LA SETTIMA…. NOVELLA

di BRUNO PRONUNZIO

Era un venerdì, ne sono certo. Rientravo da Milano e quel giorno, sulla navetta verso l’aeroporto di Fiumicino, mi ero posizionato sul lato sbagliato, opposto a quello dove l’autista aprì le porte per far uscire i passeggeri. Fu così che scesi per ultimo ma, prima di lasciare il mezzo, la mia attenzione venne rapita da un oggetto. Era lì, mezzo nascosta, che mi diceva “prendimi, prendimi”. Aspettai qualche giorno prima d’inserirla nel computer e vedere il contenuto. Ero titubante, perché inserire una chiavetta USB nel computer comporta rischi enormi, ma la curiosità era troppa. Fu così che trovai le “nove novelle”, parodie di fiabe ben più famose, vergate da tale Eric Azzaro. Il primo impulso fu quello di cercare l’autore, ma su internet non risultava nessuno con quel nome. Capii che si trattava di uno pseudonimo quando finalmente lessi la prefazione, in cui l’autore consigliava di leggere nome e cognome tutto attaccato. Decisi così di sistemare le novelle, coinvolgere la pittrice Monica Di Folco, e pubblicare le “Nove novelle di Eric Azzaro”.

ISABELLA ADDORMENTATA NEL CHIOSCO

C’era una volta una ragazza che si chiamava Isabella e viveva in una cittadina sul mare. Isabella aveva sedici anni ed era alta e bionda, con i capelli lisci e lunghi e aveva due occhioni blu. Purtroppo per lei, i genitori l’avevano abbandonata quando era appena nata e non si erano mai più fatti vivi. La bambina era cresciuta affidata a una signora rimasta vedova in giovane età che si era presa cura di lei come una vera mamma.

Isabella frequentava il liceo ed eccelleva in tutte le materie ma durante l’estate, siccome in casa non giravano tanti soldi, si dava da fare lavorando come cameriera nei ristoranti o come baby sitter, a volte dava anche ripetizioni agli studenti di scuola media. Durante l’estate dei sedici anni, Isabella trovò lavoro come cameriera in un bar all’interno di un chiosco vicino alla spiaggia.

Pronu 2

La ragazza faceva i turni al Bablù, così si chiamava il bar: a volte iniziava alle sei di mattina, altre volte lavorava il pomeriggio fino a notte inoltrata, fin quando arrivava Sara, la ragazza addetta alla chiusura e all’apertura del locale. Isabella tornava a casa sempre molto stanca ma quel lavoro le piaceva perché le permetteva di stare a contatto con la gente e di conoscere tante persone di tutti i tipi: normali, strani, belli, brutti, tutti insomma.

Un po’ prima di mezzogiorno era il turno di Salvatore lo scrittore, un uomo sulla sessantina, magro e con pochi capelli bianchi e lunghi. Salvatore indossava sempre un completo di lino chiaro e un cappello di paglia a tese larghe. Era da tempo che non riusciva a scrivere e così, quando si avvicinava al chiosco, Isabella gli proponeva sempre un piatto d’avena sottolineando che quel manicaretto era stato preparato con poesia. Salvatore non capiva il perché, ma la ragazza cercava di far recuperare allo scrittore l’avena poetica che da tempo ormai aveva smarrito.

Isabella era convinta di avere questo dono: leggere le intenzioni e i desideri, anche quelli più reconditi, delle persone con cui aveva a che fare e aiutare a realizzarli in ogni modo possibile.

A pranzo, erano soliti frequentare il chiosco alcuni operai che stavano costruendo un parcheggio sotterraneo in zona. E così, quando i lavoratori terminavano il loro pranzo, Isabella si presentava al tavolino con un bicchierino di Sambuca per ognuno, perché la ragazza era convinta che con quel gesto gli avventori si sarebbero ingraziati il Santo protettore degli scavi e delle gallerie.

Quando non era al lavoro, Isabella frequentava i ragazzi e le ragazze della sua età. Di giorno, quando poteva, andava al mare con il suo gruppetto e la sera passeggiavano sul lungomare. La ragazza amava i cocktail e non disdegnava gli alcolici. Certo non era un’avvinazzata, ma ogni tanto una birra ghiacciata la preferiva alle bevande gasate e piene di zuccheri.

Pronu 3

Isabella si accorse di avere qualche problema con la birra quando una sera, poco prima della chiusura del chiosco, si addormentò improvvisamente. Quella sera non aveva bevuto ma, appena dopo aver preparato una birra alla spina, cadde come in trance e venne trovata sdraiata dietro al bancone. La collega Sara Cinesca, presente per la chiusura del locale, provò in tutti i modi a farla rinvenire ma non ci fu nulla da fare, dovette caricarsela in macchina, trasportarla in braccio a casa e metterla a dormire.

Il giorno seguente, Isabella si svegliò con difficoltà e si recò al lavoro in tarda mattinata. Memore dell’esperienza della sera precedente, la ragazza cercò di stare lontano dalla spillatrice della birra e bevve solo acqua naturale. Dopo aver servito ai tavolini, aprì una birra in bottiglia e la versò in un boccale. Fino a quel momento nulla di strano. Avvicinò il boccale alla bocca e immerse le labbra nella schiuma, anche questo gesto non sortì effetto alcuno. Pure quando iniziò a bere, non ci fu nessuno svenimento e così Isabella si scolò tutto il boccale di fresca birra e non fece più caso allo strano incidente occorsole la sera prima.

Il proprietario del Bar Bablù era un ricco armatore di origine giargianese nato dopo che i genitori avevano intrapreso un viaggio in Italia. La madre, al nono mese di gravidanza, era costantemente in preda alle voglie e non voleva altro che porzioni di tiramisù al pistacchio. Fu così che, quando nacque il bimbo, volle chiamarlo in quel modo. Ma l’impiegato dell’anagrafe, conoscendo solo il giargianese, contrasse quel nome in Tiramisucchio.

Da grande, Tiramisucchio era diventato alto e grosso, con un faccione largo ricoperto di barba e baffi neri come la pece. Non si sapeva come, ma l’omone era divenuto molto ricco e disponeva di una discreta flotta di yacht da noleggiare ad attori, calciatori e capitani d’industria. I suoi affari marittimi andavano, come si dice in questi casi, a gonfie vele e il bar rappresentava l’ultimo dei suoi pensieri. Il ricco armatore, avendo la erre moscia, era diventato anche un amatore impenitente e cambiava fidanzate con velocità supersonica. E così, aveva delegato alla gestione del chiosco una delle sue tante amiche del cuore, una ragazza dai tratti somatici orientali, ben ritoccati dalla chirurgia plastica, gentile e premurosa con Isabella e con le altre dipendenti del Bar. Ester Refatta era molto ligia al dovere e temeva moltissimo il suo fidanzato Tiramisucchio, quelle volte in cui lui le faceva visita al chiosco. Si narrava infatti che molte delle sue fidanzate fossero sparite, di punto in bianco, dalla circolazione e si temeva che avessero fatto una brutta fine.

Isabella non aveva mai dato troppo credito a quelle dicerie e non temeva il proprietario del chiosco, che trattava come tutti gli avventori: con gentilezza e cortesia.

Un giorno, però, Isabella cominciò a cambiare idea su quell’omaccione del suo principale. Capitò nuovamente, infatti, che la ragazza cadesse addormentata nel chiosco per numerose ore e, anche questa volta, dopo che si era avvicinata alla spillatrice della birra. Questa volta, a differenza dell’altra, a Isabella apparvero in sogno i suoi genitori: il papà e la mamma che non aveva mai conosciuto.

“Isabella, Isabella” disse una voce maschile, “sono il tuo papà, Burlando e qui vicino a me c’è la tua mamma, Gelinda. Ascoltami, noi ti abbiamo sempre voluto bene, ma un uomo malvagio ci tiene prigionieri fin dal giorno del tuo primo compleanno, quando siamo stati rapiti e rinchiusi in una caverna. L’uomo malvagio, che altri non è se non il tuo principale, Tiramisucchio, vuole sfruttare le nostre arti magiche a suo vantaggio e se ci opponiamo farà del male a te. Ora ti dobbiamo salutare ma ricorda, ogni volta che vuoi comunicare con noi non devi fare altro che avvicinarti alla spillatrice della birra e toccare il beccuccio. Ho fatto un intaglio inside nel fusto della birra e ho inserito un microcippo con un incantesimo permanente che ti fa addormentare e ci consente di stare in contatto. Ogni volta resterai addormentata per almeno otto ore, perciò ti consiglio di metterti in contatto con noi la sera e magari restare a dormire nel chiosco”.

Isabella, lì per lì, non sapeva cosa pensare. Quella situazione le sembrava così strana ma, allo stesso tempo, la voce e i visi le parevano così familiari che si convinse di fermarsi a dormire nel chiosco durante le notti successive.

“Sara, stasera resto a dormire nel chiosco” disse qualche sera dopo alla collega al momento della chiusura.

“E come mai? Aspetti il principe azzurro, Isabella addormentata nel chiosco?”

“In effetti il ragazzo della Nastro Azzurro non è male, anche se non sembra proprio un principe” rispose sorridendo Isabella.

Quella sera, rimasta sola nel chiosco, Isabella si avvicinò al fusto, quello della birra, e cercò con le dita il microceppo nascosto all’interno dell’intaglio inside. Appena lo ebbe sfiorato, la ragazza cadde in catalessi e poco dopo le apparvero i genitori.

“Isabella siamo noi, i tuoi genitori.”

“Ma io non so niente di voi, vi prego raccontatemi la vostra storia e perché siete prigionieri.”

“Io e la mamma ci siamo conosciuti tanti anni fa all’Università. Frequentavamo il corso di studi in Far-magia e da allora non ci siamo più lasciati. Sai, ero alle prime armi e ho provato un filtro d’amore che ha funzionato benissimo. Dopo laureati, siamo stati assunti tutti e due alla corte del Signore degli aneddoti e di lì a poco ci siamo sposati. Poi sei arrivata tu, a coronamento del nostro sogno d’amore. Come ti dicevo qualche sera fa, il tuo principale, Tiramisucchio, quell’essere spregevole, ci ha rapito quando tu avevi appena compiuto un anno di età. Sfrutta le nostre arti magiche per arricchirsi. Infatti, grazie a un incantesimo che ci ha estorto con la violenza, ci ha costretto a far sì che le unghie delle sue ex fidanzate – che tiene legate e prigioniere insieme a noi – si trasformino in oro. Lui, ogni giorno, provvede a limare il prezioso metallo, a fonderlo in lingotti e a rivenderlo.”

“Ma allora è vera la storia delle fidanzate scomparse!”

“Sì, è assolutamente vera. Vedi, lui ci tiene tutti nascosti in una caverna alla quale si accede da un magazzino del porto, quello di fianco alla fontana. Siamo tutti legati al muro con le catene e siamo controllati a vista da un serpen-drone, un e-rettile programmato per non farci fuggire e per stare a guardia del varco d’accesso. Tu soltanto ci puoi salvare: ho ideato un piano per farci liberare; è rischioso ma non è impossibile, devi soltanto seguire queste istruzioni e imparare a memoria la filastrocca che ti consentirà di aprire il portale a riconoscimento vocale.”

Qualche giorno dopo, approfittando del turno di riposo, Isabella seguì Tiramisucchio in porto, mentre andava a controllare gli yacht di sua proprietà. Avvicinatasi al portale, Isabella iniziò con la filastrocca-password, ben attenta al riconoscimento delle vocali:

Sangue che cola saaaaangue che cola

ragni che zampettano ragni che zampeeeeeettano

mani di mummia mani di muuuuuummia

morso di vampiro moooooorso di vampiro

unghie stregate uuuuunghie stregate

bava di zombie bava di zoooooombie

scheletro pazzerello scheletro pazzereeeeeello

ululato di lupo au ululato di lupo auuuuu

Fantasma che ti dice brividi briiiiiividi

Come per incanto, il portale si aprì. Il serpen-drone si accorse subito che si trattava di un intruso e scattò, irrigidito, verso la ragazza. Isabella non si perse d’animo e, seguendo il piano ideato dal padre, recuperò il bacchettone magico appoggiato in un angolo vicino all’ingresso della caverna e lo lanciò verso il suo proprietario.

Impugnato il bacchettone magico, Burlando, urlando a squarciagola, lanciò il potente anatema che aveva messo a punto:

“DISFUNZIONE E-RETTILE!!”

Il serpen-drone, in un istante, perse tutta la rigidità e si afflosciò impotente, avvolgendosi in una serie di innocue spire.

Pronu 4

Con una serie di comandi in una lingua arcaica, il mago liberò se stesso e la moglie dalle catene e corse ad abbracciare Isabella. Finalmente, dopo quindici anni, la ragazza poteva ricongiungersi con i suoi genitori.

In pochi minuti, tutte le ragazze dalle unghie d’oro vennero liberate e iniziarono a uscire dal portale.

Tiramisucchio si accorse del trambusto che stava accadendo vicino alla fontana e, di corsa, scese da uno dei suoi yacht per cercare di rinchiudere nuovamente nella caverna le ragazze dalle unghie d’oro.

Quando, affannato, arrivò di fronte al portale, Burlando apparve in tutta la sua potenza di mago, inespressa per un tempo troppo lungo, e lanciò un incantesimo fatale verso il suo aguzzino.

Tiramisucchio si ritrovò spinto da una forza invisibile verso la fontana e in pochi secondi il suo corpo sparì, imprigionato all’interno di quelle stesse mura che per tanti anni avevano tenuto prigionieri Burlando e Gelinda. Restò fuori dalle mura soltanto l’enorme testa di Tiramisucchio, ormai trasformata in pietra e fusa con la fontana.

Alle ragazze dalle unghie d’oro Burlando consentì di conservare quel fruttuoso incantesimo, mentre lui assunse per qualche ora le sembianze dell’aguzzino, giusto il tempo per andare dal notaio e trasferire tutte le proprietà di Tiramisucchio alla figlia Isabella, che da quel giorno visse una nuova vita, circondata dagli agi e dall’amore dei suoi genitori.

Pronu 1

E Tiramisucchio? Se andate al porto potete ancora ammirare il suo viso pietrificato che dalla bocca sputa acqua nella grande vasca.

BRUNO PRONUNZIO