STORIA DELLE OLIMPIADI – I GIOCHI DELLA GLOBALIZZAZIONE
di STEFANO CERVARELLI ♦
La fine della guerra fredda fece nascere la speranza che un sistema, cristallizzato sullo scontro bipolare, potesse ora favorire la pace ed una maggiore integrazione.
Naturalmente tali speranze non poterono non rispecchiarsi nel movimento olimpico che vedeva prospettarsi la realizzazione del proprio mandato: unire tutto il mondo sotto la bandiera dello sport.
Non mancarono, in tal senso, segnali positivi; ai giochi del 1988 a Seoul ci fu una partecipazione quasi planetaria, così come si ripeterà a giochi di Barcellona quattro anni dopo.
In questa ottica, importanti furono i giochi di Seoul per il contributo che seppero dare alla democratizzazione e all’apertura internazionale della Corea del Sud.
Ma poteva durare questa quasi “ paradisiaca” situazione ? Infatti non durò.
Sui giochi olimpici si abbatterono, con una certa furia, i problemi dell’era globale: questioni ambientali, quelli relativi alla sicurezza, quelli del doping, quelli poi legati, purtroppo, alla corruzione all’interno del CIO, proprio quando proclamava al mondo intero l’assoluta indipendenza dello sport dalla politica. Dopo questa brevissima introduzione veniamo alle olimpiadi di Seoul 1988.
Le autorità sudcoreane avanzarono, a sorpresa, la loro candidatura, confidando proprio che, attraverso il movimento olimpico, si riuscisse a dare maggiore legittimità interna ed internazionale al regime e, cosa non secondaria, trovare un “riparo” dalle rivendicazioni della Corea del Nord.
Da questa prospettiva per il CIO si trattava d’una scelta alquanto azzardata in quanto la Corea del Sud costituiva proprio uno dei punti nevralgici nello scacchiere mondiale della guerra fredda; erano passati trent’anni dopo la separazione dalla Corea del Nord e tra i due paesi esisteva ancora, formalmente, uno stato di belligeranza.
Oltretutto la Corea del Sud, in quel momento, non aveva relazioni diplomatiche con la maggior parte dei paesi comunisti e, quindi, si temeva che gli atleti di questi stati non avrebbero avuto il permesso per entrare in territorio coreano; da qui il timore per un nuovo boicottaggio, come già avvenuto nelle tre edizioni precedenti.
A favore di Seoul giocava, però, la mancanza di valide alternative, l’unica che poteva essere presa in considerazione era la candidatura, avanzata dalla giapponese Nagoya, ma contro si schierarono, oltre gli ambientalisti che temevano la devastazione di un importante parco nazionale, perfino i membri giapponesi del CIO.
All’assegnazione dei giochi a Seoul si oppose, manco a dirlo, la Corea del Nord che, quando vide inutili i suoi tentativi, chiese che parte degli eventi sportivi fossero svolti nella loro capitale Pyongyang, in caso contrario avrebbe chiesto ai paesi suoi alleati di non partecipare alle olimpiadi.
Ancora una volta lo spettro del boicottaggio volava sull’Olimpiade!
Le trattative andarono avanti per più di un anno, Samaranch, il presidente del CIO, definì un programma di giochi congiunti che dando prevalenza a Seoul assegnava alla Corea del Nord le gare di ping-pong e tiro con l’arco (sport molto popolari in quel paese), la Corea del Nord rispose che avrebbe accettato tale proposta a patto che le partite di calcio si disputassero nella propria capitale. A questo punto fu la Corea del Sud a protestare contro questa richiesta; Samaranch concluse ritirando la proposta ”Perché-disse-è impossibile offrire di più”. La Corea del Nord rispose come si temeva: lanciando la sua campagna per boicottare i giochi.
All’appello nordcoreano risposero solamente:Albania, Madagascar, Nicaragua, Cuba ed Etiopia, mentre la Cina comunista, abbandonando ogni solidarietà ideologica, annunciò la propria partecipazione ai giochi.
Perché ?
Perché stava carezzando, già d’allora, l’idea di ospitare un’edizione delle olimpiadi e voleva perciò rafforzare il dialogo con la comunità internazionale.
L’Unione Sovietica, da parte sua, partecipò ai giochi spinta dal nuovo corso diplomatico instaurato da Gorbacev; una capacità diplomatica, la sua, che fece sì che all’Olimpiade partecipassero tutti i paesi dell’est.
La Corea del Nord, vistasi isolata diplomaticamente, giocò l’ultima disperata carta alla quale nessuno pensava che potesse arrivare: boicottare i giochi attraverso un atto terroristico. Venne abbattuto un aereo di linea sudcoreano che trasportava 115 persone.
L’intenzione era quella di mostrare come Seoul non fosse in grado di garantire minimi livelli di sicurezza; anche questo tentativo fallì e nessun altro stato, oltre quelli citati, abbandonò i giochi.
L’Olimpiade di Seoul vide la partecipazione di 160 nazioni, 8.465 atleti di cui 2.186 donne inducendo Samaranch a dire: ”E’ l’edizione più universale della storia”. Da qui il rilancio della retorica sulle olimpiade che “sanno tenere mano per mano i popoli del mondo“.
Ma la retorica non impedì che a Seoul esplodesse lo scandalo del doping che travolse una delle icone più rappresentative dello sport: Ben Johnson. Il velocista canadese, che aveva vinto i 100 metri con il tempo record di 9.73, venne trovato positivo allo Stanazol, uno steroide anabolizzante.
Gli fu ritirata la medaglia d’oro e il suo record cancellato; si scoprì inoltre che l’atleta faceva uso di stupefacenti fin dal 1981 e quindi gli venne cancellato il precedente primato mondiale -9.83- stabilito a Roma nel corso dei campionati del mondo.
Quello di Johnson fu certamente il caso più clamoroso, ma insieme a lui vennero trovati positivi 5 pesisti, 2 pentatleti e 2 lottatori. Sebbene nell’edizione precedente fossero stati più numerosi i casi di positività questa volta, data la popolarità del personaggio coinvolto, il fenomeno doping riceve finalmente maggiore attenzione dall’opinione pubblica e il mondo sportivo si trova a dover riflettere, come mai aveva fatto prima, sui rischi della sperimentazione selvaggia sulla pelle degli atleti (comunque, bisogna dire, non senza l’assenso di questi). Stupisce inoltre che ci sono voluti otto anni per trovare Johnson positivo…(non posso non ricordare il nostro Alex Schwazer, al quale nonostante un’assoluzione nel processo penale, assurde regole sportive hanno impedito di gareggiare a Tokyo).
Anche in quest’edizione gli atleti sovietici si aggiudicano il maggior numero di medaglie (55 ori) seguiti da quelli della Germania dell’Est (37 ori) e quindi gli statunitensi (36 ori) detto che, stante la squalifica di Johnson nei 100 m. la vittoria andò a Carl Lewis (altra leggenda dell’atletica), non si può non parlare di Florence Griffith-Joyner, la regina indiscussa dei giochi con tre medaglie d’oro (100 m, 200 m, staffetta 4 x 100) e due record mondiali.
Il titolo di regina comunque non lo prese solo per le medaglie (se fosse stato per questo la nuotatrice della Germania dell’Est Kristine Otto aveva fatto molto meglio vincendo 6 medaglie d’oro) la Griffith salì alla ribalta dei giochi non soltanto come una grande atleta, ma come simbolo di una femminilità completamente nuova da vedere nello sport, provocante e quasi sfacciata,
che trovava una perfetta sintesi nel suo stile; per lei era naturale scendere in pista ingioiellata, con anelli di varia foggia alle dita, unghie lunghe dipinte di vario colore e con un make-up da stella del cinema.
Dalla sua figura traspariva una sensualità violenta che, unita al suo fisico statuario, la rendeva capace di esprimere oltre a una meravigliosa forza atletica, un’indiscussa femminilità. Purtroppo ci lasciò molto presto, nel 1998 a soli 39 anni, per via, dicono le versioni ufficiali, di un colpo d’epilessia che la colse nel sonno soffocandola.
Una sorpresa fu la sconfitta della squadra statunitense nel Basket ad opera di quella sovietica; molti commentatori arrivarono a parlare di “gentilezza” da inquadrare all’interno di un progetto di cooperazione sportiva in atto in quel periodo tra i due paesi.
A Seoul l’Italia conquista 14 medaglie (sei d’oro- quattro d’argento) un bottino un po’ magro di cui il pezzo più pregiato è la vittoria di Gelindo Bordin nella maratona.
Le olimpiadi segnarono la piena ammissione della Corea del Sud nella comunità internazionale, evento che il comitato organizzatore sottolineò con una certa enfasi attraverso lo slogan ” Seoul al mondo, il Mondo a Seoul”.
BARCELLONA 1992
Le olimpiadi di Barcellona trovano un mondo cambiato.
Il muro di Berlino era crollato, l’URSS non esisteva più, l’Europa dell’Est era avviata verso una stabilizzazione democratica, le due Germanie si erano unite, formando un solo stato.
Questi nuovi scenari non potevano non condizionare la politica olimpica.
Diversi esponenti dei CIO non persero l’occasione per suggerire l’Olimpiade come un eccellente forum per “contribuire allo sviluppo delle relazioni pacifiche, contribuire al rafforzamento del dialogo e della cooperazione internazionale”.
In questa direzione, nel periodo precedente le olimpiadi di Barcellona si mosse il CIO, finanziando un programma di assistenza umanitaria per la popolazione della Bosnia-Erzegovina.
Sulle ali del successo di questa iniziativa il 22 luglio 1992, ancora il CIO, insieme a 184 comitati olimpici nazionali, si fece promotore presso l’ONU di una rivoluzionaria richiesta. Riprendere l’usanza della Grecia classica ed istituire una tregua olimpica.
Il progetto venne approvato dalle Nazioni Unite il 25 ottobre 1993. In esso si chiedeva che, dal settimo giorno predente i giochi fino al settimo successivo alla chiusura, venisse interrotto ogni conflitto in corso.
Il nuovo scenario internazionale imponeva anche un adeguamento sostanzioso della geografia olimpica: riconoscimento in tempi brevi dei comitati olimpici dei nuovi Stati, in modo da permettere la loro partecipazione ai giochi, come accadde per Lettonia, Lituania ed Estonia, mentre gli altri stati ex sovietici, riuniti nel CSI (Comunità Stati Indipendenti) furono ammessi in una unica delegazione, sotto i colori della bandiera del CIO. Iniziative vennero adottate anche per permettere la presenza a Barcellona degli atleti di Croazia e Slovenia.
Ma non finì qui.
Esisteva il problema della Serbia, soggetta a sanzioni ONU e verso la quale erano già partite le prime denunce di stragi e genocidi; la soluzione la si trovò nel far partecipare gli atleti di quel paese a titolo individuale, gareggiando con i colori del CIO.
La nascita di nuovi stati fece sì che a Barcellona si registrasse il record di paesi partecipanti: 172 con 9.356 atleti ( 6.652 uomini, 2704 donne) Ci fu il rientro anche di Cuba dopo i boicottaggi del 1984 e 1988.
Partecipò anche il Sudafrica, nel 1990 era crollato il regime dell’apartheid e il paese africano fece in tempo a preparare una selezione di 96 atleti.
Credete che sia finita? No.
Ai problemi internazionali si aggiunsero quelli interni alla Spagna, riguardanti i rapporti tra Madrid e Barcellona, tra il potere centrale e la regione autonoma della Catalogna, contrasti emersi non appena ci fu l’annuncio di Barcellona come sede dei giochi olimpici 1992.
Il governo centrale ne faceva un problema di prestigio nazionale, mentre i separatisti baschi intendevano mostrare al mondo la peculiarità della loro comunità autonoma.
La diatriba fu lunga ed aspra e raccontarla in questa sede significherebbe mancare di rispetto alla pazienza di chi sta leggendo.
Dal punto di vista sportivo il CIO volle seguire due strade già individuate a Seoul: offensiva massiccia contro il doping; abbandono definitivo di ogni residua pretesa di dilettantismo nel mondo olimpico.
Per quanto riguarda la lotta al doping furono eseguiti 1.840 test coinvolgendo in questi controlli i primi quattro classificati di ogni gara, più due atleti estratti a sorte.
Il doping venne riconosciuto, in maniera ufficiale, come problema culturale e di conseguenza venne lanciata una grande campagna di sensibilizzazione contro questa pratica.
L’abbandono del presunto dilettantismo non fu semplice. Si dovette superare l’avversità della Cina e dei comitati olimpici riuniti nella CSI, che avrebbero voluto continuare a vedere i loro campioni (semiprofessionisti) competere con gli atleti dilettanti degli altri paesi (anche se di dilettantismo puro non era più certo il caso di parlarne) l’apertura agli atleti professionisti indubbiamente dava un vantaggio ai paesi che fino a quel momento non avevano potuto schierare i migliori atleti (un esempio per tutti: gli USA nel Basket poterono mettere in campo il mitico Dream Team, compagine formata dai migliori giocatori NBA, che vinse tutte le partite con uno scarto minimo di 40 punti).
Come dicevo prima era ormai palese che grazie a varie forme di dilettantismo di stato e borse universitarie, il dilettantismo “ puro” era di fatto scomparso da tempo e l’apertura al professionismo portò all’introduzione del tennis nel programma olimpico; la decisione naturalmente aumentò l’interesse internazionale e, di conseguenza, sponsorizzazioni e profitti.
Da Barcellona il simbolo più forte, la copertina dei giochi, arrivò ancora dalle donne e sempre, diciamo così, per un atto di affermazione di femminilità, anche se lontana da quella della Griffith.
La ventiquattrenne algerina Hassiba Boulmerka vinse l’oro nei 1.500 metri compiendo un atto di vera ribellione: corse a gambe scoperte e senza velo.
L’Algeria e il mondo arabo si divisero su questa sua scelta, l’atleta si attirò, ovviamente, le condanne dei gruppi conservatori e fondamentalisti che arrivarono a minacciarla di morte.
Dopo i giochi Hassiba si trasferì in Europa dove poté continuare ad allenarsi e gareggiare. (Sono tanti i personaggi dei quali sarebbe interessante scoprirne e conoscerne il loro percorso dopo le olimpiadi…..chissà!)
Tra i risultati sportivi certamente quello che suscitò maggior sorpresa fu la vittoria nel tennis tavolo dello svedese Jan Ove Waldner che interruppe il monopolio asiatico.
L’Italia vinse sei medaglie d’oro, cinque medaglie d’argento, otto di bronzo.
Particolarmente emozionante ed indimenticabile fu la vittoria della squadra di pallanuoto che ebbe la meglio proprio sui padroni di casa dopo ben sei tempi supplementari.!!
ATLANTA 1996
E’ l’ultima Olimpiade del secolo, l’Olimpiade del centenario.
Dico subito che fu commessa una grande ingiustizia: quelle olimpiadi spettavano di diritto ad Atene, ma il mondo economico, guidato nell’occasione da grande azienda multinazionale, che proprio ad Atlanta aveva la sede, ebbe la meglio.
Questo fu possibile grazie anche al beneplacito del CIO dove Samarach, non solo venne eletto per la terza volta alla presidenza, ma fu addirittura approvata una modifica del regolamento per permettere una sua eventuale quarta candidatura.
Gli antagonisti al presidente spagnolo ricordarono i suoi trascorsi legami con il regime franchista e venne, ritenuto il principale responsabile della corruzione dello spirito olimpico, in quanto aveva spalancato letteralmente le porte del movimento olimpico agli sponsor multinazionali, uno dei quali, se non il maggiore, aveva, come detto, sede ad Atlanta. Ad onor di verità bisogna dire che queste accuse, seppure fondate, non potevano nascondere il successo che ebbero le olimpiadi sotto la sua presidenza.
Successi sportivi legati a prestazioni atletiche di qualità e record, ma anche successo d’immagine dei giochi che, anche grazie alla televisione, erano divenuti senza dubbio di portata planetaria. E su questo, bisogna ammettere, decisivo fu il ruolo svolto dagli sponsor.
Sotto la presidenza di Samaranch, oltretutto lo sport femminile aumentò sempre più la sua presenza passando dal 20% delle olimpiadi di Mosca al 38 % dei giochi di Atlanta, quasi il doppio delle presenze! Con l’eccezione della maratona, pugilato e lotta (proibizioni cadute in seguito) le donne poterono partecipare a tutte le discipline.
Ma anche qui bisogna dire che ci fu lo zampino degli sponsor , di quelli perlomeno che avevano i loro interessi nel mercato femminile.
Il risultato più evidente, ottenuto da Samaranch, in barba ad ogni dettame e spirito olimpico, che proprio in quell’anno celebrava la ricorrenza, fu dato dal fatto che gli ultimi due decenni del XX secolo, furono gli anni di maggior profitto economico per il CIO che iniziò a ridistribuire parte degli utili attraverso programmi di solidarietà olimpica e di cooperazione allo sviluppo, mediante attività sportive.
La maggior parte di questi introiti arrivarono dai diritti televisivi che dai 630 milioni di Barcellona, arrivarono a 1.200 miliardi di dollari per i giochi di Sidney 2000 e quelli invernali di Salt Lake Cit del 2002; contemporaneamente, alla fine del 1996, si arrivò ad avere partner e fornitori che garantivano al CIO 350 milioni di dollari.
Questo non impedì che i giochi di Atlanta suscitarono numerose polemiche, a cominciare proprio dalla scelta della città.
Secondo tutti i commentatori era doveroso che i giochi del centenario venissero assegnati ad Atene, che aveva avanzato la propria candidatura, sicura che i valori intrinseci delle olimpiadi avessero avuto la meglio su qualunque concorrenza.
…Ma non quella della CocaCola Azienda che, come detto, aveva nella capitale della Georgia la sua sede principale; i valori dell’ Olimpismo non ci misero molto a scomparire……
Il governo greco avanzò formale protesta, ricevendo il consenso della maggioranza del mondo sportivo. Ci fu anche una minaccia di boicottaggio da parte della Grecia, subito rientrata quando il CIO acconsentì a programmare i GOLDEN GAMES nella capitale ellenica; si trattava di una specie di per-olimpiade per celebrare il centenario.
In tutto il mondo gruppi tanti-globalisti dettero vita a manifestazioni contro il “ carrozzone olimpico “ accusandolo di nascondere, dietro gli slogan, solo i suoi profitti.
Il CIO espose una serie di argomenti a difesa della sua scelta, come il ritardo con il quale il comitato organizzatore si era mosso, a differenza di quello statunitense, il rispetto della regola, non scritta, ma condivisa, che voleva non opportuno assegnare due edizioni consecutive allo stesso continente e per di più a città che si affacciavano entrambe sul Mediterraneo!
Giustificazioni incomprensibili, specialmente la seconda.
Non mancarono minacce anonime di atti terroristici che, purtroppo, si materializzarono la mattina del 27 luglio, allorché un pacco bomba esplose nel Centennial Olympic Park, costruito a metà strada tra la sede della CNN e quella della Coca Cola. L’attentato causò la morte di due persone oltre 120 feriti; come accadde in situazioni analoghe non si mancò di prendere in considerazione l’idea di interrompere i giochi.
Clinton si oppose fermamente dichiarando che non si poteva “lasciar vincere i terroristi” l’unica cosa che fu fatta fu quella di osservare un minuto di silenzio prima di tutte le gare con le bandiere a mezz’asta per qualche giorno.
Le nazioni partecipanti furono 197 gli atleti 10.138 ( 6806 uomini- 3.512 donne ) con il Sudafrica a sfilare dietro la nuova bandiera dell’unificazione razziale.
Per venire finalmente a parlare di sport, per prima cosa c’è da ricordare la toccante cerimonia di apertura con Mohamed Alì, ultimo Tedoforo nonostante fosse afflitto dal morbo di Parkinson.
Gli Usa tornarono ad essere paese leader nel medagliere. Carl Lewis, alla quarta Olimpiade, vinse ancora una medaglia d’oro: nel salto in lungo. Michael Jhonson migliorò il record mondiale sui 200m, che apparteneva a Mennea, vincendo anche i 400 m.
Rispetto alle edizioni precedenti si registrò una più ampia distribuzione delle medaglie: a conquistare una medaglia d’oro furono atleti di 53 nazioni, mentre a ricevere almeno una medaglia furono 79 paesi! L’Italia ottenne un buon successo vincendo 35 medaglie di cui 13 d’oro e 10 d’argento. Da sottolineare la prestigiosa prova di Juri Chechi agli anelli che gli valse la medaglia d’oro; un successo che acquista ancor più valore se si considera che il ginnasta azzurro era tornato alle gare da poco tempo, dopo un grave infortunio che l’aveva costretto ad un lungo periodo d’inattività.
Ancora una volta la nostra città non mancò di mettersi in mostra alle olimpiadi. A questa edizione infatti fu egregiamente rappresentata in modo diretto ed indiretto. Diretto perché della squadra che conquistò il bronzo nella pallanuoto faceva parte Alessandro Calcaterra e indiretto perché Roberta Brunet, medaglia di bronzo nei 5.000 m. era allenata dall’indimenticabile Oscar Barletta.
Per essere i giochi della globalizzazione, di quelli che fanno stringere il mondo in un abbraccio non c’è male: tre edizioni, due attentati mortali!
Appuntamento al Sidney con la prima Olimpiade del XXI secolo.
STEFANO CERVARELLI