ULTIMISSIME DAL MEDIOEVO. VII. TABULA RASA, 2016 e dintorni.

«L’urne de’ forti, o Pindemonte» *

di FRANCESCO CORRENTI

La voce “Pincio” di Wikipedia contiene un interessante paragrafo (“Dal Pincio di Roma a quelli delle altre città italiane”) in cui si dice (trascrivo pari pari), che «dall’anno 1870, data in cui Roma diviene capitale del Regno d’Italia, in alcune città italiane sorgono parchi pubblici che richiamano nel nome il Pincio di Roma e ne ricordano le caratteristiche principali (panoramicità, abbondanza di sempreverdi, impianto geometrico dei sentieri). Caratteristica comune a tutti i parchi chiamati Pincio è la presenza di una terrazza panoramica per ricordare quella celebre di Roma, alla quale a volte si accede, come nella capitale, per mezzo di una scalinata monumentale. La realizzazione di parchi chiamati Pincio nelle varie città italiane servì a festeggiare un evento lungamente atteso: quello di Roma che finalmente diventa capitale. Nella tabella sottostante si ricordano in ordine alfabetico alcune città che ospitano un “Pincio”.»

Segue appunto una tabella, in cui sono riportate cinque colonne: città, denominazione, localizzazione, panorama, monumenti presenti. Le città elencate nella prima colonna sono: Ancona, Assisi, Bologna, Cagli, Castelfidardo, Civitanova Marche, Civitavecchia, Fano, Imola, Narni, Numana, Perugia, Potenza Picena, Rieti, Sassocorvaro, Talamello, Urbino. Contrariamente a quanto detto nella premessa, non tutte le città dell’elenco sono dotate di una terrazza panoramica ed infatti, per Civitavecchia, nella colonna “Panorama”, è riportato un tristissimo trattino (-), che ricorda molto il precedente affaccio sulla trincea ferroviaria e quello attuale sulla distesa di parcheggi, e così pure un altro trattino in quella dei “Monumenti presenti”, questa volta ingiustamente, perché non si parla degli storici Leoni della Piazza d’Armi e del blocco marmoreo commemorativo del Gemellaggio con Ishinomaki.

Certo, i due poveri felidi (della sottofamiglia dei panterini, non di quella dei felini) sono stati collocati quasi a terra, senza un adeguato basamento, quasi ad incoraggiare i bimbi civitavecchiesi (ed anche qualche consigliere comunale) a sedervisi sopra a gambe larghe, come su un cavalluccio da giostra, e poi sono oggi due carcasse quasi informi, rimasti letteralmente “di stucco”, perché impiastricciati da eccessive riempiture e rivestiture di materia bianca, a seguito dell’intervento di restauro eseguito dopo una incursione vandalica d’un mentecatto. Per di più, hanno subito l’onta dell’etichettatura o marcatura – come fossero bestie di mandria – con una targhetta ciascuno incollata sul davanti. Penso che gli interventi finanziari di sostegno – certamente benemeriti – vadano indicati in modo più discreto, mai sul bene oggetto delle cure. L’arte ringrazia la buona sorte che ha evitato un analogo aiuto al restauro della Pietà di Michelangelo in San Pietro, altrimenti oltre al noto nome dell’artefice sulla banda (le circostanze lo costrinsero a metterlo, ma non lo fece più), ce ne sarebbe stato un altro, sbandato da qualche parte.

Parlare poi del monumento (anche quello, ormai, piuttosto un sedile), che faceva parte del “giardino giapponese” donato dagli amici nipponici, sarebbe una beffa! So io le manovre diversive che abbiamo dovuto mettere in atto per impedire – durante la loro ultima venuta a Civitavecchia – che Yuko-san o Yoshio-san passassero dal Pincio e quindi vedessero la fine fatta dai bellissimi ciliegi donati, con un discorso commovente, dal sindaco Sugawara-san. Purtroppo, mai innaffiati dopo la piantumazione, non sono riusciti a fiorire neppure per una stagione. E le lampade in pietra che, con altri tradizionali arredi nipponici, portavano un tocco decisamente esotico al giardino ideato nel 1884 dall’architetto ingegner Francesco Pascoli, direttore dell’Ufficio Tecnico del Comune, sono scomparse da tempo.

Ultimissime 7 a Leoni

Ultimissime 7 b Pincio 1

Ultimissime 7 c Pincio 2

Ultimissime 7 d Japan

Ritenendolo un fatto analogo a quello del Pincio, avevo sempre pensato, nei tanti anni di lavoro a Civitavecchia, che il nome di San Lorenzo, oltretutto proprio un «San Lorenzo fuori le mura», fosse un altro omaggio imitativo della cittadina di provincia alla Capitale del Regno (Pontificio o Sabaudo che fosse). Il “Portolano della spiaggia romana nel Mare Mediterraneo” di Angelo Costaguti, del 1797 (e seguenti), pubblicato a cura di Serena Dainotto dalla “Rivista Marittima” e dall’Archivio di Stato di Roma a dicembre 2005, mi ha tolto questa convinzione, dato che – esaminando attentamente i nomi di luoghi e di fabbriche scritti nella mappa (Tavola n. 4) – ho trovato, proprio a poca distanza dal “Cemeterio”, verso mare, sulla foce del “Fosso del Rio e delle Mole”, il piccolo rudere di “S. Lorenzo Vecchio diruto”, peraltro non riportato dalla curatrice nell’Indice onomastico del volume, dove San Lorenzo è presente con riferimento ad altre località del Lazio.

Riporto qui alcuni documenti già pubblicati su queste pagine, nelle tre puntate dedicate al “Tempietto” (“Fonti inedite per un’altra storia. Manoscritti riscoperti” – 2), il 12 e 20 marzo ed il 3 aprile 2019, con la lunga vicenda dell’antico Cimitero, degno d’interesse per tanti motivi storici ed artistici, oltre a quelli sentimentali o religiosi. Eppure, se già nel 1975, «il progetto di snaturamento ambientale sarebbe andato avanti, se, fortunatamente, il Piernicoli non avesse previsto ossari anche sotto il pronao, per cui vennero così alla luce le ossa di qualche antico civitavecchiese, che riuscì a …mettere in fuga gli insensati discendenti».

Ho sintetizzato nelle didascalie quella lunga vicenda. E qui voglio concludere, senza troppi commenti, con un episodio banale ma non trascurabile, che riguarda la pregevole pubblicazione, dedicata alla memoria del rimpianto Giovanni Massarelli, sindaco in anni lontani ma fino all’ultimo esempio di instancabile dedizione alla sua città. Una pubblicazione completa. Prefazioni di rito. Foto dell’emiciclo degli uomini illustri che hanno meritato la riconoscenza della patria: Calamatta, Guglielmotti, Cialdi, Laurenti. E il profugo Hofer. Ed un casato benemerito. Foto eloquenti, molto eloquenti, purtroppo. Le avrei ritoccate? Non le avrei pubblicate, forse. O ne avrei parlato a lungo, molto a lungo, approfonditamente. 

Ultimissime 7 e FC lettera

Ultimissime 7 f San Lorenzo nuovo

Ultimissime 7 g Mirabilia

Ultimissime 7 h Pindemonte

FRANCESCO CORRENTI

* Ugo Foscolo, I Carmi, Dei Sepolcri, v. 152 (1807).