STORIA DELLE OLIMPIADI. L’ERA DEI BOICOTAGGI – Montreal- Mosca- Los Angeles

di STEFANO CERVARELLI

La politica olimpica degli anni settanta fu caratterizzata, e in un certo senso si contraddistinse, per il legame con la distensione bipolare.

Ovviamente di questo ne risentirono le relazioni sportive tra Est ed Ovest che sembrarono procedere, senza problemi apparenti, verso un progressivo miglioramento, che comunque, come d’altra parte era naturale, lasciava inalterato lo spirito di competizione e la rivalità.

Stati Uniti ed Unione Sovietica dedicarono gran parte dei loro lavori a un programma di riduzione delle truppe in Europa, alla riduzione delle armi nucleari, fino a prospettare un incremento dei rapporti commerciali tra i due Paesi. Furono anche stilati programmi di cooperazione culturale e scientifica.

All’interno di questo quadro, le olimpiadi-viste come mezzo innegabile di cooperazione internazionale e, sopratutto, come mezzo per l’edificazione di relazioni pacifiche-diventarono un terreno ottimale sul quale portare avanti un dialogo bipolare.

Indubbiamente lo sport, in confronto alle tematiche riguardanti la sicurezza mondiale, assumeva un ruolo marginale, non tanto però da impedire, sia ai Paesi occidentali che a quelli del patto di Varsavia, di firmare vari protocolli di accordi sportivi, proprio mentre i comitati olimpici nazionali  avviavano numerosi programmi di gemellaggio e collaborazione.

Questa, chiamiamola, distensione sportiva, indusse i sovietici ad avanzare la candidatura di Mosca per le olimpiadi 1976, ma il CIO, dopo un breve ma serrato dibattito, decise però di assegnare i giochi a Montreal, lasciando aperta la porta dell’edizione successiva nella capitale sovietica.

L’URSS, nonostante tutti i bei discorsi, abbracci e baci, non la prese bene, arrivando addirittura a denunciare di collusione con i Paesi occidentali, i componenti del CIO.

Quando venne il momento di indicare quale tra le due città, Los Angeles e Mosca, avrebbe ospitato i giochi del 1980, la scelta verso la capitale sovietica fu quasi naturale, quindi unanime; apparve chiaro che con quel voto l’organizzazione sportiva mondiale voleva dimostrare il proprio compiacimento e sostegno alla costituenda distensione tra USA e URSS, come d’altronde ricordato dal Presidente del CIO di allora, Lord Killanin, durante il discorso che motivava la scelta.

Dunque eccoci a Montreal 1976.

Da poco la città  canadese aveva ricevuto l’investitura ufficiale che già il  comitato organizzatore si trova davanti a diverse difficoltà.

Il sindaco della città ”Per far prevalere il vero spirito olimpico, con umiltà, semplicità e dignità” aveva  ribadito che si sarebbe trattata di un’Olimpiade all’insegna dell’austerità, tanto da prevedere  una spesa massima di 125 milioni di dollari; alla fine i giochi costeranno più di due  miliardi di dollari, lasciando la città e l’intero Quèbec in una situazione finanziaria alquanto fragile, rendendo più tesi i rapporti tra Quèbec e amministrazione centrale.

Ma cos’è che aveva fatto balzare così in alto i costi?

Per prima cosa un grandioso progetto dell’architetto francese  Roger  Tuillibert per la realizzazione di uno stadio dal costo di 350 milioni di dollari! Poi la corsa dell’inflazione e le spese per la sicurezza, onde evitare il ripetersi di quanto accaduto a Monaco e sulle quali non si poteva certo lesinare.

Ai problemi economici si aggiunsero- potevano mancare ?- problemi politici, il primo era quello delle “ due Cine”.

Seguendo in parte la diplomazia del ping-pong (ricordate?)  con la quale Stati Uniti e Cina avevano gettato le basi per un dialogo, il Canada aveva ritirato il riconoscimento diplomatico a Taiwan per conferirlo alla Cina Popolare.

Alla vigilia dei giochi Lord Killanin ricevette dal governo canadese una comunicazione con la quale si affermava la decisione di non permettere agli atleti di Taiwan di partecipare ai giochi, a meno che questi non avessero rinunciato ad essere riconosciuti  come atleti della Repubblica di Cina.

Iniziò…la guerra.

Il CIO rispose duramente minacciando sanzioni contro il comitato organizzatore ed il comitato olimpico canadese, si arrivò persino a minacciare che le olimpiadi di Montreal non sarebbero state inserite nel conteggio ufficiale del CIO; condanne arrivarono anche da federazioni internazionali.

Il comitato olimpico americano minacciò di ritirarsi dai giochi, portando con sè altri comitati.

Il CIO avanzò proposte  che vennero però tutte rifiutate.

La questione finì con l’assenza di entrambe le Cine e con il CIO che non adottò nessuna sanzione verso i canadesi.

Ed eccoci al secondo caso politico.

I Paesi del terzo mondo africano alzano il tiro mettendo nel mirino chiunque abbia avuto rapporti sportivi con il Sudafrica, in particolare veniva chiesta  l’esclusione della Nuova Zelanda, colpevole di avere effettuato incontri di rugby con i suoi  All Black con il Paese razzista.

Il CIO, che aveva già detto no a Taiwan per lasciare la porta aperta ad una possibile partecipazione della Cina Popolare con il risultato che sappiamo, non se la sente di ingaggiare una nuova battaglia, come quella che sarebbe nata, vietando la presenza ai giochi della Nuova Zelanda, facendo notare, (in maniera un po’…labile) che il Rugby non era una disciplina sportiva olimpica e che vi erano  altri 26 paesi  che intrattenevano rapporti sportivi con il Sudafrica.

I paesi africani (24) non sentirono ragioni: fecero le valigie e tornarono a casa; restarono solo Costa d’Avorio e Senegal.

Niente male per un periodo di distensione!

L’assenza dei paesi africani fu avvertita sensibilmente in certi eventi- come le gare di mezzofondo e la maratona, non alterando però i giochi più di tanto. Gli Stati Uniti inaspettatamente vengono scavalcati non solo dall’Unione Sovietica ma anche dalla Germania dell’Est.

La sconfitta americana fu particolarmente bruciante nel nuoto femminile, dove la squadra a stelle e strisce era data favoritissima, a trionfare fu invece la tedesca dell’ Est Cornelia Ender con quattro ori.

Gli americani dissero che il successo tedesco era dovuto dal ricorso agli  steroidi anabolizzanti.

Accuse di pratiche dopanti vennero lanciate anche contro il corridore finlandese Lasse Virèn, vincitore dei 5.000 e 10.000 metri; solo che la pratica, della quale venne incolpato-autoemotrasfusione..- allora non era considerata illegale.

Con questa seconda accusa per  la prima volta, se non vado errato, si parla di doping alle olimpiadi e, purtroppo non se ne smise più.

I 210 azzurri presenti in Canada raccolgono un bottino magrissimo: due ori sette argenti e quattro bronzi. Sara Simeoni passa dal sesto posto di Monaco,  a vincere la medaglia d’argento, alle spalle di quella che sarà la sua eterna rivale: Rosemarie Ackermann.

Protagonista principale  dei giochi è Nadia Comaneci.  A Montreal la  sua fama diviene imperitura; romena, nata in Moldavia, non sorride mai, i giornalisti la chiamano “gelato al limone”, ha 14 anni ed è già campionessa d’Europa. A lei, per la prima volta nella storia, vengono assegnati due dieci  alle parallele assi metriche e alla trave. Il mondo rimane incantato dai suoi volteggi, dalle sue capriole.

Montreal fa registrare un ulteriore evento storico: per la prima volta Cuba conquista medaglie d’oro nell’atletica; merito di Alberto Juantorena  che si impone nei 400 e negli 800 metri.

MOSCA 1980.

I problemi di Montreal impallidiscono in confronto alle tensioni emerse quattro anni dopo, alla vigilia dei giochi sovietici.

Da più parti, già da qualche tempo, si erano alzate voci contro l’assegnazione dei giochi a Mosca, motivo? La delusione scaturita dalla politica di distensione; numerosi attivisti per i diritti umani sottolinearono come la repressione del dissenso politico e le violazioni dei diritti umani fossero in contrasto con i valori fondamentali dell’Olimpismo.

Venne fatta richiesta al CIO affinché venisse individuata una sede alternativa ai giochi, altrimenti sarebbe iniziata una campagna di boicottaggio degli stessi.

Questa idea venne ripresa all’inizio del 1980 da Jimmy Carter con lo scopo principale di punire i sovietici per l’invasione dell’Afghanistan, iniziata nel dicembre 1979.

L’azione russa e la reazione statunitense, fatta di misure e sanzioni, segnarono la fine della distensione e l’inizio della “ Seconda guerra fredda“.

La Casa bianca si mosse velocemente per ottenere il maggior numero di consensi verso il boicottaggio, arrivando addirittura a prospettare una controlimpiade aperta “a tutte le nazioni amanti della libertà”.

Gli Stati Uniti ottennero  dalla rete televisiva NBE e dalla Coca Cola la rescissione dei contratti firmati con il CIO e con l’URSS. Anche Muhammad Alì si spese per questa causa andando in missione diplomatica in cinque Paesi africani (Tanzania, Kenya, Nigeria, Liberia e Senegal).

Negli States si ebbe un ritorno di gesti antisovietici che sembrarono richiamarsi agli anni cinquanta minacciando, però, indirettamente la campagna di boicottaggio visto che il pubblico americano ambiva vedere i propri atleti gareggiare proprio per “umiliare i sovietici a casa loro“.

Alla fine 62 nazioni scelsero di non partecipare ai giochi, mentre altre 16 delegazioni sfilarono dietro il vessillo del CIO, senza mostrare la bandiera nazionale.

Ovviamente il livello tecnico delle gare risentì profondamente di quanto accaduto e, senza destare nè meraviglia nè sorpresa, i sovietici dominarono i giochi, alle loro spalle gli atleti bulgari, cubani ed italiani..

Ciascuna di queste tre delegazioni vinse otto medaglie d’oro, poca cosa se si considera che il ginnasta sovietico Dityanin vinse, da solo, 8 medaglie d’oro e che in totale i sovietici chiusero i giochi con 195 medaglie (80 ori, 69 argenti, 46 bronzi).

Il pugile cubano Teofilo Stevenson  conquista, per la terza volta consecutiva, il titolo nei pesi massimi.

Noi partecipiamo, senza inni, nè bandiere, ma solo con un vessillo bianco con la scritta CONI, nonostante l’esplicito invito del governo presieduto da Francesco Cossiga, a disertare i giochi.

E l’Olimpiade dei trionfi di Sara Simeoni nel salto in alto e di Pietro Mennea nei 200 metri, per il resto, al di là di dati statistici, non è un ‘Olimpiade di cui tecnicamente se ne possa parlare in maniera significativa.

Los Angeles 1984.

Al termine dell’Olimpiade di Mosca il primo pensiero, e la prima paura, fu che l’Unione Sovietica avrebbe  boicottato l’edizione statunitense ma, tra lo stupore generale, i sovietici si affrettarono a spazzar via questi dubbi.

A capo del CIO era, nel frattempo, arrivato Juan Antonio Saramach che  subito si adoperò per imporre un  programma rigido per far fronte alle nuove sfide che minacciavano le Olimpiadi: lotta acerrima al doping, approvazione di risoluzioni di contrasto ai boicottaggi; inoltre, per la prima volta, oltre ai rappresentanti dei comitati olimpici e delle federazioni internazionali, vengono ascoltati rappresentanti  degli atleti olimpionici.

Il gesto più importante, storico, compiuto dal nuovo Presidente e che infranse anni d’elitarismo del CIO, fu quello di aprire le porte del comitato alle donne: ne entrarono a far parte  la venezuelana  Isava Fonteca e la finlandese Pirjo Haggman.

Ma perché alla fine l’Unione Sovietica, dopo aver ribadito la sua intenzione di  andare a Los Angeles, nonostante,  come fu fatto notare, il boicottaggio americano e la sempre più decisa svolta antisovietica di Reagan, prese la decisione di non partecipare all’Olimpiade? E questo a pochi giorni di distanza dalle parole di Samarach,: ”Le nuvole nere che si profilavano nel cielo olimpico sono svanite o stanno per svanire del tutto”.

Ma proprio quando l’11 maggio la fiaccola olimpica era in viaggio verso la California improvvisamente da Mosca esce un comunicato:” …..Negli Stati Uniti sentimenti di sciovinismo nazionalista e l’isteria antisovietica si stanno moltiplicando(..)………..Washington ha rilasciato solo mezze rassicurazioni sull’osservanza della carta olimpica; azioni concrete mostrano che gli americani non intendono garantire la sicurezza degli atleti sovietici, il rispetto dei loro diritti e della dignità umana, nè hanno intenzione di creare condizioni normali per lo svolgimento dei giochi (…..). Data questa situazione il comitato olimpico nazionale dell’URSS è costretto a dichiarare che la partecipazione degli sportivi sovietici ai giochi olimpici è impossibile”).

Con l’ Unione Sovietica altri 16 Stati  boicottarono i giochi ai quali furono presenti solo gli atleti rumeni che vinsero 53 medaglie (20 d’oro), questo proprio quando, per la prima volta, alle olimpiadi partecipano  atleti cinesi. Il resto del mondo comunista disertò i giochi del 1984. Da un punto di vista prettamente sportivo le olimpiadi di Los Angeles segnarono la definitiva accettazione   delle donne ai giochi , non tanto per il loro numero (le atlete presenti furono quasi 2.000), ma perché fu loro riconosciuto, per la prima volta, il diritto di gareggiare nella maratona, vinta, per la cronaca,  dalla statunitense  Juan Benoit Samuelson. Fu qui a Los Angeles che Carl Lewis, , si assicurò, come dire, l’immortalità eguagliando il record di Jesse Uwens 48 anni dopo, vincendo 100, 200, salto in lungo e staffetta 4x 100. Per  comprendere ancor meglio  la misura delle sue capacità  bisogna sapere  che negli ultimi quattro anni non aveva perso una sola gara.

A Los Angeles, complice naturalmente l’assenza dei Paesi dell’Est, la nostra presenza è suggellata da 32 medaglie ( 14  d’oro, 6  d’argento  e12 bronzi), lo stesso numero ottenuto della  Cina Popolare.

Di particolare valore  l’oro conquistato da Gabriella Dorio nei 1.500 m, mentre Mennea disputa la quarta finale olimpica.

Da una prospettiva economica i giochi  californiani proiettano l’Olimpiade in una nuova era: quella dei profitti e del business privato.

Dopo l’esperienza di Montreal (disastro economico) e di Mosca (assenza di un bilancio chiaro ed attendibile) nascono contrasti tra il governo federale, la città di Los Angeles da una parte e il comitato organizzatore dall’altra, allora per la prima volta nella storia delle olimpiadi viene costituito un comitato organizzatore privato. Superate tensioni  iniziali con il CIO, il comitato si muove con il chiaro scopo di moltiplicare gli incassi. Vengono venduti i diritti televisivi alla rete americana ABC, alle europee Eurovision e Intervision ed a una emittente giapponese guadagnando oltre 250 milioni di dollari. Altri 130 milioni di dollari  arrivano dai 30 principali sponsor dei giochi.

Alcune multifunzionali finanziarono la costruzione e ammodernamento delle strutture sportive; altre ancora, come Mc Donald’s, ottennero il diritto di vendere i loro prodotti con riproducente il logo olimpico.

Tale sfarzo e pubblicità  irritarono molti, tra primi i francesi, che accusarono gli americani di sciovinismo.

E’ la seconda, in un breve spazio di tempo, che agli Stati Uniti  viene rivolta questa accusa….

Ricordate? Avevamo iniziato parlando di distensione……..

STEFANO CERVARELLI