ERMELLINO, IL TOPO DELL’ARMENIA DEI MANTELLI REGALI E ALTRE CURIOSITA’

di LETIZIA LEONARDI

Conosciamo tutti il capolavoro famosissimo di Leonardo da Vinci della fine del 1400: “La dama con l’ermellino”, esposto al museo Czartoryski di Cracovia. Non tutti sanno però che questo curioso e tenero animaletto che la dama del quadro, identificata nella nobildonna di Milano Cecilia Gallerani e amante di Ludovico il Moro, tiene amorevolmente in braccio ha origini armene. Infatti l’antico nome sarebbe stato “armellino”, dal latino armeninus, per associarlo al luogo di provenienza: le zone montuose dell’Armenia, dove è chiamato anche “topo dell’Armenia”. Recenti studi su questa eccezionale opera d’arte, fatti con una particolare “macchina del tempo”, hanno svelato che inizialmente l’ermellino nel dipinto non era presente, poi fu inserito e fu anche modificato. Sembra addirittura che di ermellini ce ne fossero persino due, tanto che alcune fonti ne parlano come della “Dama con i due ermellini”. Leonardo da Vinci, nei suoi dipinti, era solito inserire immagini (e talvolta anche parole), dando vita a dei veri e propri rebus ancora oggi in gran parte misteriosi: la Dama con l’Ermellino non fa eccezione. L’ermellino ricopre, in questo caso, specifici significati. Il tenero animale, infatti, simboleggia sia il nobile casato di appartenenza della ragazza quindicenne, sia lo stesso Moro che aveva commissionato il dipinto. Ma non solo, l’ermellino rappresenta la purezza e la castità.  Secondo la leggenda, preferirebbe morire piuttosto che sporcarsi il suo bellissimo manto. A livello iconografico la pelliccia di ermellino rappresenta la resurrezione, visto che cambia colore con il variare delle stagioni: fulva in quelle calde e candida in inverno. Per questa caratteristica, l’ermellino ha una grande capacità di mimetizzarsi per passare inosservato nel suo habitat. Il pelo, inoltre, simboleggia il senso del tatto per la morbidezza e il calore che emana.

In Occidente questo animale non potrebbe essere considerato domestico, alla stregua di un cane o un gatto, ma in Asia viene considerato tale e viene addestrato per cacciare lepri e topi. Questa piccola bestiola carnivora ama il freddo e, quindi, in Italia si può incontrare soltanto nelle zone alpine, ma è abbastanza diffusa soprattutto nelle zone euroasiatiche. Sebbene abbia un aspetto indifeso, l’ermellino è un animale soprattutto notturno, agile, molto aggressivo se si sente minacciato e ghiotto di sangue caldo, più che di carne appena cacciata. Ma non è certamente considerato tra i predatori più spietati perché è comunque molto utile a mantenere una sorta di equilibrio naturale, dal momento che si ciba di animali già compromessi, non in grado di difendersi, e di quelli che, proliferando troppo, costituirebbero un rischio per l’ambiente. Riesce a fare salti altissimi, ad arrampicarsi sugli alberi e anche ad attraversare corsi d’acqua. Tre anni fa è stato eletto, da Pro Natura, animale dell’anno.

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Il pregio di questo mammifero deriva dall’uso che viene fatto della sua pelliccia che, fin dall’antichità, impreziosisce i mantelli di re e imperatori. Utilizzata come fodera o collo nei mantelli regali, o come risvolto del copricapo papale, oggi essa viene usata dall’alta moda solo per bordare, dato l’alto costo,  abiti meravigliosi. Anche in un’altra notissima opera d’arte, dipinta da Rigaud ed esposta al museo del Louvre a Parigi, si può notare re Luigi XIV con un mantello bianco di ermellino. Erano tempi in cui gli animalisti non avevano alcuna voce in capitolo, e tuttavia anche oggi le più alte cariche della magistratura, sovrani e membri del senato universitario, sfoggiano mantelli con la pelliccia di ermellino. Nel 2019 la regina Elisabetta, che ha la corona con il bordo di ermellino, all’età di 93 anni, ha deciso di non usare più pellicce vere per rispetto degli animali e dell’ambiente.

Dall’arte della pittura a quella della scrittura. Il più conosciuto romanzo di Gregor von Rezzori s’intitola “Un ermellino a Cernopol”. Qui Cernopol è una città immaginaria, a metà tra Oriente e Occidente. Si tratta di un libro sul disinganno, su ciò che accade dopo la fase dell’infanzia, dopo la fine di un’epoca, su quello che ci attende dopo aver scoperto le disillusioni che la vita ci riserva.

Consultando la prestigiosissima Enciclopedia Treccani, alla voce “armellino”, si scoprono interessanti notizie sul suo conto anche in ambito numismatico. L’animale è stato utilizzato, nel XV secolo, durante il periodo di regno di Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, come unità di misura monetaria. L’immagine dell’ermellino è stata impressa su una moneta d’argento del valore di mezzo carlino, detta appunto “armellino” e coniata in due versioni, con rovescio diverso ma con in entrambe il curioso animale. Questa moneta è stata foggiata anche dopo il regno di Ferdinando d’Aragona, sotto Alfonso II e Ferdinando II (1494-1496). Un secolo dopo anche Guidobaldo II della Rovere, duca di Urbino, ha fatto creare un’altra moneta d’argento di mezzo paolo che raffigurava San Crescentino a cavallo da un lato, e dall’altro un ermellino. Una nota curiosa: poiché il popolo non conosceva questa bestiola, la scambiò per una volpe e quindi chiamò quelle monete “volpette”. L’ermellino era comparso anche su una piccola moneta del predecessore, Francesco Maria I della Rovere, e sui soldini anonimi di Senigallia, ma queste monete non furono mai chiamate “armellini”.

Dalla fauna alla flora, ermellino è anche un tipo particolare di albero di loto che produce datteri chiamati datteri di Trebisonda, attuale città della Turchia che nel passato faceva parte della storica regione dell’Armenia.

Per concludere questa disamina diciamo che esiste anche un’antica leggenda che spiega come l’ermellino, nonostante il suo pelo muti di colore a seconda delle stagioni, conservi sempre la punta della coda nera. Si narra che, tantissimo tempo fa, il bellissimo angelo del Paradiso di nome Lucifero cominciò a corrompere la sua anima con pensieri sempre più meschini e cattivi. I quattro arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele e Uriel, tentarono invano di ricondurlo sulla retta via e si videro costretti a cacciarlo dal Paradiso. Arrabbiato e offeso per essere stato bandito da quel luogo meraviglioso, Lucifero prima di lasciarlo compì una terribile vendetta: rubò la sacra pergamena che gli angeli custodivano come il più prezioso dei tesori, minacciando di utilizzare lo scritto per distruggere le anime degli uomini sulla terra. Lucifero scese nella parte più bassa dell’Universo e creò l’inferno, il suo regno. Per riuscire a recuperare la pergamena e impedire all’angelo divenuto demonio di usarla contro l’umanità, i quattro arcangeli si riunirono per trovare una soluzione. Non avevano idea su come potessero raggiungere quei luoghi, circoscritti dalle fiamme infernali, e fu per questo che decisero di scendere sulla terra per cercare qualcuno che potesse essere tanto veloce da poter sfuggire persino a Lucifero nel suo infuocato regno, e soprattutto anche tanto coraggioso da sfidarlo per sottrargli ciò che lui aveva rubato al Paradiso. Mentre stavano riflettendo, un piccolo ermellino con un magnifico manto bianco si avvicinò a loro. La purezza di quella piccola creatura convinse i quattro arcangeli a chiedere proprio a lui quell’enorme favore. La bestiolina accettò, pur sapendo quanto fosse pericolosa quella missione. Con tutto il suo coraggio si intrufolò agilmente per i tortuosi sentieri bruciati degli inferi e, man mano che procedeva, la sua pelliccia bianca con tutto quel calore cominciò a scurirsi, divenendo prima rossiccia e poi bruna. L’ermellino non si perse comunque d’animo e raggiunse la stanza più nascosta dove Lucifero dimorava. Con il cuoricino che gli batteva all’impazzata, si nascose in attesa del momento giusto per iniziare il suo attacco. Lucifero stava proprio davanti a lui e leggeva la sacra pergamena. Appena distolse il suo terrificante sguardo dallo scritto, l’ermellino agì e con un  balzo repentino riuscì a strappargliela e, veloce come una saetta, scappò per fare ritorno sulla terra. Ma il demonio furioso gli scagliò contro una fiamma infernale, usando il suo scettro a tre punte. L’animaletto lo evitò per pochissimo, ma la punta della sua coda venne comunque colpita. Nonostante il dolore, corse ancora più veloce per far ritorno sulla terra, dove gli arcangeli lo stavano aspettando e dove Lucifero non avrebbe più potuto raggiungerlo. Gli arcangeli, pieni di gratitudine, gli curarono le ferite, ed essendo quel giorno il 1° gennaio fecero in modo che ogni anno, all’arrivo dell’inverno, il manto dell’ermellino tornasse ad essere bianco com’era in origine, ad eccezione però della coda. Purtroppo il potere degli arcangeli non è stato in grado di eliminare del tutto la bruciatura del diavolo. Il piccolo ermellino però non se ne dispiacque, anzi ne fu contento perché in quel modo nessuno avrebbe mai dimenticato la sua temeraria impresa.  Fu così che da quel giorno l’ermellino venne considerato la più pura delle creature, e il cambio di colore del suo manto, da scuro a bianco ogni inizio inverno, divenne una prova tangibile della vittoria del Bene contro il Male.

LETIZIA LEONARDI