APPUNTI DI ECONOMIA AMBIENTALE

di CARLO ALBERTO FALZETTI

La curva che rappresenta il grado di consapevolezza comunitario nei confronti dei percoli originati dall’inquinamento potrebbe, a causa della pandemia  presentare un punto di flesso. Al di là di tale punto il grado di consapevolezza potrebbe aumentare in modo più che proporzionale

Ciò potrebbe accadere in molti luoghi oggi esposti al rischio.

Può accadere anche per il nostro territorio. La penosità indotta dall’attuale calamità può, con probabilità elevata, causare una reazione avversa alle fonti inquinanti  presenti o probabili del nostro territorio. Per territorio dobbiamo intendere l’area del litorale da Civitavecchia a Montalto, l’area dei Monti della Tolfa, di Tarquinia. Questo è il territorio primario a cui si aggiunge l’area vasta secondaria compresa fra le provincie di Roma e Viterbo.

Per comprendere i livelli di inquinamento dobbiamo far riferimento non solo ai livelli attuali o ai livelli indotti dai possibili accrescimenti di inquinamento futuro ma ad un “effetto cumulativo”, ovvero alla stratificazione che si è formata a causa di una esposizione di vari decenni. L’effetto cumulativo, pertanto, sposta la curva del Costo Sociale verso l’alto (più precisamente rende più convessa la curva). Ogni possibile punto di equilibrio fra la curva del Costo Sociale (costo marginale del danno) e quella del Costo Privato (costo marginale dell’inquinatore per l’abbattimento degli effetti  negativi) rende la “tassa ambientale” (cioè l’effetto risarcitorio per la collettività) talmente elevata da porsi quale impedimento alla realizzazione di possibili future fonti di inquinamento.

Naturalmente, tutto questo risulta valido nella misura in cui il danno da inquinamento (esternalità negativa) possa esser fatto “valere” da parte della collettività in modo incontrovertibile e non passivamente subìto. Quello che si vuol dire è che pur procedendo ad una razionale contrattazione per raggiungere il punto ottimale fra livelli di inquinamento e risarcimento collettivo, per effetto del consolidamento degli effetti  temporali,  non è possibile raggiungere nessun livello ottimale. Il territorio è stato fin troppo esposto negli anni da una pluralità di fonti inquinanti e nessun risarcimento può compensare il “costo esterno” imposto dall’impresa inquinante sul “territorio-vittima”.  

Le ragioni della maggiore “convessità” della curva del Costo Sociale sono misurabili attraverso l’analisi dei dati epidemiologici diffusi da varie fonti ben conosciute da tutti coloro, medici , politici, cittadini comuni che sono sensibili da sempre riguardo a tale tematica.

La quantità delle fonti è allarmante: combustione delle Centrali Elettriche di Civitavecchia e Montalto (ora spenta ma è possibile una riconversione), traffico portuale, depositi materiali bellici, possibile stoccaggio rifiuti tossici, possibile collocazione impianto smaltimento rifiuti regionale. A tutto ciò va aggiunta la “piattaforma agricola”rappresentata dai pesticidi che, certamente, è comune in tutti i luoghi circondati da campagne a produzioni intensive ma che nel caso nostro produce un “effetto sinergico” con le fonti esterne di inquinamento.

Se sostenibilità è termine appropriato per giudicare un territorio in termini di impatto di inquinamento, la nostra area appare essere gravata da un peso non più sopportabile.

Il ricorso ricorrente al moltiplicatore dell’investimento indotto è un mito da accantonare. L’area vasta non è un deserto in attesa di bonifica economica. E’ un area attrezzata di alto potenziale in termini di ambiente, archeologia, arte medievale, tradizioni, prodotti tipici. La portualità internazionale, la vicinanza con Roma sono opportunità che dovrebbero costituire valide alternative alle iniziative inquinanti.

Ma, è tutta questione di “flesso”. Solo la consapevolezza urlata dai cittadini di contrastare i rischi dopo le pene sopportate dalla epidemia può far smuovere seriamente i politici del territorio.

 Altro non c’è!   (si ode qualcuno gridare al miracolo: l’eterogenesi dei fini indotta da Covid-19, ovvero dal letame può nascere un fiore).

CARLO ALBERTO FALZETTI