Cv-Orte: diligenza o drone?
di SILVIO SERANGELI ♦
Due sembrano le soluzioni realizzabili per collegare Cv con Orte: il ripristino dell’antico servizio delle diligenze o il futuristico uso di grandi droni. E’ la strada indicata, senza se e senza ma, dalla premiata conventicola Tar-avvoltoi e dei no tav, no tap, no vax, no qui no là. Obbiettivo centrato: bloccare il completamento dei lavori della superstrada Cv-Orte. Sì, perché quelli che puntualmente ribaltano la logica corrente, magari riammettendo un alunno sonoramente bocciato per una virgola, che il compianto Renzi giustamente aveva destinato a sgranocchiare brustolini sulle panchine dei giardinetti, quelli hanno accolto le richieste delle madamine a difesa delle margheritine e delle incomparabili pianure sulle quali, magari, si affaccia il loro casale ristrutturato, con relativa cuccia per cane e tettoia di banconote. Il porto di Cv, il traffico commerciale necessario al suo sviluppo, la viabilità più scorrevole e sicura? Ma quando mai! La madamina di Italia Nostra ha orgasmato al microfono e telecamera del TGR Lazio che sono prevalsi gli interessi ambientali su quelli economici. Come dire: tutti a piedi, in fila indiana per le amene valli, di camion e camionisti relativi chi se ne importa! Salvo che le suddette bellezze paesaggistiche, per esperienza personale, andrebbero un pochino curate e rese un po’ meno selvatiche. Così capita che il progetto rimane lì, che non se ne farà niente del “tracciato verde”, presentato nel 2021 con la scempiaggine dei nove viadotti, di una galleria e ben due svincoli nella valle del Mignone. Sì, perché i mezzi a quattro ruote planano e sorvolano in allegria per la gioia delle madamine che non usano le automobili, i telefonini, il riscaldamento di casa, la lavatrice perché inquinano. Così i vari gruppetti hanno presentato la loro proposta alternativa: ripristinare il collaudato non inquinante sistema di collegamento dei tempi andati: le diligenze con relativi sobbalzi, gli scacarazzamenti naturali dei cavalli, le salutari lentezze che fanno bene alla mente e al corpo. Si è già pensato di collocare la stazione di partenza al terminale di Porta Corneto. Ma, attenzione, con le carrozze e, soprattutto, i quadrupedi ben distanti dallo sconvolgente e deleterio via vai dei turisti con relativi trolley cigolanti, e dai miasmi apocalittici dei pullman e dei pulmini. Da valutare ancora le postazioni delle stazioni intermedie con i comuni in lotta fra loro per accaparrarsi stalle con relative trattorie e camere per la notte. Fra le madamine già ci si chiede se abbigliarsi nel loro stile finto-buttero-maremmano o tornare agli abiti lunghi, alle velette, ai cappelli piumati. Più remota l’ipotesi dei droni anche perché nel solito gruppetto dei no qui no qua ci si è posto il problema del disturbo che darebbero al libero volo dei passerotti. E allora? Ma quale svolta decisionista, quali progetti rapidi, quale Europa e quale Draghi! Tutto da rifare. Hanno vinto le madamine quelle delle venti forme di formaggio da salvaguardare, che rischiarono di bloccare l’autostrada Cv-Tarquinia. Prendiamola a ridere, magari ricordando la barzelletta del povero soldatino Rossi, raccontata decine di volte negli anni del liceo. Sempre con gusto, e come nuova. Faceva così. Muore il padre di Rossi, il generale interpella il maggiore perché la notizia gli venga data con la massima delicatezza. Il maggiore ne parla al capitano e il capitano si raccomanda al tenente, fino a che l’ingrato compito viene dato al caporal maggiore. “Ci penso io, so come fare con il massimo tatto”. Mette in riga le sue reclute nel piazzale della caserma e scandendo ad alta voce, urla: “A-ttenti! Chi ha il padre faccia un passo avanti”. E tutti fanno avanzano di un passo. Molto delicatamente il caporal maggiore guarda Rossi e gli fa: “A Rossi ma ndo vai?!”. E noi, proprio come il soldatino Rossi, ma indove annamo con le madamine che si immolano per il mantenimento delle fratte e delle amene plaghe fra uno sferruzzamento a maglia e un cucito, naturalmente alla flebile luce di una candela. Sì, perché le lampadine consumano energia elettrica che, mannaggia mannaggia, viene prodotta dalle centrali magari a carbone e, bene che vada a metano. Le stesse madamine non usano il cellulare perché i trasmettitori inquinano e vanno molto meglio i piccioni viaggiatori, per non dire del loro ritorno al lavatoio pubblico per i panni, alla cenere e alla lisciva. Niente gas ai fornelli, ci mancherebbe. Rifletto di fronte a tante virtù ambientali e penso come questo mio modesto divertissement mi costi un peccato mortale e l’inferno perché scritto con un PC collegato alla rete elettrica e spedito allo stesso modo con una luce della scrivania abbagliante. Mentre concludo mi conforta mia nipotina che scorrazza per le stanze con il suo monopattino a spinta: anche lei una madamina tutto casa e ambiente .
SILVIO SERANGELI
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La foto di copertina – Passaggio obbligato a Monteromano (VT) per congiungere Civitavecchia con l’autostrada per Orte.
Ben vengano ironia e satira, ma se sono pro verità, e si, perché la verità della “colpa” non è attribuibile alle “mandamine” bensì a chi, per mera questione economica, abbandonò il progetto iniziale per scegliere un percorso già allora irto di difficoltà, non per l’opposizione delle “madamine” di cui sopra, ma in quanto area protetta a livello europeo, e ben lo sapeva anche il ministro dell’ambiente del governo Renzi che bocciò il progetto.
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“Ortacci vostri, ve venisse l’orticaria” grideranno i camionisti alle madamine intente a coltivare ortaggi e ortensie nel loro orto, all’insegna dell’ortodossia ambientalista.
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Pro veritàte, gli e’ che nella mia lista della rottura di coglioni, come quella ben nota del Rocco Schiavone di Manzini, ai primi posti con la zanzara notturna e lo scirocco ci sono il TAR e gli ambientalisti di professione. Quelli, per dirla tutta, che in dieci dodici dietro uno striscione fanno notizia, e da assessori, perche’ lo sono stati, al massimo hanno piantato una decina di pinetti rinseccoliti donati dalla forestale. La tela di Penelope di questa disgraziata landa che non avra’ mai il completamento di uno straccio di autostrada e che dovrà percorrere ancora chilometri in coda a un furgoncino la conosco bene. Le madamine trionfano con i loro sorrisetti da salotto bene, il popolo che lavora coi calli alle mani, ancora una volta, non può che incazzarsi di brutto, sempre per la cruda verità di cui sopra.
SIlvio
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Chi ha i “calli alle mani” s’incazzasse con chi nel 2007 decise di cambiare il progetto originario e con chi, nonostante i continui pareri negativi, decise con protervia e presunzione di perseguire la via sbagliata. A prescindere da chi sta sui gabbasisi, come direbbe Montalbano.
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Calma amici.
Tutto si può fare. Essenziale è farlo bene.
Essenziale è condividerlo con i padroni del territorio quelli che in lingua inglese sono gli “stakeholders”.
I portatori di interesse sono le madamine, certo, sono i lavoratori, certo, sono anche la gente che ama la propria terra. L’economico è essenziale ma non il totalizzante.
La verità è che la classe politica di questa parte del Lazio è non al giusto livello, diciamolo pure.
Avete mai visto qualcuno che ha fatto un serio piano di marketing territoriale ? In seno al quale tutti gli ambiti sono considerati: economico, lavorativi, ambientali….sono armonizzati. Ma certo qualcuno risponderà. Ma, allora dove è finito? Disegnare è condizione necessaria ma essenziale è applicare. Chi disegna è architetto, ingegnere, economista. Chi applica è politico.!!
Quanti decenni sono passati da quando il tracciato lo si è pensato? Io ero giovane e mi interessai dell’entroterra portuale regnante il sindaco Venanzi!!
Non risponde al vero che la strada non si può fare per via delle “madamine” (Dio le salvi!).
La strada non si può fare perchè non ci sono le capacità che tengano in conto le necessarie esigenze.
Esiste ormai da qualche tempo una forza (agevolata da taluni)a pensare che questo angolo di mondo sia il luogo possibile per lo scarico di ciò che altrove incontra resistenza. Forse è per via delle Centrali in azione, forse è per via del porto, forse è per via delle popolazioni disincantate e passive, di scarsa energia identitaria,
Penso, tuttavia, che l’inesistenza di una classe politica comunale, regionale parlamentare all’altezza del territorio sia una delle cause efficienti della questione.
Chi elegge i politici? E’ nella risposta il problema.
Quando la politica è assente, debole, senza visione accade spesso, non sempre, una sorta di horror vacui: il civismo colma i vuoti. Argomento che ho sostenuto quando ci siamo incontrati.
Il civismo che riempie il vuoto è colpevole di questo riempimento?Forse più appropriato il dire che la vera colpa è il vuoto!
La capacità della politica sarebbe quella di una Alleanza fra gli attori del territorio che possano
contribuire nel creare una coscienza del luogo: dalla coscienza di classe alla coscienza del luogo!!
Solo una pluralità di attori può dar vita ad un progetto locale. Quando si invoca la sostenibilità si dovrebbe essere precisi. Non esiste la “sostenibilità” esistono “le sostenibilità”: sostenibilità ambientale (ovvio concetto); sostenibilità sociale, ovvero il ruolo degli attori deboli (la cittadinanza nei suoi diversi interessi); sostenibilità economica (lavoro, profitto); sostenibilità politica, ovvero capacità di autogoverno che stimoli e contamini la CLASSE POLITICA SCEGLIENDOLA CON CRITERIO.
Questa ultima sostenibilità può essere rispettata solo attraverso l’autogoverno , ovvero il civismo organizzato.
Da ultimo, un luogo non può essere un bosco, un fiume, un reperto archeo, un verde, un lago una chiesa, una città. Un luogo sopratutto è la coscienza che la comunità attribuisce a quel fiume, a quel bosco…La comunità deve fare il luogo. Altrimenti i luoghi non hanno identità divenendo preda delle altrui volontà.
Scelta di “pubblico interesse”? Va bene ma ciò è possibile solo di concerto con chi è portatore di interesse del luogo!!
Mi scuso dell’affollamento dei concetti. Chiarirò meglio in futuro.
Tuttavia, qualcosa di quanto emerso nella riunione domenicale si va concretizzando: sussiste dibattito, e non semplici”like”.
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Tirato per la classica giacchetta, rispondo brevemente che il mio sentire e’ comune a quello di tante persone che vedono rimandare all’infinito la soluzione di problemi urgenti e che si irritano di fronte ai sorrisetti trionfanti della madamine del no. Quanto ai calli, lasciamo perdere l’infelice accostamento da parte di chi sa tutto. Per la rottura di cabasi, orecchiata dalla fiction TV di Montalbano, è ben poca cosa rispetto allo scassamento di coglioni del Rocco Schiavone di Manzini con relativa classifica che, per quanto mi riguarda, vede ai primissimi posti con la zanzara notturna e lo scirocco le sentenze del TAR e gli ambientalisti di mestiere.
Un arrivederci e grazie per la cortese attenzione, vado di fretta perché devo correrere ai giardinetti per sospingere il monopattino rigorosamente ecologico di mia nipotina.
Di nuovo SIlvio Serangeli
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Silvio, il tema che tu poni mi fa sentire come l’asino di Buridano e per non morire di fame, continuando la metafora, io credo che dovremmo tutti andare ad una negoziazione. Ma due cose ho ferme in mente, primo: i problemi ambientali sono interrelati e, quindi, non dovrebbero essere analizzati singolarmente. Sappiamo quale sia il deficit ambientale a CV e gli alti tassi d’inquinamento; inoltre siamo derisi, tanto che lo slogan ” Abbiamo già dato!” sembra sortire l’effetto contrario, come se il nostro territorio possa accogliere passivamente sempre più inquinanti. Pertanto anche la questione di ” CV-Orte” sconfina in questioni più profonde riguardanti l’eguaglianza e i diritti individuali. Secondo te, i valori ambientali sono orientati dall’utilitarismo o dal collettivismo? Possiamo chiedere che la protezione dell’ambiente sia un vincolo negoziabile? In modo tale che i conflitti di interessi siano risolti in modo equo, così da realizzare la ” CV-Orte”? Sembra strano, ma il tema che tu poni chiama in causa non solo l’ambiente ma la giustizia. Siamo a tal punto utilitaristi che omettiamo una minoranza di individui che subiranno delle perdite? Anche la tua nipotina e i miei nipotini rappresentano le generazioni future verso i quali noi abbiamo obbligazioni morali. Io propendo per un valore dato dalle preferenze nell’ interesse della comunità. Certo, le preferenze ” collettive” non sono riflesse in situazioni di mercato e non sono facili da quantificare attraverso l’analisi costi-benefici; ma questi valori che riguardano la comunità sono riflessi nelle LEGGI, che sono approvate attraverso il processo POLITICO, dove le priorità politiche sono definite sulla base di fondamenti non solo economici, ma anche scientifici, culturali, storici; insomma, questa è l’etica dell’ambiente.
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Silvio Serangeli
Cara Paola, hai pienamente ragione (nipoti compresi), la mia è una provocazione contro la doppia morale e l’ipocrisia dilagante. Il modernismo sfrenato di cui godiamo ha un suo prezzo e chi non lo vuole pagare è in mala fede o vuole farsi bello. Per dire che quando con il Freccia Bianca impiego un’ora e mezza da CV a Napoli è implicito che quegli infiniti rettilinei e gallerie qualcosa l’abbiano spostato. Per dire che lo smodato refrigerio dei condizionatori dilaganti significa tanto consumo di energia elettrica. La stessa energia che per produrla significa inquinamento, ma quando manca in casa non funziona il telefono, non arriva l’acqua, non funziona il riscaldamento e perfino il telefono per non dire internet. In fondo noi della nostra generazione per anni abbiamo sopportato il caldo torrido senza condizionatori e ventilatori. Ma adesso va così, non ne possiamo fare a meno. Difficile trovare scorciatoie. Attenzione: le tanto sbandierate e costose auto elettriche certo non producono un inquinamento diretto, ma diversi studi di titolati enti di ricerca hanno messo in evidenza che in fatto di ambiente «i benefici non sono così automatici in quanto dipendono dalle emissioni associate alla produzione di energia elettrica». Come dire che non si fugge.
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