IL PREVIDENTE RIVAROLES
di GIORGIO LEONARDI ♦
Le dettagliatissime e ponderosissime memorie di Louis de Rouvroy, duca de Saint-Simon (“Mémoires complets et authentiques du duc de Saint-Simon sur le siècle de Louis XIV et la Régence”) costituiscono una fonte insuperata di vicende e fatti su un periodo assai vivace della storia francese, raccontati da un testimone d’eccezione in bello stile e con spirito arguto.
Una galleria pressoché infinita di personaggi sfila nelle pagine dei molti tomi che il duca scrisse nei primi anni del Settecento ma che vennero dati alle stampe solo a partire dal 1856, su lodevole iniziativa di un diretto discendente. Tra i tanti protagonisti di quella stagione così turbolenta Saint-Simon dedica una paginetta a un certo Rivaroles, nome francesizzato di un uomo di nobile lignaggio piemontese che, quando nacque a Torino, il 3 luglio del 1649, venne registrato all’anagrafe con l’interminabile nome di Vittorio Amedeo Giuseppe Filippo Francesco San Martino d’Agliè marchese di Rivarolo. Noblesse oblige, ma decisamente scomodo per la firma sui documenti. I due nomi Vittorio e Amedeo erano stati probabilmente aggiunti come omaggio dei genitori alla Real Casa Savoia per la presenza di Sua Altezza Reale il Duca Carlo Emanuele II e della Madama Reale Maria Cristina in occasione del battesimo, in qualità di padrini del fortunato pargolo, e quindi caddero presto in disuso. La scelta di padrini così d’eccezione dimostra lo status della famiglia, una delle più potenti del ducato sabaudo di quel tempo. Notizie, tutte queste, che Saint-Simon non riporta ma che si recuperano dagli archivi storici di Torino.
All’età di circa vent’anni, al rampollo vengono combinate nozze adatte al suo rango: prende in moglie la ricca contessa francese Marthe-Gabrielle Hérail Pierrefort de la Roue. Evento importante nella sua vita perché il buon Giuseppe Filippo ecc. ecc. lascia il suo Piemonte e si trasferisce in Francia, dove intraprende una valorosa carriera militare alla corte del re Luigi XIV, facendo bella figura e conquistando sui campi di battaglia cariche sempre più prestigiose, ottenendo infine anche il titolo di “cavaliere”, il grado di Gran Priore di Linguadoca nell’Ordine di San Lazzaro e la Gran Croce di San Luigi. Insomma, roba da confondersi la testa. A fronte di tali conquiste, però, il valoroso marchese di Rivarola dovette lasciare qualcosa sul campo: nel 1678, durante l’assedio di Puigcerda, un maledetta palla di cannone gli spappolò una gamba, che venne sostituita con una di legno. La menomazione non gli impedì però di diventare un ottimo giocatore di pallacorda ma soprattutto di partecipare ad altre campagne militari, nelle quali continuò a mettersi in luce per il suo coraggio, facendo molto parlare di sé a corte.
Quando l’esercito francese, guidato dal Maresciallo de Luxembourg, si schierò contro gli alleati degli Asburgo nei pressi di Neerwinden, in Belgio, il 29 luglio del 1693, il marchese di Rivarolo era lì, pronto all’ennesima battaglia. E Saint-Simon non poteva esimersi dal raccontare come, nuovamente, in quell’occasione, una cannonata mandasse in frantumi la sua gamba di legno. Un bizzarro destino. Ma i suoi compagni in armi lo sentirono ridere di gusto, sbottando a voce alta: «Ecco quanto sono idioti, hanno sprecato un colpo di cannone! Non sanno che nel mio bagaglio ne ho altre due!».
Questo spiritoso esempio di ardimento militare rimase fedele, fino alla fine, alla sua seconda patria, che servì finché poté. E, sebbene non sia affatto accertato il luogo di morte e sepoltura del marchese, molti concordano nel ritenere che finì i suoi giorni proprio sul suolo francese, a Parigi o in una sua proprietà in Linguadoca dove si ritirò nel 1697. Si sa per certo, tuttavia, che morì il 31 maggio del 1704.
Sessant’anni dopo Voltaire pubblicava, in forma anonima, il suo “Dizionario filosofico” e, alla voce “Destino”, scrive: «L’uomo non può avere che un certo numero di denti, di capelli e di idee; e viene il momento in cui perde necessariamente i suoi denti, i suoi capelli e le sue idee».
Rivaroles dimostra che si possono perdere anche gli arti inferiori, ma basta essere previdenti, metterlo in conto e magari presentarsi al fronte con due gambe di scorta.
GIORGIO LEONARDI
Il tuo articolo ha “smosso” la mia curiosità. Ho sbirciato qua e là scoprendo quanto Saint Simon abbia influito su Proust e Stendhal.Ho appreso,poi, che sua moglie diviene damigella della Duchessa de Berry e questo nome mi ha fatto subito pensare a quel meraviglioso codice miniato (Tres riches heures) che di tanto in tanto ho il piacere di sfogliare.
Naturalmente, il nome Saint-Simon rimanda al noto filosofo. Ignoravo le Memoires ed ora ne so qualcosa grazie a te.
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Grazie, e sono lieto di aver stimolato la curiosità. Oltre tutto per i “curiosi” le memorie del duca di Saint-Simon sono un vero repertorio godibilissimo. Purtroppo il suo nome è oscurato dal suo omonimo, da te ricordato in chiusura di commento, ed è un peccato perché i suoi tomi sono anche ben scritti. Non a caso i ricordati Proust e Stendhal vi trassero ispirazione.
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