“Saluti & baci” di Silvio Serangeli  – 1. Beata ignoranza.

di SILVIO SERANGELI ♦

Un film rivalutato solo di recente e restaurato nell’inconfondibile Ferrania color.

È “Noi cannibali” di Antonio Leonviola con Silvana Pampanini (Virginia) e Antonio Musolino (Aldo), girato completamente nella Cv dell’immediato dopoguerra, nel 1952. Scelgo tre sequenze: 1 Le suorine con gli abiti bianchi che sfilano lungo la riva del mare (che ritroveremo nelle parate felliniane); 2 i due personaggi su una barca in vista del litorale; 3 lui, il disoccupato che finalmente trova lavoro. Protagonista la  modernissima centrale di Fiumaretta che domina il panorama e che viene ripresa nel suo cuore: il nastro trasportatore del carbone. Queste immagini sono il simbolo concreto della ripresa, del lavoro in netto contrasto con il mondo della baraccopoli, che il regista non faticò a ricostruire a ridosso della darsena.

10,1[1]

La miseria e il sol dell’avvenire, quello vero che riluce negli articoli dei giornali degli Anni Cinquanta. Case popolari e lavoro. Sfoglio Il Messaggero e leggo della grande speranza che Cv ospiti «la centrale termonucleare del Lazio» (4 agosto 1957). Nello stesso periodo il quotidiano parla delle concrete possibilità che venga costruito un oleodotto da Palo a Cv. È questo il cambiamento che tutti sognano. Per il resto la città è rimasta in ginocchio dopo i bombardamenti. Manca l’acqua, la monnezza è protagonista un po’ dovunque, il Forte Michelangelo è da ristrutturare, l’area dell’Albergo delle Terme è un deserto sporco e polveroso. Ma quale turismo? L’Hotel delle Terme ha chiuso definitivamente la sua epoca, si fantastica del Pirgo e delle Terme in collina, del porto alla Punta del Pecoraro perché lo scalo è inadeguato. Si fantastica. Mettiamo una pietra sopra alla ferrovia Cv-Orte. Sulle pagine del Messaggero si sogna la camionabile per Terni. Brutte, pessime notizie sul fronte del lavoro: sciopero dei lavoratori del Molino che occupano lo stabilimento, e poi lo sciopero a oltranza e i licenziamenti all’Italcementi. Doccia fredda sulle speranze che la Purfina venga spostata a Cv. Allora l’attenzione si sposta sul nuovo che avanza.

10,7[1]Il 1958 si apre con la notizia dell’arrivo del turboalternatore per la centrale termoelettrica, «il più potente costruito dall’industria italiana» (7 gennaio 1958). Domenico Passavanti descrive a puntate sul Messaggero «il grande complesso della Centrale Termoelettrica». Certo c’è una precisa linea che segue il giornale, ma che riflette il pensiero di gran parte dei cittadini e dei partiti politici. Così compare un articolo dettagliato sulle «caratteristiche tecniche dei Ferry Boats» (7 marzo 1959). «Sorgerà in località Caravani un deposito costiero di carburanti» è la buona novella dell’estate 1961 (11 agosto). Mi fermo qui  per dire dell’abitudine di giocare a pallone a ridosso delle colline di carbone di Fiumaretta, scorrazzare in porto fra gli altissimi cumuli di carbone e fra i vagoni merci carichi di carbone con i facchini della Compagnia Portuale neri come la pece che, testimonianza veritiera, per combattere l’arsura si mettevano i bocca una toppetta di carbone. Carbone, sempre carbone come quello delle locomotive che attraversavano il Viale con il loro festoso pennacchio. Eravamo nel nostro mondo moderno che non faceva caso alle copiose fumate di Fiumaretta e a quelle dei postali nel porto storico. Le famiglie sul far della sera scendevano sui moli per prendere il fresco e ammirare le partenze delle navi della Tirrenia con le luci che si riflettevano sulle acque con un effetto magico.

IMG_0066_2[1] Si andava al cinema per sputacchiare brustolini e fumare in  libertà. Che dire della nebbia delle riunioni con sigarette accese di continuo, e senza filtro? E i pranzi di famiglia (10-15 convitati) caratterizzati dal clic continuo degli accendini? E gli scompartimenti dei treni con tanto di posacenere? E i nostri trabiccoli a quattro ruote smarmittanti che quando erano in moto ti levavano il respiro? Solo la voce di Fernando Barbaranelli si levò per denunciare la polvere rosa che allegramente le ciminiere dell’Italcementi spargevano tutto intorno. Quando andavo a trovare i nonni in via Claudia mi divertivo a raccoglierla sui muretti. E questa allegra ignoranza è durata, eccome. Tanto lavoro per tutti: le altre due centrali, i depositi costieri, il moltiplicarsi del traffico con la Sardegna e l’epoca d’oro dei Traghetti FFSS. Tanti, ma proprio tanti ferrovieri e lavoratori elettrici, al punto che la loro rappresentanza in consiglio comunale, dal sindaco in giù, era massiccia. E tutto l’indotto. Case in affitto, il nuovo quartiere di Cisterna Faro, pizzerie, trattorie, tabaccherie e tutto il resto delle attività commerciali in continua espansione. Le torme di pendolari. È tutto finito, di colpo. Il re è nudo. Della città di quell’epoca d’oro della prosperità e dell’inquinamento a go-go è rimasta la monnezza e la carenza idrica. E ora che siamo più puliti, scordiamoci, una volta per tutte, la chimera del turismo: quello è morto nel dopoguerra: Pirgo e Terme capitolo chiuso e per sempre. Nuove Terme? E quando mai! Osservate quanto hanno saputo fare a Viterbo. Qui è rimasto l’abbozzo, ormai  un rudere di un tentativo fallito. Non resta che seguire con interesse il dibattito sulle energie rinnovabili e sulle proposte per Cv. Daranno lavoro? Ci sono alternative? Sfileremo, manifesteremo. E Greta che canta Bella ciao. E il G20 e COP 26. E le auguranti monetine nella Fontana di Trevi. E Glasgow con Obama. Tanti cortei. Metto sul piatto il 45 giri dei Nomadi che conservo gelosamente, e ascolto: … e il vento d’estate che viene dal mare/ intonerà un canto tra mille rovine/ fra le macerie delle città tra case e palazzi/ che lento il tempo sgretolerà/ fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo/ ma noi non ci saremo, noi non ci saremo…

[I Nomadi, disco Emi-Columbia, 1967.]

SILVIO SERANGELI

**Le foto originali di Fiumaretta sono dell’A..