“SALUTI & BACI” DI SILVIO SERANGELI – 4 – CARTOLINE
di SILVIO SERANGELI ♦
Il sorridente aviatorino con cagnolino al seguito che fa da apripista a questa rubrica è una cartolina spedita il 18 ottobre 1940, per me forse la più cara perché unica e rara ed è quella che ho pagato tante di quelle lire di allora da non rivelarne l’importo anche sotto tortura perché verrebbe giudicato di pura follia. Ma questo è il prezzo con relativi silenzi di chi raccoglie e colleziona. La particolarità della cartolina sta nella pancia dell’aeroplanino che nasconde una finestrella che si apre e da cui, facendo molta attenzione, fuoriesce una specie di lunga fisarmonica di piccole immagini in bianco e nero delle più belle vedute della Cv dell’epoca. Nella mia raccolta ho anche alcuni albumetti molto eleganti che contengono una scelta di immagini fotografiche, le migliori per qualità.
La macchina del tempo mi porta in questi giorni, a ottant’anni di distanza, a confrontare le microscopiche cartoline volanti con quelle che Port Mobility pone all’attenzione, non solo cittadina, con la settima edizione del suo concorso. Niente a che vedere con le minuscole immagini un po’ stinte e stampate su carta povera che il nostro aviatorino sorridente sbandiera nei cieli. Quello attuale è un altro mondo, dai colori stupefacenti, dai giochi di luci ed ombre, dagli effetti speciali ricavati attraverso i programmi del computer. Sono tante piccole opere d’arte di cultori e appassionati di fotografia che per la maggior parte conosco e stimo per la loro passione. Come nelle precedenti edizioni ne uscirà un’immagine forte e accattivante della città. Del resto lo scopo promozionale di questa iniziativa appare chiaro. Ma è lecito chiedersi se questa sia la città vera.
La mia lunga esperienza di immagini, cartoline, filmati di Cv mi porta a dire che esistono due livelli che a volte si compensano, sono complementari, più spesso vanno riletti nel loro messaggio subliminare. Mi spiego: proprio attraverso l’attento spoglio della mia raccolta di cartoline sotto la scorza apparente sono andato a cercare e ho raccontato nelle serie televisive, la vita pulsante della città. Mi si diceva e si continua a dire della bellissima Cv prima dei bombardamenti. Tutto vero? Non è che questo giudizio corrispondeva agli anni comunque felici della propria gioventù? Del resto per la mia generazione rimane spensierata la verde stagione fra le macerie, camera e cucina e gabinetto, fetta di pane con olio e sale. E dunque le cartoline, le immagini anteguerra, spesso ricostruite ad arte dal fotografo professionista che piazza il variegato mondo umano, miseria e nobiltà, sullo sfondo del porto e dà una mancia ai ragazzini che si tuffano nelle putride acque alla Calata. Ma poi vai a vedere, osservi con gli occhi del disincanto, e scopri che quello che viene chiamata la skyline, la linea dell’orizzonte, la veduta architettonica dei palazzi e della case che si affacciavano sul porto potrebbe essere paragonata a una bocca sdentata, a un su e giù infinito di costruzioni scomposte e senza stile. Alcune rare vedute, fotografate dall’alto della torre della Rocca, confermano questa accozzaglia di sovra elevazioni, di aggiunte con lo sputo. E poi il porto rimasto vecchio con l’Arsenale del Bernini, tanto decantato, allora cadente con alcune arcate murate, il resto ridotto a disordinato magazzino di cianfrusaglie, come documentato alcuni particolari delle cartoline. Gli stessi che, ad un occhio attento, emergono per il mitico cuore di piazza Leandra con le facciate duramente provate dal tempo. È una chiave di lettura, nessun giudizio volutamente denigratorio: quella era la città e quella appariva nei particolari delle cartoline. Tanto amata da chi ci viveva. Ma esse contengono un altro importante dato: la storia personale di chi le spediva e di chi le riceveva. Soprattutto nel primo Novecento le cartoline erano utilizzate come una lettera breve: si scrive perfino sull’immagine e nel retro il testo non ci si ferma ai “saluti e baci”. Era una posta celere che per CV significava molti messaggi di viaggiatori giunti in porto dalla Sardegna. Una tappa di passaggio e una città di caserme con relative, periodiche cartoline di militari alle famiglie. Funzionari di stato, ufficiali ponevano una freccia sulla finestra della loro pensione o della loro camera ammobiliata.
Magari qualche stendaliano di passaggio indicava l’abitazione del console a palazzo Palomba. E questa realtà è vissuta a lungo, passando al colore degli Anni Cinquanta fino ai Settanta, quando c’erano ancora pochi telefoni e si comunicava con le lunghe lettere e, appunto, le cartoline con i saluti dai luoghi di villeggiatura, di qualche viaggetto. Credo che molti abbiano da qualche parte, magari in una scatola di scarpe o come segnalibro, questi bei ricordi che, accanto allo svolazzo dei nomi, ci fanno tornare alla memoria date e luoghi. Ora non è più così. Ti fai un selfie con il magico cellulare con i nasoni in primo piano e il solito sorriso di circostanza, lo sfondo viene come viene. Ma quale Nikon F, il colore superlativo dei 64 asa Kodak, l’obiettivo 50 millimetri per il ritratto e il mitico 135 millimetri Nikkor che faticavi ad imbracciare con la incomparabile nitidezza della messa a fuoco manuale e reale! Tempi moderni: non impieghi un briciolo della tua inventiva e dell’annessa intelligenza, tanto quella specie di sogliola chiamata cellulare fa tutto lei. Mia nipotina, che non ha compiuto i tre anni, quando le è permesso, scatta a mitraglia. Rimarranno queste nuove, coloratissime cartoline? La domanda ha forse qualche importanza in questa realtà usa e getta?
SILVIO SERANGELI
Molto bello, grazie! Io dico che la tua domanda è importante, eccome..
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Firmo il commento: Ernesto Berretti
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Pensiamo poco di quello che resterà di noi … fotografie a migliaia custodite in una nuvola che potrebbe dissolversi senza la conoscenza della password giusta o semplicemente perché cambiano le tecnologie. E i file nei pc, troppi perché qualcuno abbia voglia di leggerli, al più scorreranno il titolo per buttarli: questo di mamma non ci interessa…
Io che non ho nessuna città in cui riconoscermi, avendo girovagato fino all’approdo a Roma, invidio voi che avete un’appartenenza, spesso da più generazioni , e cercate di conservarne la memoria.
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Il dopoguerra, quello degli anni sessanta soprattutto, ha dato inizio a una ricostruzione senza un vero piano regolatore che ha fatto ulteriore scempio di una città profondamente ferita. Ecco perché quelle cartoline ci inducono alla nostalgia retrò e al rimpianto indiscriminato per quell’aspetto urbanistico. La cartolina è una vera chicca e vale il prezzo, a tuo dire spropositato, che ti è costata. Il valore memoriale privato e quello storico ne fanno una vera “chicca”..
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‘Non voler prendere’ è un’espressione dello Zen, ma come si fa a praticarla? Sono una persona dipendente, bulimica nel cibo e negli affetti, ‘animista’ nei confronti del ‘broccolo’
della Pima Strada, vivo di numi tutelari e di Genius loci. Le foto di CV, che mando a me stessa stessa nei miei messaggi privati sono a migliaia. ‘Non voler prendere’, ma come si fa?
Grazie Silvio, con un ricordo di una ‘cartolina’ di Monaco di Baviera in gita scolastica e noi tutti per la prima volta in un pub.
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E’ un po’ il miracolo della memoria. Ciò che ritenevi brutto diventa bello nel ricordo. Silvio, rimembri ancor le nostra accademiche e forse sconclusionate chiacchierate passeggiando sotto il vento sferzante del viale, le partite rituali a biliardino e in sottofondo un’infinita noia? La città allora era nello stato più brutto della sua storia probabilmente, ma a vedere le cartoline degli anni sessanta una nostalgia feroce ci prende, non appunto per la città, ma per la giovinezza con i suoi giorni sia pur sprecati a bighellonare. Una grande, seducente impostura la memoria..
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Caro Silvio, per i lavori di ristrutturazione della casa dove sono nata, ho dovuto riordinare un solaio dove, come sempre avviene, venivano messe le cose che per il momento non servivano più. Ho trovato oggetti e tracce del passaggio di quattro generazioni, di uomini e donne che in qualche modo facevano parte di me anche se non li avevo mai incontrati di persona. Polvere, ragnatele, tante lettere e tantissime cartoline. Quanta vita dentro. Le giornate della prozia Gigina, piissima e artista insuperabile del pizzo a tombolo, ma inetta ai lavori di casa, in guerra contro un topolino che tagliava di sbieco il pavimento e spariva; le cartoline dalle vacanze di cognati che si davano del lei. E paesaggi che sono cambiati, alberi abbattuti e alberi cresciuti, case venute giù per la guerra e venute su perché c’era fretta di vivere. Ho conservato quanto più potevo. Ma è bello pensare che quando non ci saremo più qualcuno potrà amare queste piccole reliquie, comprandole magari sulle bancarelle, al valore di mercato, inestimabile, dei sogni.
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Silvio Serangeli
Caro Ettore mi tiri un colpo basso, che mi porta alla commozione che è una mia riservata abitudine di questi tempi. Mi capita spesso. Ci sarebbe tanto da raccontare: eravamo giovani e forti, ingenui e paesani. Nessuna nostalgia però. Eravamo. Ma quello che vive in questo Blog, che è una specie di passeggiata collettiva con relative chiacchiere e battute lungo le nostre “vasche” , le nostre “riunioni” tra amici di sempre, quello che vive in queste intense righe ci dice che siamo ancora giovani e forti, più di prima.
PS Mitico er Farzetti che da terzino al Pala sport, il nostro campetto di calcio a ridosso di Fiumaretta, toglie gli occhiali dalle spesse lenti per un rinvio di testa. Mitico!
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