“SALUTI & BACI” DI SILVIO SERANGELI – 5 – La Sambuca Molinari
di SILVIO SERANGELI ♦
In queste pagine spumeggianti, adrenaliniche e riflessive che fanno tanto bene al cuore e alla salute mentale, in queste pagine da un po’ si discetta sul sesso degli angeli: la zuppa di pesce, la sua ricetta originale e via discorrendo. Ho già espresso in un mio commento che per molti Cv la zuppa, come del resto la minestra di pesce con gli spaghetti spezzati, fa parte della cucina famigliare. Poi sono arrivati i romani a renderla famosa, al punto che, fino a qualche anno fa, alcuni colleghi di Roma mi chiedevano se c’era ancora il Gobbo. In alcune immagini del Sorpasso, con Gassman mattatore nella trattoria sul porto, c’è la sintesi di questo mito, sbiadito dal tempo. Degli altri prodotti tipici si parla nella loro stagione: i biscottini, le ciambellette, le fave da morto, la pizza di Pasqua. Negli anni, passando dai forni di casa a quelli delle pasticcerie anche loro hanno perso alcune peculiarità originali. Ma va bene così. Si evolvono i gusti e i palati e queste bontà si apparentano sempre di più ad altre simili di aree limitrofe, perdendo lo smalto dell’orgoglio patrio. Di questo per fortuna, con una lungimiranza unica in questa terra, si occupa da 75 anni la famiglia Molinari. La Sambuca famosa nel mondo è l’unico vero vanto di Cv., e a pieno diritto. Non ci sono imitazioni che reggano, la nostra sambuca «è senza pari, occhio all’etichetta!» Per le origini di questo liquore non sto a farla lunga e rimando al mio Il console Stendahl e la “petite ville” di Civitavecchia (p. 57). L’evoluzione del marchio la trovi nelle bottiglie. Prima quelle con l’ovale sopra l’etichetta con impresso nel vetro “Molinari Civitavecchia” e al centro la quercia di Leandro. Per diversi anni l’etichetta reca la scritta “Tipo esportazione/ Premiata Distilleria Molinari/ Civitavecchia”. Il grande successo internazionale fa scomparire prima la quercia poi la scritta Civitavecchia. Col tempo la bottiglia simbolo si snellisce, fino a diventare, in occasione del 75° anniversario, un’opera d’arte moderna. Mi riferisco alla coloratissima Sambuca, realizzata da Olimpia Zagnoli, un’artista famosa per il suo stile inconfondibile, ironico e minimalista. Eh, sì ne ha fatta di strada il sor Angelo Molinari con la proverbiale paglietta che oltre alla Sambuca produceva di tutto.
Fra le etichette d’epoca che mi regalò in uno dei nostri incontri la “signorina” Mafalda, nella casa storica di via Santa Barbara, 2, sopra il negozio, ho ritrovato un “liquore della Rocca” con le rondini che fanno corona all’antica Rocca , un “liquore da dessert Benevento” con tanto di fatina, che ricorda lo Strega, e poi “Anice”, “Rhum fantasia”, “Mistrà” “Punch” “Tre Stelle”, fino ai vari gusti per “Bagna per pasticceria” e agli sciroppi. Fra questi “cimeli” dai disegni accattivanti, conservo gelosamente l’ovetto di plastica, ancora sigillato, del mitico, ineguagliabile “Moliovo” , sicuramente superiore al più celebre “Vov” perché prodotto con uova fresche. E si sente! Sono più recenti il “Molidry” e la “Sambuca al caffè”.
La grande intelligenza imprenditoriale del sor Angelo e di tutta la famiglia ha dato lo slancio decisivo a quella che poteva rimanere una piccola industria a carattere locale, e poco più. I continui viaggi nella Roma della dolce vita con le scatole con le bottiglie di sambuca al seguito, la proposta, il convincimento ai baristi ai gestori di ristoranti e trattorie ha segnato la svolta. Arrivarono le paparazzate di personaggi famosi con la Sambuca “on the roks” o con la mosca: chicchi di caffè, sempre in numero dispari per scaramanzia. Una favola bella con questo bonario padre padrone, dichiaratamente di destra, attorniato dai suoi entusiasti lavoranti militanti comunisti con in testa Mario Villotti. E lui li premia, quasi li vezzeggia, e se li porta in gita con pullman fantozziano al “Festival degli sconosciuti ad Ariccia” o al ristorante panoramico “il Fungo” all’Eur. A sugellare il successo ci sono i “caroselli” con personaggi come Paolo Stoppa e Lina Morelli, Carlo Giuffré, Walter Chiari, Adriano Panatta, Sidney Rome, fino all’allenatore Mourinho, il predicatore nel deserto pallonaro giallorosso, di cui si sente solo l’accento inconfondibile. Il più recente spot, modernissimo, si basa sul concetto degli “italiani esagerati” in tutto con il sorriso finale della bellissima ragazzona straniera seduta al bar all’aperto con gli amici che sentenzia : «Per questo vi amiamo» con un bicchiere di Sambuca con ghiaccioli e l’inconfondibile bottiglia. La Sambuca cresce e dal 1975 lascia Civitavecchia per il nuovo stabilimento di Colfelice nel frusinate, ben visibile dall’autostrada.
Dai tempi del complessino con mascotte sul carro allegorico alla Festa del Fiore di santa Marinella con il motivetto “La Sambuca Molinari è Sambuca senza pari…”, alle luminarie natalizie in via Cencelle, si è giunti all’industria internazionale che produce 10 milioni di bottiglie e le esporta in 80 paesi, sempre legata ad una famiglia e alla sua terra. E sempre con estrema, encomiabile riservatezza, senza mai vantarsi del successo e della propria prodigalità, di cui rimane un esempio la “signorina”, schiva e minimalista. La famiglia Molinari per la città ha significato “L’atletica Molinari”, il sostegno economico a tante manifestazioni, e l’attuale Fondazione con i rilevanti finanziamenti alla sanità pubblica e all’ospedale San Paolo. E dunque, cari amici vicini e lontani, con la zuppa di pesce e non, con e senza i biscottini e compagnia cantando, vi dico che un sorsetto di sambuca a fine pasto, con l’inconfondibile unico aroma dell’anice stellato, ti rifà la bocca, profuma il palato, manda in estasi le papille gustative e ti apre lo stomaco. «Occhio all’etichetta!»
SILVIO SERANGELI
Ho dovuto promettere a mio figlio in Germania di non fargli mai mancare la Sambuca extra….. 🙂 con buona pace delle biscuttine e della pizza di Pasqua.
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Caro Silvio, sono legato da forte amicizia con Antonio Molinari e la sua famiglia, sono anche io un fan del Moliovo, ma non posso dimenticare che in un locale di proprietà dei miei -e con mio nonno socio- si produceva la più antica sambuca di Civitavecchia, la Manzi ovviamente, che nel tuo articolo piacevolissimo non ha meritato neppure una citazione. Lodato sia Molinari, ma non dimentichiamo “il maestro” Manzi.
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“Apo’ lui”….
Se sei di Civitavecchia bevi la Molinari, antica ricetta Manzi.
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Silvio Serangeli
Risposta a Paola e Ettore. Poiché i “saluti e baci” hanno una loro impostazione che non è necessariamente enciclopedica, ho rimandato alla pagina del mio libro per dire che la sambuca viene da Napoli e da un lavorante di Manzi (siamo ancora nell’Ottocento). E quindi non è una ricetta originale del suddetto. Nessuno sgarbo quindi fra tante leggende metropolitane sulla sambuca che è stata Manzi e perfino FAMA. All’epoca ho dedicato tre diverse puntate di TRC Album, in tempi e con impostazioni diversi, una in particolare con Carletto De Paolis dove c’è tutta la storia della sambuca, Manzi compreso. E la ricetta Molinari non è l’antica ricetta Manzi, più vicina al Mistrà, basta sentirne il gusto diverso. E questo lo so perché anche se non siamo bevitori accanto alla Molinari c’è la bottiglia Manzi. Lasciamo da parte apo’ lu, se la famiglia Molinari non lo avesse ignorato non avrebbe creato la sambuca più famosa nel mondo e sarebbe rimasta una piccola distilleria, destinata a fallire.
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