La stamperia alla Rocca officina di cultura. Il tipografo e editore Arcangelo Strambi.
di ENRICO CIANCARINI ♦
Sono un bibliofilo, nutro la passione di reperire e collezionare libri antichi su Civitavecchia o stampati dalle antiche tipografie che operavano in città fra XIX e XX secolo.
Primario oggetto del mio desiderio di collezionista è il libro “Senofonte. De’ proventi di Atene. Dal greco recato in volgare” edito a Civitavecchia nel 1818 “Nella Stamperia Camerale. Presso Domenico Rossi. Stampatore e Librajo”. Il volumetto, di 64 pagine che potete comodamente e gratuitamente leggere su Books.google.it, è dedicato a “Monsignor Giovanni Antonio Benvenuti, patrizio osimano, Referendario dell’una e l’altra Segnatura, Prelato domestico di Sua Santità e Delegato Apostolico in Civitavecchia” ed ha, in ultima pagina, l’imprimatur del pro-vicario generale di Centumcellae, l’allora canonico Vincenzo Annovazzi, e del vicario generale del Sant’Offizio di Centumcellae, il frate domenicano Stefano Fissori.
Per scoprire chi sia il curatore della traduzione, bisogna sfogliare il volume fino alla ventiduesima pagina quando in coda alla lunghissima dedica leggiamo:
Ecco in parte adempiuto a quella onesta ambizione, che da molto tempo io nudriva (sic) in cuore di palesare al mondo la particolare servitù che io mi glorio di professarvi. E sperando a qualche tempo farvi più chiaramente conoscere il desiderio che tengo di servirvi, ho l’onore di dirmi, di V.E. Rev.ma, U.mo ed Obb.mo Servitore PIETRO MANZI.
È ancora giovane Pietro Manzi, ha trentatré anni, mentre redige la “servile” dedica. Monsignor Benvenuti è delegato apostolico a Civitavecchia dal 1815 e vi rimane fino al 1820. Lo storico e traduttore Manzi deve far dimenticare al governo papale la sua piena ed entusiasta adesione all’amministrazione imperiale francese che lo promuove “consigliere uditore di Sua Maestà Imperatore e Re alla Corte imperiale di Roma”, come registra l’elenco dei membri ordinari della Classe di Belle Lettere dell’Accademia Ellenica (1813), di cui fanno parte anche il fratello Guglielmo e Benedetto Blasi. Le giovanili frequentazioni romane di Pietro e dell’amico Benedetto danno origine a pesanti e permanenti conseguenze sulla loro vita futura: saranno sempre oggetto dell’attenta sorveglianza della sbirraglia papalina.
Quale peculiarità possiede il libro di Senofonte tradotto dal Manzi da rendermelo particolarmente caro al fine di appagare la mia passione di collezionista bibliofilo?
Ritengo, allo stato attuale delle mie ricerche, che Senofonte sia il primo libro stampato a Civitavecchia nella stamperia camerale che aveva sede al piano terra dell’antica Rocca medievale.
Nella guida agli inventari dell’Archivio di Stato di Roma leggiamo che:
La stamperia camerale fu istituita nel sec. XVI e il suo primo grande stampatore fu Antonio Blado. Durante il pontificato di Paolo V la tipografia vaticana fu assorbita da quella camerale. Dopo la restaurazione la stamperia camerale, che dipendeva direttamente dal tesoriere, ebbe, come le cartiere camerali e la calcografia, una propria amministrazione indipendente dalla computisteria. Con chirografo del 4 genn. 1834 la privativa della stamperia camerale venne soppressa nelle legazioni e nelle delegazioni e venne limitata soltanto a Roma.
A Civitavecchia esiste perciò una succursale della stamperia camerale di Roma. Interrogando il Catalogo unico delle Biblioteche italiane risulta che il primo documento che conosciamo stampato a Civitavecchia sono gli “Statuti del commercio, e consolato del porto franco di Civitavecchia dedicati alla Santità di N.S. papa Benedetto XIV in Civita-Vecchia, MDCCXLII con licenza de’ superiori”.
Certamente nella Rocca, sede del governatore papale e poi del delegato apostolico massima autorità pontificia della città portuale, la Reverenda Camera Apostolica distacca un’officina o stamperia dove poter stampare gli editti e gli avvisi emanati dal governo romano o dalle autorità locali. Non conosciamo la data di installazione dell’officina né i nomi dei primi addetti alla tipografia camerale nel XVIII secolo, un’accurata (e forse futura) ricerca nell’Archivio di Stato di Roma permetterebbe di individuare anno di apertura e nomi degli stampatori camerali a Civitavecchia.
Lo stampatore e libraio Domenico Rossi, originario di Macerata, è sicuramente attivo a Viterbo nel 1810 quando “gli accademici ardenti Giuseppe Matthey, primario dell’Ospedale Grande, e Tranquillino Zeppi, aprivano una nuova tipografia con attrezzatura moderna, sotto la direzione di Domenico Rossi. Con il nome di Stamperia dell’Accademia degli Ardenti o Stamperia Camerale del Patrimonio” (Mostra storica del libro viterbese a tutto il secolo XIX. Catalogo. 1957). Nel 1813 il Rossi, “compositore – torcoliere – calcografo e direttore dell’officina” stampa “Turno re de’ Rutuli ucciso da Enea. Ottave di Benedetto Blasi Socio ordinario dell’Accademia Ellenica di Scienze, e belle lettere di Roma”. Blasi ha solo diciotto anni quando pubblica questi suoi primi versi.
Allo stato attuale delle mie ricerche, Domenico Rossi è il primo a imprimere i suoi libri indicando l’incarico di stampatore camerale di Civitavecchia. Pochi anni dopo, nel 1823, è pubblicato il foglio “Per la solennità de’ santissimi martiri Secondiano Veriano e Marcelliano protettori della città di Toscanella che si celebra gli 8 agosto 1823…” improntato a Civitavecchia presso Camillo Medicina Stampatore Camerale. Questa l’unica registrazione a suo carico che riporta il Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN).
Nel 1826 la Stamperia Camerale pubblica le “Istruzioni intorno al santo Giubileo dell’anno 1826. Nella diocesi di Porto, santa Rufina, e Civitavecchia. Bartolomeo Pacca per la divina misericordia vescovo di Porto, santa Rufina, e Civitavecchia”. Non è riportato il nome dello stampatore.
Tre anni dopo, nel 1829, lo stesso cardinale Bartolomeo Pacca divulga le sue memorie con i tre volumi “Notizie sul ministero del card. Bartolomeo Pacca pro-segretario di stato della s.m. di papa Pio VII” e la “Relazione dei due viaggi fatti in Francia dal card. Bartolomeo Pacca” in due tomi.
I tre voluminosi scritti sono pubblicati a Civitavecchia presso Arcangelo Strambi stampatore camerale. È l’esordio del tipografo e editore che per cinquant’anni garantisce alla nostra città un’attiva presenza nel mercato italiano della produzione di libri e giornali. Strambi si occupa anche di produzione di stampati per le amministrazioni municipali, di vendita di libri di altri editori, di cartoleria, di vendita di francobolli.
Nel repertorio degli “Editori italiani dell’Ottocento” (2004) una scheda riassume così la sua attività:
Di proprietà di Arcangelo S., passò intorno al 1883 a Vincenzo S., che proseguì l’attività tipografico-litografica nel ‘900 e fu forse in società con Calamatta nella Strambi e Calamatta.
Ricoprì un ruolo di una certa importanza all’interno della realtà editoriale di Civitavecchia. Il catalogo, non molto ricco di titoli, registrò alcuni salti di produzione intorno agli anni 1840-1845 e 1855-1865. Pubblicò titoli di argomento vario: dalla giurisprudenza (Scipio Sighele, Note critiche di diritto penale, 1891) alla letteratura (numerose commedie di Bice C. Manzi), dalla religione all’economia e all’editoria d’occasione (relazioni, elogi, memorie, lettere).
Michele Arcangelo Francesco Strambi nasce a Civitavecchia il 28 settembre 1806 figlio di Giuseppe romano e Maria Giuseppa Cassiae (D’Onofrio) civitavecchiese, battezzato l’indomani dal parroco Tommaso Giuseppe Onori, padrino Pietro Vignola, ostetrica Lucia Rosa Fontarini, cresimato l’8 settembre 1815 nella chiesa di San Francesco (un grazie a don Augusto Baldini).
Arcangelo ha solo ventitre anni quando diventa stampatore camerale. Come riesce a diventarlo? Lavorava già come apprendista nell’officina della Rocca? Portava avanti una tradizione familiare nel campo della stampa? A Livorno nel Settecento è attivo un Matteo Strambi che raggiunge elevati livelli di qualità e relativa agiatezza con la sua tipografia. C’è una parentela con il vescovo e futuro santo Vincenzo Strambi che gli permette di ottenere l’appalto della stamperia camerale?
Quello che sappiamo è che la Tipografia Arcangelo Strambi in cinquant’anni di attività pubblica innumerevoli volumi che documentano lo sviluppo culturale ed economico di Civitavecchia. Le sue pubblicazioni accompagnano il passaggio dal governo papale all’affermazione italiana nel 1870.
Nei cataloghi bibliografici dell’Ottocento troviamo molti titoli delle opere che Arcangelo stampa dal 1829. Nella mia collezione annovero ventiquattro volumi stampati da Arcangelo o da Vincenzo. I primi sono i libri del cardinale Bartolomeo Pacca. Del 1831 è “Il corvo spennacchiato” di Benedetto Blasi che certamente merita un articolo a parte visto che si tratta di un’opera che testimonia l’amicizia fra l’avvocato civitavecchiese, Domenico Biagini e Giuseppe Gioachino Belli.
Il delegato apostolico Mario Felice Peraldi dà alle stampe dello Strambi il suo volume “Sulla tranquillità dei governi” (1834) e l’anonimo allumierasco (il cardinale Teodolfo Mertel) “Cenni istorici sulle miniere di Allumiere”.
Custodisco tre libretti stampati da lui delle opere che vengono messe in scena nei due teatri civitavecchiesi, il Minozzi e il Traiano.
Preziosa la prima edizione della guida turistica “Un cenno della città di Civitavecchia” del capitano palermitano Carlo Merlo (1856) che ho molto utilizzato per i miei scritti sull’Ottocento civitavecchiese.
Quando Civitavecchia diventa italiana è lui a stampare “L’Intrepido. Periodico indipendente della provincia di Roma” con direttore responsabile Giovanni Guglielmotti e “Il nuovo eco del Tirreno. Giornale marittimo, commerciale, industriale, politico e di annunzi” con direttore A. Rebecchini che si trasforma poi in “Il porto romano” diretto da A. Muratori.
Arcangelo Strambi muore a Civitavecchia in data 15 gennaio 1880 in Via Palomba n.1. Nell’atto di morte viene indicata l’età di anni 76, pertanto si presume che la nascita sia avvenuta nell’anno 1804, di professione tipografo (un grazie all’Ufficio Anagrafe del Comune di Civitavecchia).
Sposato con Francesca Angelici, che nel 1881 riceve una pensione liquidata dalla Corte dei conti, ha quattro figli (almeno) Ettore, Ferdinando, Cesare e Vincenzo che ne prosegue l’attività a Civitavecchia.
Nel 1882 i libri sono editi ancora come “Tipografia A. Strambi”. In quell’anno è pubblicato il romanzo “Fatemi deputato! Ovvero Croce da Cavaliere. Scene elettorali” di Cornelio Manzi e Giovanni Gaddi, altri due protagonisti della scena culturale civitavecchiese anch’essi dimenticati, autori d’innumerevoli romanzi d’avventura che in quegli anni gli fanno guadagnare il titolo di “Giulio Verne civitavecchiesi”, conosciuti e pubblicati in tutta Italia.
Vincenzo prosegue per alcuni decenni l’attività paterna, è doveroso ricordarlo per i tanti periodici civitavecchiesi che pubblica e che ci trasmettono la quotidianità di fine Ottocento nella nostra città: “Il Risorgimento” 1881; “Il Faro” 1882; “Fiorello” 1882; “Mefistotele” 1882; “L’unione liberale” 1888; “Leandro” 1890; “Corriere di Civitavecchia” 1890; “Il risveglio operaio” 1891; “Il ventaglio” 1891; “Calendario giuridico del Tribunale di Civitavecchia” 1891; “Gazzetta del Tirreno” 1893; “La lanterna” 1902. A fine ottocento si trasforma in Tipografia Calamatta.
Gli altri figli hanno vite travagliate. La Gazzetta Ufficiale del Regno, giugno 1887 chiarisce in parte l’eredità di Arcangelo:
La tipografia F. Strambi, aperta in Roma col 1 maggio 1887, in via del Tempio della Pace, n. 15, non ha nulla di comune nei suoi interessi con gli altri due stabilimenti tipografici, l’uno in Alatri, Ferdinando e C. Strambi, l’altro in Civitavecchia, Vincenzo Strambi…
Il repertorio degli “Editori italiani dell’Ottocento” registra una Tipografia F. e C. Strambi ad Alatri in attività dal 1883 al 1895, di proprietà dei fratelli Ferdinando e Cesare. Prosegue nel Novecento Ettore Strambi. Pubblica “per lo più scritti su argomenti, eventi e culti religiosi di carattere locale e alcune dissertazioni tenute presso l’Accademia Ernica in Alatri”.
Ferdinando apre una tipografia anche a Roma che ha una breve vita commerciale (nel 1888 fallisce). Cesare lo troviamo tipografo a Frosinone, anche lui è costretto a chiudere per fallimento.
Ettore e il figlio Petronio invece si stabiliscono stabilmente ad Alatri dove ancora oggi i loro discendenti portano avanti la secolare attività di tipografi e editori (ringrazio Davide Strambi per le preziose notizie sulla sua famiglia).
Una curiosità: Ettore si rivela un abile falsario, coinvolto in una truffa per la proprietà della Certosa di Trisulti, redige un falso testamento che assegna la proprietà a un suo complice. Per convincere il giudice che è lui l’autore dello scritto fraudolento “dovette ricorrere ad uno stratagemma: gli presentò un foglio in cui ne aveva contraffatto calligrafia e firma in modo così abile, che il magistrato non seppe distinguere lo scritto autentico da quello falso” (da Internet).
Oggi Arcangelo Strambi è dimenticato a Civitavecchia. Il tipografo e editore dell’Ottocento, colui che ha dato voce o meglio carta bianca al ceto politico, intellettuale e professionale della città, protagonista per un cinquantennio della vita sociale ed economica civitavecchiese, è stato ingiustamente depennato dalla memoria e patrimonio culturale della nostra Comunità.
Il mio articolo lo vuole ricordare per riconoscergli, a centoquaranta anni dalla sua morte, il giusto merito.
ENRICO CIANCARINI
Molto interessante.
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