AMARANTO SONO MA BELLA.
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Inebrianti sono i tuoi profumi per la fragranza, aroma che si spande è il tuo nome (Cantico).
Era una di quelle antiche bellezze che il presente ha ormai destinato all’oblio. Profumata, altezzosa, sfavillante, ricca di armonie e di attributi alquanto carnosi. Si avvertiva la sua presenza da lontano. Quando appariva il desiderio ti divorava i sensi. Un fremito intenso ti prendeva alla gola: dovevi farla tua, all’istante, senza indugio, prima che l’ardente calore svanisse e poi ancora indugiare….
No. Basta!
Anima mia vagula blandula meglio contenerti per esaltare più a lungo il piacere!
Attendi, dunque, che sia lo sguardo acuto ad avere la precedenza, su tutto. Pazienta e ed il godere si accrescerà.
Perciò avvicinala, indugia nel piacere, lievemente assapora le sue essenze, degusta le recondite ragioni della sua beltà e poi in un crescendo tumultuoso introitala pure in te, nel profondo di te, pelle su pelle, animo dentro animo….
Fermati, Carlo!
Placa l’attimo affannoso.
Va bene, ammetto che tutte queste descrizioni siano alquanto generiche, istantanee poco profonde. Ella merita altro. Certo, merita penetrare il mistero, svelare l’oscurità, scrutare i più segreti recessi.
Un fremito mi pervade, ma avanzo, ebbro di piacere, senza indugio nel descrivere l’intimo ascoso che nella frenesia del narrare ho tralasciato.
Ascolta, cuore che palpiti, quanto la fiamma d’amore si impossessa e tutto brucia senza requie. Senza requie. Senza requie. …
Innanzitutto, sopra tutto, prima di ogni altra cosa è la mazzumaja ad imporsi alla vostra attenzione. Con la stessa cura di quando vi preparate una minestra di pesce così dovete operare per costruire le fondamenta.
Mozzone, Canosa, Lappera, Lucerna, Micciio de re,Scorfanetti,Sparajòne,Verdone, Vopa, e tutto ciò che si può ottenere con lo Sciabbichèllo viene, in un soffritto d’aglio e peperoncino, insaporito e , poi, bollito e ribollito, schiacciato, tritato, oltraggiato, filtrato, ed il ristretto, infine, accolto in una tazza, fatto riposare, custodito, vegliato.
L’anima gentile di colei, la Zuppa, le cui beltà ho descritto innanzi è così uscita dalle mani del suo creatore!
Or dunque dedichiamo l’attenzione alla corporeità che rivestirà come una platonica cella quell’anima prigioniera.
Spetterà ancora ad un secondo soffritto accogliere l’entrata trionfale in pentola d’una Porpéssa alla quale seguiranno, folla plaudente, l’ingresso gioioso di alcuni agili Porpetti de paranza. Una parte del corpo, dunque, è stata plasmata e comincia ad assumere una forma. E’ l’ora di irrorare di sangue in quell’organismo aurorale.
Generoso sia il bicchiere di vino che verserete, genti di vera fede!
Sia pace a voi che spargete il bene fra le genti!
Lo sa il popolo, lo sa il villano, lo sa l’ Artusi che l’evaporazione è l’atto finale della vita del vino in pentola.
Al sangue segua il cuore palpitante: pomodoro, andante ma non troppo. E, per dar odore un ciuffo di erbetta e nulla più.
Ed ora si apra alla serie di pesci che appariranno nel piatto di portata e che costituiranno le forme attraenti immediate della sensualità provocante( il trionfale dell’Aida ben si presta alla bisogna).
Cappone, Scorfano, Coccio, qualche presenza di Sparnocchia adagiata in pose drammaticamente sconsolate. Irrorate il tutto con l’anima che avete gelosamente conservato e raggiungete le elevate temperature. Gli ultimi segmenti della corporeità fanno il loro ingresso. L’atto finale si avvicina. Sarago, Fraulino e simili completano l’intero corpo pulsante di un’anima irrequieta.
Ma è tutto? Proprio tutto? E che ne è, allora, dell’estetica che fa della femmina donna attraente e che rende il maschio desiderante?
Cozze, Vongole, Datteri: il colore, le penne variopinte, la chioma esuberante, il belletto erotico.
La creazione sembra ormai terminata.
Eppure, che sarebbe una zuppa senza quelle fette di pane fritto carezzate dall’aglio a profumarle?
Che sarebbe? Nulla più che un brodetto adriatico, nulla più di una minestra sbiadita, nulla più di una accozzaglia di pesci affogati in una poltiglia pomodorosa, nulla più che un maledetto cacciucco irriverente e concorrente!!
Ma, noi gente scaltra, sappiamo bene assestare quel colpo finale: la maliarda è ora qui, di fronte a noi ad inebriare con il suo fascino intenso, a soggiogare il nostro desiderio sempiterno di mare.
Ma, giunti all’epilogo, noi non possiamo , né dobbiamo, né vogliamo esentarci dal dovere di rispettare l’adveniente generazione asserendo e proclamando ex cathedra con ferma volontà che se qualcuno non professa secondo la formula qui trasmessa tenacemente seguendo perniciose deviazioni e, in particolare, non sostiene con anima e bocca la presenza assoluta dell’aglio in detta zuppa,
sia anatemizzato!! Anàthema sit!
Enrico provocò, io risposi,
impinguendo la riedizione.
Alla Moretta, all’Ideale, al Gobbo e a tanti altri. Alla fama che avevamo, un giorno. Al passato che non torna più, se non con copie svogliate, impasticciate, volgarizzate. A Carlo De Paolis grande cantore della nostra cultura maltrattata.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Che insolito Inno alla bellezza!! La zuppa di pesce che nei colori riecheggia una virgo preraffaelita e la dedica alle storiche depositare di una sapienza antica! Buongiorno Civitavecchia DOC!
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Grassa, untuosa, dolce, mediamente concentrata, leggermente consistente, direi che serve un vino morbido, mediamente acido, mediamente strutturato, mediamente complesso, il migliore?:Alezio rosato
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Che insolito Inno alla bellezza!! La zuppa di pesce che nei colori riecheggia una virgo preraffaelita e la dedica alle storiche depositarie di una sapienza antica! Buongiorno Civitavecchia DOC! Poi
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Frate Santo, la perniciosa eresia dei Cipollanti, ostinata e pervicace, continua a imperversare nel settentrione; fra cacciucchisti e brodettiani insiste nel proselitismo sciagurato. Invoco la formazione di una lega del mezzogiorno a respingere con gravi perdite le armate luciferine. A basso la cipolla, il porro e il malaugurante scalogno.
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Caro Carlo ti ringrazio del tuo intervento sulla zuppa di pesce che purtroppo la nostra città sta perdendo come tradizione culinaria. Per questo con un gruppo di amici abbiamo dato vita alla Confraternita dell’Antica Zuppa di Pesce civitavecchiese e delle tradizioni gastronomiche.
La tua è una orgogliosa dichiarazione da civitavecchiese doc, vero patriota di Civitavecchia, con illustri avi. Ho molto apprezzato la dedica all’amico Carlo De Paolis primo storico della “civitavecchiesità” di cui tu sei il cantore.
Io ho un’altra visione della zuppa di pesce, non la vedo solo civitavecchiese ma tipicamente mediterranea, frutto di quel “porto di mare” in cui si sono incrociate culture diverse e molte volte ostili fra loro. In una città in cui migliaia di galeotti di ogni parte d’Italia e centinaia di schiavi berberi hanno convissuto con pochi paesani, credo che la condivisione di usi e costumi sia stata obbligata.
La mia piccola ricerca sulla presenza degli schiavi nella Darsena ha come bussola questa visione della “civitavecchiesità”: un luogo in cui la mediterraneità la fa da padrona, dove pescatori napoletani, toscani e genovesi sfruttano le risorse del mare e si mischiano con i locali.
Ritengo che padre Alberto Guglielmotti con il Vocabolario marino e la Storia della Marina pontificia avesse questa visione del ruolo di Civitavecchia porto del Mediterraneo.
Perdonami ma io alla Civitavecchia DOC preferisco la Civitavecchia mediterranea ma forse le due cose si sovrappongono ed io non me ne sono accorto.
Un saluto.
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Accidenti Carlo! Volevo fare da tempo un elogio scritto su di un vegetale fritto della tradizione, vabbè.. Debbo dare in parte ragione al Ciancarini considerando che le due tesi sono sovrapponibili, sia per la presenza di mori divenuti cristiani e che hanno perduto il loro nome di origine (come testimonia Vitalini Sacconi), ma anche perché la popolazione era di origine(almeno nel lato plebeo) della zona campana, e non solo al Ghetto.
Squisita la zuppa di pesce, ben venga l’iniziativa di Enrico. Io mi lito a fare “Gli scampi al grade’😃 😃
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