COVID-19: LA CINA RISARCIRA’ IL MONDO PER I SUOI RITARDI?

di LETIZIA LEONARDI

Sono mesi che il mondo intero combatte contro il coronavirus. A Wuhan la vita è tornata alla normalità. Le economie di quasi tutti i Paesi sono al collasso ma intanto in Cina il Pil è in crescita, ha uno sviluppo tumultuoso della sua economia, con un dittatore che ha deciso di fare il presidente a vita  e di conquistare il mondo non con le armi ma con la conquista economica. I ritardi nella comunicazione di questo nuovo virus da parte della Cina sono stati accertati. Ma perché nessuno, su questi, chiede dei risarcimenti alla Cina? Per non parlare del fatto che, quello che ancora divide l’opinione pubblica è se questo virus sia naturale o prodotto di laboratorio. Non si sa se si arriverà mai a una risposta definitiva perché nessuno sembra voler scavare a fondo per cercare la verità. L’ultima a schierarsi dalla parte di chi nega che il virus sia naturale è la virologa cinese Li-Meng Yan che ha dichiarato che è stato preso un virus che non infettava gli uomini e dopo una serie di modifiche in laboratorio è diventato il virus che conosciamo oggi. Lei afferma che ci sono evidenze scientifiche che provano che questo virus sia stato creato in laboratorio, che  c’è  uno studio pubblicato che fornisce tutte le prove (foto allegata) e che il virus sia stato fatto uscire in modo volontario perché gli animali, una volta che vengono portati dentro questi laboratori di massima sicurezza, vengono distrutti e quindi impossibile, secondo la virologa, che il virus sia arrivato dalla macellazione fatta al mercato. Germania, Regno Unito, America, Australia e Francia hanno inizialmente chiesto alla Cina trasparenza. Xi Jinping ha risposto che bisogna essere uniti per affrontare e sconfiggere la pandemia, poi si farà chiarezza. Ma si farà? Intanto pare che non si metta in piedi nessun contraddittorio sull’origine e sulla comunicazione del covid-19. Ma facciamo qualche passo indietro e analizziamo ciò che è accaduto…poi ciascuno di noi trarrà le sue conclusioni.

Ufficialmente si tratterebbe di un virus naturale che, al mercato di Wuhan, dal pipistrello avrebbe fatto il salto sull’uomo ma due studi sull’origine del virus sono stati pubblicati e misteriosamente spariti: uno cinese di Botao Xiaol e Lei Xiaol e un altro di due indiani dell’Università di Nuova Delhi che avanzavano l’ipotesi che il virus fosse uscito da un laboratorio o che fosse in qualche modo stato manipolato. Ma a scomparire è stato anche un importante documento pubblicato dall’Università Fudan di Shangai, trovato da alcuni giornalisti della CNN. Il testo del Ministero dell’Università diceva che: “Tutti gli studi che trattano le origini del virus devono essere approvati dal governo. L’Università quindi non doveva divulgare nulla se non dopo l’approvazione di Pechino. Appena è uscita la notizia di questa comunicazione il documento è scomparso.

A parte queste sparizioni che insospettiscono c’è anche la vicinanza tra il mercato di Wuhan e un laboratorio di alta virologia, realizzato dalla Cina in collaborazione con la Francia, dove si studiano appunto virus di pipistrelli. Uno degli scienziati che scartano l’origine naturale del covid-19 è il professor Luc Montagnier, un premio nobel e uno dei più importanti virologi della storia. È stato lui  infatti a isolare il virus dell’HIV. Lo scienziato francese afferma che alle sequenze del virus dei pipistrelli se ne sono state sovrapposte altre, come quelle dell’HIV e ciò non può essere naturale ma un lavoro di professionisti molecolari. Ovviamente a questa tesi sono piovute smentite ma, nonostante le critiche, lui risponde che è un vecchio premio nobel che non si fa condizionare da nessuno. E ha anche dubbi sul livello di sicurezza dei laboratori cinesi. Ad avanzare perplessità sono stati anche il presidente francese Macron, i servizi di sicurezza francesi (come ha scritto il noto quotidiano Le Figaro) e anche il governo americano. Nel gennaio del 2018, in un articolo pubblicato su The Washington Post gli Usa avevano messo in dubbio la sicurezza dei laboratori cinesi a causa della grave carenza di tecnici e controllori adeguatamente formati in grado di garantire la sicurezza di questo laboratorio ad alto contenimento.

Mentre stavamo in lockdown è saltato fuori un video trasmesso da Rai3 del tg scientifico “Leonardo” del 16 novembre 2015. In questo servizio si parlava di un laboratorio a Wuhan che stava studiando un supervirus, in grado di attaccare l’uomo, proveniente dai pipistrelli e che colpiva le vie respiratorie. Le coincidenze sono molte. Su questo virus gli scienziati erano e sono divisi su tutto ma, tranne qualche eccezione, sono tutti compatti nel dire che non è uscito dal laboratorio. Si aprono infiniti dibattiti su cose ben più insignificanti perché non su questo argomento? Perché sono spariti studi e documenti dalla Cina?

A gennaio del 2018 gli Stati Uniti avevano ricevuto messaggi riservati, dalla propria ambasciata in Cina, molto inquietanti sui rischi di un contagio proveniente dalla Cina e che alcuni ricercatori avevano dimostrato che diversi coronavirus contenuti nei pipistrelli, simili alla sars, potevano interagire direttamente con i ricettori umani ed essere trasmessi all’uomo provocando malattie simili. Il segretario di Stato Usa, Michel Pompeo, ha chiesto alla Cina massima trasparenza. La coincidenza che fa riflettere è che il 15 gennaio di quest’anno cinesi e americani hanno firmato un accordo sui dazi. La prima fase dell’importante accordo commerciale tra Cina e Usa. Strano che, qualche giorno prima, i cinesi abbiano fatto inserire una clausola di forza maggiore che li deresponsabilizzava dal pagamento di 200 miliardi di dollari se si fosse verificata una pandemia.

Ma vediamo altri dati inquietanti. L’autorevole rivista scientifica britannica The Lancet ha pubblicato uno studio sui primi numeri del contagio: dei primi 41 malati covid ben 14 non avevano avuto alcun contatto con il mercato di Wuhan. Il virus quindi circolava già prima fuori dal mercato? E se sì da dove sarebbe arrivato? Gli scienziati mettono in dubbio anche il numero delle vittime. Lo studio della rivista scientifica presume che i morti in Cina possano essere 4 volte di più di quelli dichiarati e che il 20 febbraio ci fossero già 232 mila contagi. La prova dell’altissimo numero di morti sta nelle foto con pancali pieni di urne funerarie con file di abitanti di Wuhan in attesa di ritirarle.

E poi c’è anche il giallo dei ritardi nel rendere nota la presenza di questo virus. Il primo caso di polmonite sconosciuta si è verificata il 17 novembre 2019. Si tratta, come riportato dal South China Morning Post di un uomo di 55 anni, mai stato al mercato del pesce di Wuhan.  Il 16 dicembre la dottoressa Ai Fen responsabile del pronto soccorso dell’Ospedale centrale di Wuhan, che aveva lavorato con il medico eroe Li Wenliang (che aveva lanciato per primo l’allarme), parla di questo primo caso al settimanale Caixin Global che ha pubblicato la notizia che ai laboratori che hanno sequenziato il virus nel dicembre scorso era stato ordinato dalle autorità cinesi di consegnare o distruggere i campioni e di non rendere noti i risultati. La dottoressa sparisce e ricompare dopo due mesi senza che nessuno sappia dove sia stata per 60 giorni. Li Wenliang viene arrestato e poi morirà di covid-19. Ren Zhiquian imprenditore, membro del partito cinese critica il presidente Xi Jinping e scompare. Zhang Wenbin, studente, chiede in un video le dimissioni del governo cinese e di lui si perdono le tracce. Chen Qiushi avvocato, con la sua telecamera si reca a Wuhan per vedere cosa stesse accadendo e sparisce nel nulla. Fang Bin giornalista, racconta con la sua telecamera la situazione negli ospedali e scompare. Il giornalista Li  Zehua si riprende mentre la polizia gli entra in casa e di lui si perdono le tracce per due mesi. Quando riappare ringrazia per come è stato trattato. Zu Zhiyong docente e attivista per i diritti umani, critica il governo cinese e chiede le dimissioni del presidente: viene arrestato con l’accusa di sovversione. Il docente universitario Xu Zhangru  scrive parole pesantissime contro il governo e di lui non si hanno più notizie. He  Weifang, un altro docente, parla espressamente della censura del governo di Pechino sulla pandemia e sparisce. Tutte  queste persone morte e sparite solo per aver espresso il proprio pensiero? O c’è dell’altro? Il 7 gennaio il coronavirus viene identificato ma la Cina non diffonde ancora la notizia. Ma, qualche giorno prima, Xi Jinping aveva fatto una riunione con i suoi collaboratori per parlare dell’epidemia e per prendere provvedimenti. Nonostante tutto, il 18 gennaio, il sindaco di Wuhan invita i connazionali al grande banchetto per il capodanno cinese che fa spostare 3 miliardi di persone. Due giorni dopo finalmente il presidente della Cina parla di demone da sconfiggere, manda a casa i responsabili locali e prende il controllo della situazione facendo il lockdown. Dalla prima riunione del 7 gennaio fino al 20 possibile che, in una dittatura, le disposizioni del presidente cinese non siano state osservate? Per un mese il Partito comunista cinese, invece di combattere il contagio, ha fatto del suo meglio per censurare tutte le informazioni sull’epidemia di Covid-19. I difensori dei diritti umani hanno documentato diversi tipi di punizione, tra cui arresti, sparizioni, multe, interrogatori, confessioni forzate e “rimproveri educativi”.

Se il virus è uscito dal mercato perché la Cina ha ostacolato le indagini? Perché a dicembre Pechino ha ordinato agli scienziati cinesi di distruggere le prove del virus?

A maggio oltre 100 paesi, la Russia, la Francia e il Regno Unito, appoggiando la bozza di risoluzione proposta dall’Unione europea, hanno invocato un’inchiesta indipendente sulle origini del coronavirus. A frenare però è stata proprio la Cina che si è detta disponibile solo ad un’inchiesta dell’Oms e a tempo debito, ovvero superata l’emergenza. Tra i favorevoli alla linea attendista di Pechino è stato proprio il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus e la Cina ha fatto del proprio meglio per impedire ai virologi e agli epidemiologi di recarsi a Wuhan ad eccezione di una parte di un team dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si è recata lì per mezza giornata. L’OMS, che dovrebbe avere un ruolo chiave nel fare luce sulle origini dell’epidemia di Wuhan, ha avuto un comportamento ambiguo. Fino al 14 gennaio, l’Oms ha affermato che secondo le autorità sanitarie cinesi nel Paese non vi era stata ancora alcuna trasmissione all’uomo del coronavirus. Solo l’11 marzo l’OMS ha dichiarato la pandemia ovvero 4 mesi dopo il primo caso.

In passato, si erano già verificati  incidenti nei laboratori cinesi. Nel 1999, Ken Alibek, ex primo vicedirettore del settore ricerca e produzione del programma di armamento biologico sovietico, rivelò che secondo i funzionari sovietici la Cina aveva subìto un grave incidente in uno degli impianti biologici segreti, causando due gravi epidemie di febbre che flagellarono il Paese alla fine degli anni Ottanta. “I nostri analisti –  ha scritto Alibek nel suo libro, Biohazard – hanno arguito che tali epidemie vennero provocate da un incidente verificatosi in un laboratorio in cui gli scienziati cinesi stavano cercando di trasformare le malattie virali in armi”. Nel 2004, l’OMS ha reso noto che due ricercatori di un laboratorio di Pechino si infettarono mentre lavoravano su campioni del virus della Sars e ha denunciato violazioni delle procedure di sicurezza. Il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, Li Liming, ha rassegnato le dimissioni. La rivista Le Scienze inoltre affermò che: “per la terza volta in meno di un anno, un’epidemia di Sars sembra aver avuto origine da un errore commesso in un laboratorio”. Nel 2010, i ricercatori pubblicarono come dato di fatto: “Il caso più famoso di un ceppo di laboratorio sfuggito è il virus della riemergente influenza A sottotipo H1N1, osservato per la prima volta in Cina nel maggio del 1977 e in Russia subito dopo”. Il virus potrebbe essere sfuggito da un laboratorio che cercava di produrre un vaccino in risposta all’allerta di pandemia di influenza suina negli Stati Uniti. Inoltre, tre anni fa, quando la Cina aprì il laboratorio a Wuhan, Tim Trevan, uno specialista di biosicurezza del Mayland, disse a alla rivista Nature di essere preoccupato per la sicurezza dell’edificio.

Ma anche sull’Unione Europea c’è qualcosa da dire. C’era una bozza di documento dell’Unione Europea che diceva che la Cina continua a condurre campagne di disinformazione globale. Questo documento è sparito. Secondo il New York Times e altri giornali internazionali sarebbe sparito su pressioni della Cina. Il problema è che tutto questo avviene con la complicità dell’Oms che era stata avvertita il 31 dicembre del rischio, lo scrive il Wall Streat Journal. Il 23 gennaio l’OMS parla ancora di rischio moderato, il 26 gennaio invece parla di rischio molto elevato.  Il 30 gennaio elogia la trasparenza della Cina, il 24 febbraio dice che non è pandemia e soltanto l’11 marzo dichiara la pandemia. Lo stesso giorno la Cina dà 20 milioni di euro all’OMS, il 23 aprile gliene versa  30. Il direttore generale dell’OMS, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, ministro della salute dell’Etiopia, dopo essere stato fortemente criticato sulla gestione di alcune epidemie di colera, diventa direttore generale dell’OMS proprio con l’appoggio della Cina, la stessa nazione che dà i soldi all’OMS che nasconde tutto. Mi ricorda la canzone di Branduardi “Alla Fiera dell’est” e induce ad avanzare molti dubbi sulla questione del coronavirus. Non sarebbe il caso di andare in Cina e fare una commissione d’inchiesta?

LETIZIA LEONARDI