COZZOLINO ♦
Lo Sviluppo di Civitavecchia sembra quasi una leggenda, una chimera che si insegue da tempo immemore. Qualcosa che “vorrei ma non posso”.
Perché?
Il problema, a parer mio, sta nella gestione dell’industrializzazione della città come unica possibilità di sviluppo imprenditoriale e lavorativo almeno fino all’inizio degli anni 2000 (da quel momento in poi la possibilità di lavorare e fare impresa si spostarono anche in ambito portuale, ambito che fino a quel momento prevedeva unicamente l’implementazione della continuità territoriale a norma di legge).
La gestione dell’industria a Civitavecchia è sempre stata nelle mani di un solo attore: Enel. L’azienda, fino ad un recentissimo presente, era di Stato e quindi governata con logiche para-politiche più che imprenditoriali. Questo ha portato i dirigenti, nel corso degli anni, ad instaurare rapporti di “controllo” con la politica cittadina che prevedevano l’elargizione di posti di lavoro controllabili e del finanziamento di uno specifico indotto, in cambio della possibilità di fare politica controllando pacchetti di voti collegati e, forse ancora peggio, la possibilità di spendere ben al di là di quanto previsto dal buon senso che vorrebbe un amministratore pubblico ad impegnare le casse comunali, per i cittadini e la città, per quanto i cittadini stessi devono pagare in termini di contributo all’erario.
Questo modo di fare ha avuto due effetti: quello di creare una classe politica forgiata nella subalternità alle logiche di cui sopra e, di conseguenza, quello di costruire una sottostrato culturale di dipendenza da quelle logiche. La convinzione quindi che ha Civitavecchia si possa lavorare e fare impresa, con una certa serenità per il futuro, solo nell’ambito della produzione di energia elettrica.
Questa convinzione a cui la politica si è aggrappata per autoreferenziarsi e a cui la cittadinanza ha deciso di sottostare per poter, in soldoni, vivere in serenità, ha creato una dinamica difficile da abbattere e delle conseguenze sul tessuto culturale e sociale che, dopo quasi vent’anni dalla comparsa “dell’alternativa portuale”, sono restie a scomparire.
Civitavecchia ha una posizione invidiabile per poter diventare un polo centrale per il Paese nell’ambito del crocierismo, della logistica, dell’industria portuale e dei servizi collegati a questi enormi attrattori economici. Però non sembra ancora essere pronta una classe politica e dirigenziale in grado di sfruttare queste possibilità. Una classe politica in grado di rappresentare queste nuove istanze accettando il fatto che, non prevedendo un unico interlocutore che segue logiche della politica stessa, si andrebbe a sviluppare un tessuto economico (e di conseguenza sociale) inevitabilmente non controllabile con le solite e tristi dinamiche che hanno portato alla situazione che viviamo oggi e dal quale sarà complicato affrancarsi per almeno altri 10 anni.
La questione quindi diventa: come costruiamo una nuova classe dirigente? Come si fa a dare ai giovani della città la possibilità di crearsi un percorso di crescita intellettuale diverso da quello in cui la generazione matura è cresciuta?
Secondo me la città ha una speranza di vedere una nuova classe dirigente solo costruendole un substrato culturale diverso. Una città in cui si possa studiare anche per fare lavori diversi da quelli che oggi sono, nell’immaginario collettivo, quelli che puoi fare a Civitavecchia. Una città in cui possa crescere una generazione a cui viene data la possibilità di studiare, anche oltre la scuola dell’obbligo nella propria città, attivando quel mutuo scambio tra comunità studentesca/intellettuale e comunità autoctona che da sempre rappresenta fa la fortuna, anche e soprattutto in termini di crescita intellettuale, di città che hanno molte meno potenzialità di Civitavecchia. Una città in cui l’imprenditoria venga attratta ad investire e non messa in fuga da una vulgata ahimè spesso vicino alla realtà. Una città in cui si riesca finalmente a dare servizi degni di questo nome e che i suoi abitanti imparino ad amare e rispettare.
Ovviamente è solo una parte del lavoro ma unito all’emancipazione della classe dirigente dalle logiche “enel”, alla vera valorizzazione di un patrimonio culturale e artistico di assoluto valore (aque tauri, le terme, il porto di columna, il forte Michelangelo per citarne alcuni) potrebbe rappresentare la consolidazione di una nuova Cultura Civitavecchiese; una cultura formata su una pluralità di opportunità, una cultura finalmente fondata sul merito e non più sulla conoscenza (nel senso di rapporti personali) ma sulla ricchezza della diversità.
Insomma su un futuro che è nostro obbligo, immaginare e costruire diverso dal presente che viviamo.
ANTONIO COZZOLINO
Intanto buon Natale ai lettori di questo articolo.. 🙂
A parer mio occorre che chi ha il ruolo sociale di istruire la società cambi modo di essere, per dirla chiaramente il ruolo di informare la società è a carico, in primis, alla politica e quindi ai partiti, se questi non cambiano modo di essere difficilmente vedremo un “nuovo progresso”. É certo che anche la cosiddetta società civile ha il suo ruolo nei mutamenti sociali, ma la guida penso sia assolutamente in capo alla politica, dal che la “società civile” poco può fare senza la guida illuminata ed illuminante della politica. Purtroppo mi pare che questa sia ancora troppo occupata nelle questioni del potere.
Luciano Damiani
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assolutamente d’accordo
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