FATTI E FATTACCI DELLA CIVITA-VECCHIA DELL’OTTOCENTO – 5. Er gatto e la vorpe

di SILVIO SERANGELI ♦

Capitava che i due amici portassero fuori dalla bottega le sedie per godere della brezza che veniva su dal mare, dal porto che stava proprio lì sotto. Si godevano il passeggio, alla fine della piazza san Francesco, poco prima della porta e davanti al magazzino di uno di loro, il Cavaliere. Fumavano i loro sigari, i due vecchi amici, evitando di impuzzolire le anticaglie della bottega, e commentavano il passeggio del pidocchietto che era la piccola città. Quella loro, va detto, era fine ironia, non l’acida cattiveria delle zitelle e delle beghine. I commenti si interrompevano con un ritorno perentorio all’interno solo quando intravedevano la figura, tutta di nero vestita, del Delegato, perché avrebbero dovuto subire un monologo interminabile sulla Madonna, alla quale il suddetto era molto devoto e della quale aveva anche scritto.

  • Cavaliè come butta?
  • Butta male. Piuttosto, è passato quarcheduno stammatina?
  • Sì, l’avvocato che me pareva nevrastenico. Nun se dava pace perché pare che la serva javesse perso un gemello d’oro. Tirchio com’è. Verso mezzogiorno è venuto a salutà er console. Brava persona, che testa! Ma sai com’è, sempre lamentoso, che ce l’ha coll’aria cattiva e nun vede l’ora de fuggì a li Castelli pe prenne er fresco. E poi m’ha detto che ha messo sotto scopa er capitano de uno de li battelli loro, quelli francesi, perché pare che parla male della Repubblica, sempre loro, coi passeggeri, tratta male l’ommini de bordo, e c’ha un brutto giro de affaracci sua.
  • Che tipo d’affari? 
  • Pare che pratica er contrabbanno.
  • Sì, va be’, ma noi che c’entramio? 
  • Vordì che se po’ comprà. Me spiego Cavaliè, me spiego mejo e te chiedo: come vanno l’affari? E tu me risponni che dell’Etruschi nun frega più niente a nissuno. Che pure l’oggettini che compraveno li turisti mo vengheno da la Francia. N’amico mio de Roma, vole chiude bottega. Bell’affare che avemio fatto co’ sti battelli.
  • Che c’entra ?
  • C’entra e ce cape. Ce vorrebbe un corpo de fortuna pe’ mette insieme na sommetta bona da fa’ contenti tutte e due.
  • Ma come?
  • Li buccheri, anche quelli più grossi, ce l’ho a prenne porvere. Ce vorrebbe un sarcofago, come a li tempi belli.
  • Sì, e mo indove lo trovamio, se l’inventamio?
  • Statime a sentì, ce penso da quarche giorno, e sta notizia der capitano potrebbe esse l’occasione bona. Ve ricordate ricordi quanno imbragavamo le casse de legno ar magazzino tuo, che ce mettemio li sarcofaghi pe spedilli via mare, magari a Marsja e poi piaveno le strade più diverse? Se potrebbe fa l’istessa cosa, ma con un guadambio de quattro cinque vorte tanto.
  • Nun c’arrivo. Spiegateve mejo.
  • Voi sapete, perché sete pratico de mare, che sti battelli c’hanno un difetto: quanno pieno l’onda de traverso co la vela issata, se piegheno tutto da na parte. Ve lascio immagginà l’effetto su li poveri passeggeri che se vomiteno puro l’anima, ma è capitato pure che annasse a finì a  mare na parte der carico che stava appoggiata in coperta. Me arricontava mj fjio, che voi sapete fa lo spedizzioniere, che un par de mesi fa è annata a fa compagnia a li pesci na carrozza.
  • Tutto chiaro, ma che dovremo da fa?
  • In primise sentì che aria tira cor comandante; e de questo se ne occupa mj fjo, co le dovute maniere. Se se po’ ammorbidì con na sacchetta de monete sonanti, annamo avanti.
  • Da quello che capisco noi dovremio fa finì a mare un sarcofago, e er guadagno ndove stà?
  • Abbiate fede. Se er comandante se presta ar gioco, faremo na spedizione regolare: ce guadagnamio er giusto noi, chi venne e chi riceve quello che je piace e ha comprato a caro prezzo. State attento. Noi costruimio un artro imballaggio de legno, co’ le dovute maniere, che ar momento opportuno, magari ner passaggio ar canale maledetto de Piombino co’ na spintica d’un par d’omini, messi su dar capitano, finisce in mare, sotto l’occhi de quarche passeggero pronto a testimonià.

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  • Voi me dite che faremo l’assicurazione sur farso sarcofago. Ce sto, m’avete convinto; aspettamo d’incontrà sto comandate. Ma er sarcofago, quello bono, ndo lo pjamo?
  • Voi sapete che er Principe de’ Canino sta in Inghilterra e che ar castello è rimasta la principessa cor frate: due degne persone. Amici nostri, veri. Alla principessa je scrivo sempre e lei me risponne come se fossi uno de famja. Magari se sfoga de tutti li guai che deve aggiustà co li fji, ma sta sempre allerta quanno se tratta de guadagnà. Pare, ma pe me è cosa sicura, che un novo scavo nelle terre loro promette bene. Sotto c’è robba, e robba importante. Vedemo come butta, aspettamo.
  • E se annassimo a fa visita a la principessa, magari co’ na bella cesta de pesce fresco. Che dite?
  • Je scrivo e vedemo che me risponne, ma intanto provamo a parlà co sto capitano, ma famo attenzione che nun lo venga a sapè er console che quello, lo sapete bene, c’ha un carattere fumantino

Era arrivata la sera, e siccome i signori di questa città, come diceva il console, andavano a letto come le galline, la piazza si era spopolata. I due amici chiusero bottega e presero la via di casa, che poi per uno stava proprio lì sopra alla bottega e per l’altro a pochi passi. La gita dalla principessa andò bene: baci abbracci, il pesce fu molto gradito e, soprattutto, c’era il sarcofago per il quale il frate aveva già trovato il compratore: un nobile tedesco, un cliente abituale. Col capitano fu solo una questione di soldi, perché avrebbe venduto magari la moglie e l’amante. Nel magazzino del cavaliere, proprio a ridosso della porta e di fronte alla bottega, furono preparati i due cassoni, opportunamente segnati, vennero issati a bordo de L’Archimède, la corvette à vapeur diretta a Marsiglia.  Ci pensò il vento forte di maestrale a dare la spinta decisiva al carico nel canale di Piombino dove era naufragato il povero Polluce col suo tesoro. Capitò che, dopo qualche mese,  arrivarono i soldi dell’assicurazione  e che furono messi al sicuro con buona pace dei due compari che, di ottimo umore, tornarono ai loro sigari e ai commenti salaci sulla striminzita vita mondana della loro piccola città. Un fitto parlare: così una sera non si avvidero dell’arrivo del Delegato. Ma, a sorpresa, non ci fu nessun accenno alla Madonna, anch’egli parlava del fattaccio capitato al battello a vapore francese e della perdita di un sepolcro etrusco di valore inestimabile, finito in mare.

SILVIO SERANGELI

* La stampa originale del battello è di proprietà dell’A. LIEBÉRTE.