NOSTALGIA.
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
SITUAZIONE PRE-COVID.
Crollo del muro.
Liberismo vincente.
Niente più nemici del liberismo.
Paesi socialisti coniugano socialismo con capitalismo privato. Russi e cinesi cominciano ad apparire su Fortune,
Il fantasma che si aggira ora nel mondo ha mutato forma.
Il matrimonio d’amore, vanto della modernità, tra mercato e democrazia è presto passato ad una faticosa convivenza.
Ma ora siamo al divorzio.
Gli ideologi del post-moderno godono in modo irrefrenabile : il grande progetto della modernità è fallito.
E se quelli, i cantori del pensiero super indebolito, sono invasi da libido pensate cosa possono provare i neoliberali, veri ed inesorabili liquidatori di fatto di quel legame un tempo d’amore.
La tracotanza dell’economico sulla democrazia conduce presto ad un dissolvimento della politica quale momento essenziale nel fissare le regole sociali, giuridiche, ecologiche dell’agire economico.
L’economia non ha più freni inibitori: la struttura produttiva caratterizzata da una apertura degli spazi nazionali (società-mondo) costringe alla formazione di una sovrastruttura ideologica sempre più liberista.
In altri termini, la globalità permessa dai mezzi comunicativi implica un globalismo nelle idee: l’economico schiaccia ogni altra categoria di pensiero che alberghi nella sovrastruttura ideologica. L’egemonia del sapere è monopolizzata da financial management, marketing, economics, mark-up,making a profit,….
Un tempo si diceva: l’uomo ad una dimensione. Oggi è il caso di modificare in “il mondo ad una dimensione”.
Globalità nella struttura, globalismo nell’ideologia formano il nostro tempo, tempo che usiamo denominare come il tempo della “ globalizzazione”(globalità nella struttura + globalismo nella sovrastruttura)
L’effetto della globalizzazione?
Primo effetto. Abbastanza semplice: un capitalismo senza lavoro!
Senza lavoro nello spazio occidentale, con lavoro scarsamente remunerato nelle aree orientali. L’ottimizzazione delle “catene del valore” tendono, difatti, a spingere verso la de-localizzazione in aree a basso costo del lavoro: da una parte lavoro perso, dall’altra mal pagato.
Il lumpenproletariat dei tempi classici è ora tradotto in un esercito di esclusi molto più fitto ( i “subordinati” di Gramsci)
Secondo effetto: una concentrazione della ricchezza storicamente fuori regola( l’indice “Gini” impazzito).
Siamo dunque giunti ad un punto di svolta?
Attenzione, vale l’adagio: il capitalismo ha i secoli contati!
Purtuttavia, questo capitalismo sta superando la misura del sopportabile..
Ma dobbiamo riflettere: la non “caduta tendenziale del saggio di profitto” porta con sé l’impossibilità di pensare ad una inversione “scientifica” dell’esistente (cioè sperare sulle contraddizioni del sistema ). La soluzione di tipo “esogeno” (cioè la rivoluzione) è quasi inesistente.
Che fare?
Il capitalismo ha i secoli contati! Tutto, dunque, dispone verso l’ineluttabile. Siamo condannati al presente.
Amen.
SITUAZIONE COVID.
Un minuscolo esserino.
Un esserino che causa morte. Causa panico. Causa riflessione.
D’un colpo le catene del valore ottimizzate entrano in crisi: la de-localizzazione appare un freno, anzi un ostacolo, di più un disastro.
Molte imprese debbono fermare la catena di montaggio: uno stupido componente della catena produttiva che deve provenire dal lontano oriente non può arrivare. Trauma!
De-localizzare ottimizza, ma in assenza di rischio.
In presenza di rischio il costo supera il vantaggio geografico: fermi tutti, si deve riflettere, forse abbiamo osato troppo. Ricalcoliamo. Quanti rischi possono quantificarsi nel futuro che costringano a situazioni simili a Covid?
Gli uffici studi sono al lavoro. Il sistema va ponderato bene.
SITUAZIONE POST-COVID
Covid! Granello di sabbia salvifico che s’è introdotto negli ingranaggi facendoli saltare.
Esultanza dei verdi, esultanza dei sovranisti, esultanza dei nostalgici del socialismo reale. Basta con la globalizzazione, ritorniamo ai tempi d’una volta: lo Stato-Nazione.
Tripudio per la resurrezione, dopo il Venerdì Santo, della modernità!
Ma…..
Secchio d’acqua gelida investe gli esuberanti.
Riflettere, riflettere. Niente utopie fallimentari.
La globalità è irreversibile. Appartiene alla struttura tecnologica. L’uomo no potrà mai rinunciare ai sistemi comunicativi che permettono un sistema di società-mondo.
La sovrapposizione fra Stato e società è perduto per sempre: il perimetro della società va oltre i contorni dello Stato.
Inutile sognare.
Forse Covid ha accelerato i tempi. Forse ha costituito il trauma che spinge al cambiamento. Forse….
Per molti risulterà un boccone amaro: non la contraddizione interna, non la rivoluzione ma l’avverarsi semplicemente di un rischio in una società del rischio.
Tuttavia, una fessura nella crosta rocciosa liberista s’è aperta.
Una opportunità si è mostrata.
Ma gli strumenti per agire in quella fessura poco hanno in comune con le vecchie glorie d’una generazione che fu.
Nostalgia certo, ma con spirito critico(citando l’ottimo Nicola).
CARLO ALBERTO FALZETTI
Caro Carlo
Il tuo intervento è ricco di spunti complessi e stimola ulteriori riflessioni su temi di rilevante interesse.
Ho solo un piccolo dubbio: quando escludi che la pandemia sia essa stessa una contraddizione interna all’attuale sistema e al suo carattere globalizzante.
A me sembra che le modalita di avvento e soprattutto di sviluppo della infezione da covid siano intrinseche a quel globalismi che come giustamente affermi rende il mondo ad una dimensione.
Ma anche questa riflessione richiede ulteriori approfondimenti
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Caro Anonimo ti ringrazio per l’interesse mostrato. E’ già tanto!
Quando parlavo di contraddizione mi riferivo alle contraddizioni classiche della dottrina marxiana.
Ovvero l’implosione del sistema per cause endogene al sistema. Una sorta di male mortale insito nell’intestino (la caduta tendenziale del profitto, esempio classico).
Tuttavia la tua osservazione è interessante e da condividere. Il virus come meccanismo di propagazione è naturale figliolanza della globalizzazione, meglio di quell’aspetto di essa che ha a che fare con la globalità della comunicazione. Il virus e tutti i futuri virus o malattie contaggiose o veleni pre-fabbricati per la prima volta nella storia viaggiano comodamente in tutto il globo.
E’ la cosi detta “SOCIETA’ DEL RISCHIO a cui dobbiamo abituarci e che implica necessariamente utensili ben diversi da quelli pensati con languore nostalgico.
Ma, come hai detto, tutto questo richiederebbe dibattito da rimandare al futuro (?).
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La definirei una fenomenologia dell’homo oeconomicus nei confini della società del rischio. Il povero Ulrich Beck non ha fatto in tempo a misurarsi col virus. Sarebbe stato effettivamente un esempio perfetto a sostegno della sua teoria. Il tuo riferimento è assai calzante.
NP
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Provo a fare una considerazione su visioni del mondo ed era post Covid. Le ideologie globalizzanti, secondo il sociologo Barisione, hanno tre principi ispiratori:ordine, libertà e uguaglianza. Ma le ideologie nel mondo reale diventano ibride e sono gli uomini che danno significatisecondo i propri valori. Si verifica pertanto un doppio movimento, una tendenza centripeta ed una centrifuga, la prima forma identità comunitarie, la seconda visioni soggettivistiche. Dagli anni Settanta sono nati i movimenti e le ideologie post materialiste, con un processo di individualizzazione(femminismo, anti globalismo ambientalismo). Negli ultimi decenni sono nate ideologie imperniata sulla ricerca delle radici e di comunità, sovraniste( in USA il fondamentalismo religioso, Orban con una concezione tradizionale di “ordine”, patria e famiglia). Secondo alcuni la pandemia Covid 19 potrebbe stabilizzare il ciclo centripeto dell’ordine e dell’uguaglianza. Al contrario “ripresa e resilienza” potrebbero promuovere la differenziazione, con lo sviluppo di tecnologie e di piattaforme social con nuovi rapporti tra soggetto e mondo. Ma questa accelerata iper modernità non permetterebbe di strutturare le culture ed orientare lo sviluppo storico. A mio avviso è ciò che stiamo subendo, incapaci di “stare a passo” ed ancora vincolati dal governo della weberiana razionalità formale, incapaci con le nostalgie di condividere significati.
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