“S’è messo le presciutte”
di VALENTINA DI GENNARO ♦
Alfredo Fulvi, classe 1902 qualche anno prima di rischiare di essere deportato nella piazza principale di Civitavecchia, è un giovane portuale, molto alto e molto bello.
Vestiva di bianco, in frac, per andare a ballare.
“S’è messo le presciutte” diceva scanzonata la madre, Maria.
Maria “la cunia” (la coniglia) per la quantità di figli che aveva messo al mondo e con la facilità con cui partorì gli ultimi, non si sdraiava più neanche al letto, si accovacciava in cucina e se li portava al
petto, da sola.
Erano i ruggenti anni venti. Alfredo vuole andare a ballare. Per tutta la sua vita gli rimarrà un senso innato per l’eleganza e lo stile. Anche quando tornava dal turno del carbone, quando nel fondo della stiva si vedeva solo il bianco degli occhi, si lavava, si cambiava, si stirava la piega ai pantaloni e portava un fazzoletto in testa per tenere a bada i capelli, fermati dalla brillantina Linetti.
Abitava sotto l’archetto, che divide piazza Saffi da Piazza Leandra.
Una sera, tutto vestito di bianco, uscendo da casa si sporcherà il pantalone mettendo il piede in una pozzanghera, una bambinetta ad una finestra della quarta strada assisterà alla scena, ne riderà di cuore.
Lui infastidito per la figuraccia manda qualche rimbrotto.
Quella bambina irriverente affacciata diventerà la sua amatissima moglie, mia nonna Assuntina.
Alfredo era alto, magro, elegantissimo. Assuntina, bassa bassa e senza alcun interesse per il belletto. Assuntina lavorerà, lavorerà, lavorerà sempre. Parlerà di soldi e comprerà il suo negozio. Che sfacciata!
Ma prima di sposarsi, erano molti infatti, gli anni che li dividevano, mio nonno ebbe un altro grande amore.
Un amore ostacolato dalla famiglia di lei, e allora Alfredo si sparerà per amore, mancando il cuore per qualche millimetro. La pallottola lo attraversa da parte a parte, miracolosamente illeso, porterà la cicatrice con imbarazzo, dallo sterno alle scapole.
Pranzo a mezzogiorno e alle tre al cinema.
Appassionato di Tex Willer, morirà con l’albo a fumetti sopra gli occhi, chissà su quale vignetta la morte lo colse.
Le date so sempre “ricordatore” e lui morì il giorno della festa del Papà, che a casa mia divenne un giorno come un altro, non si festeggiava. Era soprattutto il giorno in cui si friggevano i bignè di San Giuseppe in pasticceria, iniziando la sera prima.
Quando partii per Genova, per partecipare alla manifestazione contro il G8, mia madre mi volle consegnare la fede di mio nonno Alfredo, così sottile per l’usura.
Nelle caotiche e violente giornate di cui fui testimone nel luglio 2001, quell’amuleto, che doveva servirmi da scudo, aumentò solo la mia preoccupazione di perdere un cimelio così importante.
Giravo quella fedina tra le dita e pensavo ad Alfredo che mi diceva: “Ma ndo t’ha mannato la tu madre?!”
VALENTINA DI GENNARO
Quanti ricordi ognuno di noi conserva e quante vite variegate !!!!
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Sono Carla la figlia di Alfredo . Nonostante conoscessi la storia dopo averla sentita e risentita mi sono commossa fino alle lacrime. Grazie Valentina di aver raccontato il mio amatissimo padre.
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