“La devastante mareggiata del 9 maggio 1902”

di DANIELE DI GIULIO

 PREMESSA                                                                              

La sera dell’8 maggio 1902 il porto di Civitavecchia iniziò ad essere battuto da un forte vento di libeccio che con il passare delle ore  si trasformò in un fortunale, imperversando interrottamente  per tutta la giornata successiva e causando gravissimi danni infrastrutturali: crollo del nuovo faro e cedimento dell’antemurale per 200 m..

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La tempesta continuò la sua azione distruttrice all’interno del porto contro numerosi velieri e piroscafi, i cui equipaggi fortunatamente riuscirono a mettersi in salvo. Il capitano del porto, allo scopo di garantire la sicurezza della navigazione, predispose con l’ausilio del personale del Genio civile una lanterna provvisoria sul molo danneggiato.

RACCONTI DEL POPOLO CIVITAVECCHIESE

Tale evento creò notevole sgomento e paura tra la cittadinanza, rimanendo per gli anni avvenire una tragedia da raccontare a figli e nipoti per metterli in guardia sul pericolo del mare in burrasca. Infatti, sia mio padre sia mia nonna, mi parlarono di episodi inerenti a questo evento suscitando in me interesse, meraviglia  e voglia di approfondire.IMG 2

Scialuppa di salvataggio dei primi del novecento


Nella conoscenza popolare locale (mia nonna ne é la prova!) si racconta che anche a Civitavecchia “c’è stato il maremoto”: la data è il 9 maggio del 1902?
Recentemente, mentre ero intento a consultare il libro edito nel 1934 dal titolo: Civitavecchia “Vedetta imperiale sul mare latino”, è emerso un episodio (di cui mio padre mi aveva già ragguagliato) inerente a nove audaci portuali civitavecchiesi che, il 9 maggio del 1902 all’interno del porto e con un pesante barcone a disposizione, riuscirono a mettere in salvo i due fanalisti che, rimasti sui loro posti di servizio e con il mare in burrasca, erano in pericolo in vita. Tale salvataggio era stato tentato invano dalla “grande baleniera” (lancia di salvataggio) del Regio incrociatore corazzato “Etna”, equipaggiata da numerosi marinai. Su questa azione, definita miracolosa dall’intera popolazione civitavecchiese, ho acquisito i nomi dei lavoratori portuali coinvolti, correlati dai riconoscimenti a livello sia locale sia nazionale. Inoltre, ho svolto una successiva attività di approfondimento consultando gli atti parlamentari del 10 maggio 1902 che forniscono una diversa versione dell’evento.

Vari testi sulla storia di Civitavecchia concordano che in tale giorno imperversò una violenta mareggiata e non un “maremoto”. Peraltro, per evitare ogni ombra di dubbio, ho verificato le conseguenze del terremoto di Messina (28 dicembre 1908) che tra l’altro generò un maremoto con 3 onde alte 12 metri, i cui effetti non interessarono il nostro litorale. Tale evento catastrofico ebbe una spaventosa risonanza nazionale/internazionale: terremoto di intensità 7.1 della scala Richter, con epicentro nello stretto di Messina, distruzione della città siciliana e gran parte di Reggio Calabria, tra le 80 e le 100mila vittime, nonché 100mila sfollati. Inoltre, l’utilizzo del termine “maremoto”, per definire l’evento del  9 maggio 1902 a Civitavecchia,  è stato successivamente coniato negli atti parlamentari del 18 maggio 1903.

IL SALVATAGGIO MIRACOLOSO

Negli atti parlamentari del 10 maggio 1902 è riportata un’interrogazione parlamentare “Tempesta nel porto di Civitavecchia”, presentata dall’onorevoli Carlo Donati e Sisto Galuppi. In tale documentazione è inserito il testo di un telegramma dettagliato (firmato dall’Ingegnere addetto ai lavori portuali di Civitavecchia) inerente alle conseguenze della devastante mareggiata che ha comportato contemporaneamente danni infrastrutturali, affondamento di varie imbarcazioni e atti di coraggio.

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Incrociatore Etna con la scialuppa di salvataggio evidenziata


Secondo il mio modesto parere, non è così importante stabilire la versione più attendibile tra le due riscontrate, ma è fondamentale invece esaltare il coraggio, l’abnegazione, il sacrificio di questi uomini (impavidi all’inverosimile) che, nonostante la demolente tempesta in atto, hanno tentato e portato a termine con una “barca a remi” la più nobile delle azioni: salvare vite umane!
In particolare da questo messaggio, indirizzato al Sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici Niccolini e riportante una diversa versione rispetto al suindicato libro del 1934, si evince che una lancia di salvataggio del Regio incrociatore “Etna” ha messo in salvo il fanalista Scotti e che medesimo atto di soccorso, a favore dell’altro fanalista Gasparini, sia stato compiuto da una lancia inviata dall’Ufficio Soccorsi del porto con a bordo: Gaetano Foschi, Stefano Bomba, Gaspare Iacono, Antonio Furbe, Vincenzo Sacco, Pietro De Santis, Ettore Di Giovanni, Sante Chiodo, Salvatore Milo.

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Il Giulia costruito nel 1910, stazza 80 tonnellate, scafo in legno lunghezza 22 metri, larghezza massima 6 metri, pescaggio m. 3,40, macchina a duplice espansione della forza di 400 cavallo-vapore;

Gaetano Foschi, in qualità di capo della scialuppa di salvataggio che guidò con estrema maestria gli otto audaci lavoratori portuali, fu insignito della medaglia d’argento al valore della marina, mentre i suoi valorosi compagni furono decorati con medaglia di bronzo. Successivamente, allo scopo di svolgere con più efficacia le attività di estinzione di incendi e di salvataggi marittimi, lo stesso Foschi fu l’ideatore ed armatore dei seguenti potenti rimorchiatori (operativi sia di giorno che di notte):

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Il Domenico varato a Genova nel 1930, stazza 100 tonnellate, scafo in legno lunghezza 24 metri, larghezza massima 7 metri, pescaggio m. 3,5, macchina a vapore a triplice espansione della forza di 500 cavallo-vapore.

Il contratto di salvataggio era stipulato tra gli Armatori  e i Proprietari dei piroscafi e la Società Rimorchi e Salvataggi che s’impegnava con i migliori sforzi per salvaguardare la suddetta nave e il suo carico, conducendoli a Civitavecchia o in altra località.

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Le suddette prestazioni erano considerate come servizi di salvataggio rese ai sensi ed in conformità dello “Standard form of – NO CURE NO PAY – agreement”, pubblicato dal Comando del Lloyd’s.

RITARDO ESECUZIONE LAVORI PER RIPARAZIONE DANNI

L’interpellanza parlamentare, presentata dagli Onorevoli Galluppi, Pala, Cao-Pinna, Giordano-Apostoli, Pai-Serra e Pinna al Ministro dei Lavori Pubblici inerente al ritardo sull’esecuzione lavori per il porto di Civitavecchia e riportata negli atti parlamentari del 18 maggio 1903, ebbe come relatore l’Onorevole GALLUPPI che sinteticamente affermava:

  • il Ministro dei Lavori Pubblici, a seguito delle varie interrogazioni parlamentari sulla devastante mareggiata del 9 maggio del 1902 a Civitavecchia, ha inviato sul luogo del disastro il sottosegretario di stato onorevole Niccolini, allo scopo di rimediare con sollecitudine ai danni verificatisi individuando i mezzi più opportuni.

Successivamente, lo stesso Ministro ha nominato una speciale Commissione di tecnici allo scopo di accertare le cause del disastro e di individuare i mezzi più efficaci per eseguire prontamente le riparazioni necessarie alle costruzioni danneggiate. La commissione ha ottemperato all’incarico ricevuto ma è già trascorso un anno senza che alcun lavoro sia stato iniziato dal Governo;

  • il 31 dicembre dello scorso anno, a distanza di pochi mesi, una nuova tempesta ha lesionato una parte rimasta del molo e, infine, la recente burrasca del 17 aprile u.s. ha continuato la sua opera distruttiva;
  • la cittadinanza civitavecchiese è allarmata per questi accadimenti e ha chiesto insistentemente che il Governo proceda alla sistemazione definitiva del porto di Civitavecchia;
  • la causa principale del disastro sembra essere stata la mancanza di una scogliera esterna allo scopo di proteggere le infrastrutture del nuovo molo dalla violenza delle onde ma tale frangiflutti, più volte richiesto dalle autorità locali, non è stato mai realizzato per questioni finanziarie. Inoltre, una causa concomitante è riconducibile alle modalità esecutive utilizzate nella costruzione del nuovo molo in cui non si è rispettata la regola dell’arte: la prova è riscontrabile nella posizione del “nuovo” antemurale, identica a quella del  “vecchio” che però quest’ultimo non ha subito danni e resiste da venti secoli.

Pertanto, per la prossima attività di riparazione, è necessario che si provveda a nominare un competente ingegnere direttore dei lavori, affiancato da personale tecnico capace, onesto e in grado di  controllare scrupolosamente il lavoro della ditta appaltatrice secondo il capitolato previsto;

  • il porto di Civitavecchia riveste un ruolo fondamentale come scalo sia per la città di Roma (capitale del Regno) sia per il commercio della Sardegna (l’interpellanza è stata sottoscritta anche da diversi onorevoli sardi).

Il sotto-segretario di Stato per i lavori pubblici onorevole Niccolini replicava al relatore dichiarando che:

  • il quadro di situazione presentato dall’onorevole interpellante risulta sovradimensionato;
  • il Ministero dei lavori pubblici (come già evidenziato), dopo il maremoto del 9 maggio 1902 (l’evento in questione assume per la prima volta un’altra “denominazione”), ha nominato una commissione ad hoc che in data 31 agosto 1902 ha presentato una relazione all’attenzione del Consiglio dei lavori pubblici. Tale consesso in data 15 novembre 1902 ha espresso il suo parere, fornendo opportune istruzioni per il progetto delle opere di riparazione e rafforzamento dell’antemurale in questione.

Conseguentemente il locale Ufficio del Genio civile ha già inviato a codesto dicastero le pratiche amministrative per l’approvazione dei progetti (già giunti) e sarà mia cura velocizzare l’autorizzazione dei relativi lavori, venendo incontro alle istanze dei commercianti e del personale impiegato nell’ambito dell’attività portuale;

  • il ritardo nell’esecuzione lavori è dovuto all’entità e all’importanza dell’opera, nonché alle condizioni meteo avverse che hanno costretto le attività di scandaglio (controllo del fondo marino) ad essere interrotte più volte per riprendere successivamente;
  • il cambio di personale è avvenuto, nominando nuovi funzionari addetti alla direzione dei lavori.    

MAREGGIATA O MAREMOTO

In base ai documenti consultati, non ho ritrovato un risolutivo riscontro che possa fare luce sulla motivazione per cui i civitavecchiesi abbiano tramandato alle generazioni successive l’esistenza di un  maremoto, abbattutosi nei primi anni del novecento sul litorale locale.

Ritengo comunque plausibile che tale “falso storico” possa essere scaturito da situazioni concomitanti che abbiamo indotto la popolazione locale a tale interpretazione:

  • l’azione devastatrice della mareggiata del 9 maggio 1902 (crollo del nuovo faro, cedimento dell’antemurale per 200 m., 9 velieri affondati o gettati sugli scogli, 1 piroscafo abbandonato e 2 battelli a vapore scaraventati sugli scogliera adiacente nei pressi del Lazzaretto);
  • il termine maremoto, utilizzato dal onorevole Niccolini il 18 maggio 1903 in occasione della replica all’interrogazione parlamentare, potrebbe essere stato ripreso in altri documenti ufficiali;
  • il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, avvenuto pochi anni dopo la calamità civitavecchiese, che ha generato un pauroso maremoto.

In sintesi, è ragionevole dedurre che per aumentare l’esaltazione di una devastante mareggiata la si trasformi per incanto in un maremoto!   

DANIELE DI GIULIO