Guerriglia odonomastica civitavecchiese. La cancelliamo quella via?
di ENRICO CIANCARINI ♦
Pochi giorni fa su Il Venerdì di Repubblica è stato pubblicato un articolo sull’odonomastica italiana.
Il Dizionario Treccani definisce “l’odonomastica – 1. Il complesso dei nomi delle strade, sia con riferimento concreto a una determinata zona o località, sia con riguardo alla scelta o al modo della loro formazione. 2. Ramo dell’urbanistica (o anche, più raramente, della linguistica) che ha per oggetto lo studio di tali nomi”.
Nell’articolo a firma di Michele Gravino sono riportate alcune statistiche: il nome di via più diffuso in Italia è via Roma (grazie a una circolare del 1931 a firma di Mussolini), seguono Giuseppe Garibaldi, Guglielmo Marconi, Giuseppe Mazzini e Dante Alighieri (noi a Civitavecchia non l’abbiamo). Santa Maria è il nome femminile più diffuso, mentre fra i personaggi stranieri vince Kennedy.
Noi italiani siamo forse gli unici che ad ogni cambio di regime ci affrettiamo a modificare buona parte della toponomastica delle nostre città. L’uso di intitolare le vie a personaggi o fatti storici nasce con la Rivoluzione francese, in Italia si afferma con l’Unità. La vittoria nella Prima guerra mondiale galvanizza gli amministratori locali che si prodigano ad intitolare vie al Monte Grappa, al Piave e alle altre battaglie della Grande guerra. Non rimane esente la nostra città ma recentemente la passata amministrazione grillina è stata spinta a cancellare il sacrificio dei fanti italiani per esaltare invece le locali tradizioni religiose. Le proteste delle associazioni d’arma hanno ottenuto almeno che la via celebrasse due realtà: l’eroismo militare del 1918 con via Piave e la secolare processione cara ai Civitavecchiesi con la Salita della Arciconfraternita del Gonfalone. Così, è lasciata libera scelta a chi legge le due targhe stradali mentre si inerpica per la salita che porta a piazza Leandra.
Come scrive la professoressa Mariana E. Califano, citata nell’articolo, “lo spazio pubblico è un campo di battaglia su cui si scontrano visioni della storia opposte e inconciliabili”. E così il fascismo vittorioso dopo la marcia su Roma inonda le città di intitolazioni di vie a martiri della rivoluzione fascista o a date basilari del regime. A Civitavecchia abbiamo via XXX ottobre in ricordo della breve fermata di Mussolini nella nostra stazione ferroviaria quando nel fatidico 1922 si reca a Roma per assumere la guida del Paese. All’interno della caserma dei Vigili del fuoco si conserva una targa che testimonia che in città esisteva via IX maggio, a ricordo del trionfale giorno del 1936 in cui il duce proclamò l’impero d’Etiopia.
Facendo un passo indietro, possiamo affermare che a Civitavecchia l’odonomastica nasce negli anni Trenta del XIX secolo quando il Comune e il delegato apostolico decidono di imporre un nome alle strade cittadine, che i Civitavecchiesi finora indicavano con il semplice numero, anticipando New York. Ancora oggi i civitavecchiesi con più capelli bianchi ti forniscono le indicazioni stradali citando la prima strada, la seconda strada e piazza d’Armi.
In questa rievocazione fra storia e memoria mi è preziosa guida nei meandri dell’odonomastica cittadina l’amico Luigi De Angelis, meglio noto ai più come Gigi Veleno, custode e anima della Casa della Memoria.
Sotto il pontificato di Gregorio XVI, fautore dello sviluppo urbanistico cittadino, nascono piazza Gregoriana (più o meno l’attuale Largo Plebiscito), via Delicata (via Istria), via Ugolina (via Alberto Mario), via Antoniana (via Traiana), via Prospera (via Dalmazia) e via Paola (la seconda strada che non c’è più) mentre la terza strada diventa via Tiberina, tutto questo in onore di alcuni funzionari papalini residenti in città o nella Dominante, come si appellava allora Roma. Piazza del Quartierone oggi si può individuare nella parte centrale di Corso Centocelle, mentre piazza d’Armi diventa piazza Calamatta.
Una bella testimonianza dei successivi cambiamenti d’intitolazione, dettati dall’orientamento politico in vigore, è la prima strada, che sotto il governo papalino si chiama via Adriana; i monarchici nel 1901 modificano il nome in corso Umberto I, in memoria del secondo re sabaudo ucciso a Monza dall’anarchico Bresci. La caduta del fascismo e il referendum istituzionale che archivia la monarchia e Casa Savoia pongono in soffitta il re buono e lo sostituiscono con Guglielmo Marconi che assiduo frequentatore di Civitavecchia e del suo porto con il panfilo Elettra aveva già dedicata una bella terrazza sul porto andata distrutta con i bombardamenti alleati del 1943/44. Altro esempio di successivi cambi di nome è quella che un tempo era piazza Sant’Antonio, dal nome della chiesa che vi si affaccia, poi dedicata all’illustre concittadino Nicola Cavalieri di San Bertolo, e infine con l’edificazione del monumento ai Caduti diventata piazzale degli Eroi.
Papalini, liberali, socialisti, fascisti, repubblicani, comunisti, democristiani, grillini si alternano al comando della città e tutti vogliono lasciare il proprio segno intitolando vie e qualche volta eccedono spingendosi a cancellare quel nome di via che, ereditato dai loro predecessori, proprio non sopportano di sentire pronunciare ancora.
Cercando su internet ci si imbatte in alcuni articoli che descrivono e divulgano un recente fenomeno storico-politico che va sotto il nome di guerriglia odonomastica. La professoressa Califano la descrive come “uno strumento per riscuoterci dall’amnesia, un atto di resistenza con valore contro-informativo che contribuisce a smontare le false credenze e a mettere in rilievo storie accantonate o ignorate. È un gesto di riappropriazione degli spazi cittadini, dell’ambiente circostante; è un atto di consapevolezza e di coscienza per ricordare ciò che siamo stati e assumerci la responsabilità di ciò che abbiamo compiuto.
Perché sapere ciò che è stato in passato, alla luce di ciò che siamo oggi, permette di promuovere il dibattito sulle figure ignobili della nostra storia. La guerriglia odonomastica pertanto è un atto politico”
Essendo un nonviolento ma amante di quello che ci ha lasciato in eredità il passato e soprattutto per consumare l’abbondante tempo che la pandemia mondiale ci elargisce in quantità costringendoci in una forzata clausura casalinga, ho deciso anch’io di trasformarmi, per gioco e divertimento, in un guerrigliero odonomastico che in un giro virtuale di Civitavecchia cancella vie e piazze dedicate a personaggi a lui sgraditi e le rinomina con personaggi a lui più graditi. Chiaramente sono opinioni strettamente personali, che si basano sul minimo di conoscenza storica acquisita in questi anni e nessuno è obbligato a condividerle. Solamente un passatempo che mi fa piacere condividere con i lettori, ben consapevole della possibilità di suscitare qualche polemica che però potrebbe fare bene alla conoscenza storica condivisa in città.
Alla base del gioco, c’è il bello ed utile volume edito da Lions Club Civitavecchia Porto Traiano nel 1992 “Civitavecchia. La mia città” curato da L. Cascioni, V. Chiricozzi, G. Sassu. Un consiglio ai Lions: curatene una nuova edizione aggiornata anche se in digitale, sarebbe un bel regalo alla Città.
Ho buttato giù un elenco di vie da colpire ma per brevità mi limito ad indicare solo cinque obiettivi della mia personale guerriglia odonomastica, vie a cui volentieri cambierei nome fornendo anche alcuni suggerimenti di nomi da utilizzare in sostituzione. Resto, in attesa che dopo tanti anni l’amministrazione comunale ridia vita alla benemerita Commissione Toponomastica cittadina che era composta ed arricchita da illustri e colti membri che io amo appellare come i Custodi della Memoria civitavecchiese:
- Piazzale Francesco Cinciari: imprenditore portuale complice delle squadracce fasciste che imperversano a Civitavecchia nel 1921, responsabili della morte di tre operai il 19 maggio; primo e unico sindaco fascista; primo podestà fascista; ripudia la moglie di religione ebraica al momento dell’emanazione delle scellerate leggi razziali nel 1938. Nel dopoguerra prosegue la sua attività imprenditoriale con alterne vicende. Suggerisco di intitolare il piazzale ad Italia Astrologo, unica vittima della Shoa nata a Civitavecchia, catturata dai nazisti il 16 ottobre 1943 nel Ghetto di Roma e trucidata pochi giorni dopo ad Auschwitz.
- Via Amba Aradam, via Endertà, via Gondar, via Neghelli, via Scirè, via Tripoli. Residui del trascorso e feroce colonialismo italiano, ricordi delle poco gloriose invasioni dell’Impero d’Etiopia e della Cirenaica e Tripolitana. Nella battaglia di Amba Aradam le truppe italiane usarono con generosità i gas nervini per stroncare la resistenza dell’esercito etiope. Si potrebbero sostituire con i nomi di personaggi stranieri, come l’africano Nelson Mandela ed altri vincitori del Premio Nobel per la Pace, cogliendo così l’occasione di sprovincializzare un po’ la toponomastica cittadina.
- Via Regina Elena e via Principe Umberto. Superstiti spoglie monarchiche durature in città. Complici entrambi di re Vittorio Emanuele III, marito della prima e padre del secondo, nel favorire l’avvento del fascismo nel 1922 e nei venti anni di regime dittatoriale che seguirono. Rita Levi Montalcini e Maria Montessori potrebbero sostituirli vista la carenza di nomi femminili nella nostra toponomastica. Per ora conserviamo piazza Regina Margherita e le vie dedicate ai duchi di Aosta e degli Abruzzi.
- Via Palmiro Togliatti. Sono consapevole della possibilità di scatenare una diatriba a sondo politico ma personalmente il Migliore è un personaggio storico che non amo. Le sue ripetute omissioni nel terribile periodo stalinista, che portarono fra l’altro alla fucilazione di anarchici in Spagna durante la guerra civile, la sua amnistia che permise a numerosi criminali fascisti di uscire dalle carceri dopo pochi anni di detenzione, me lo rendono particolarmente sgradito e pertanto sarei a favore di un cambio di nome alla via. Per essere politicamente neutrale la dedicherei al padre della nostra Italia: il sommo Dante Alighieri.
- Via Nino Bixio. Lo confesso è un mio recente pallino. Per la celebrazione dei 150 anni di Civitavecchia Italiana ho condotto delle ricerche sul periodo postunitario della città, portando alla luce degli interventi del senatore Bixio decisamente avversi a Civitavecchia. Lo si può giustificare ricordando quale fu il dramma che visse qui nel 1849 quando i notabili e commercianti civitavecchiesi preferirono arrendersi pur di trafficare con i francesi invece che opporre un minimo di resistenza all’invasore menzognero, spalancandogli così la strada per Roma ma i suoi attacchi a Civitavecchia nell’aula del Regio senato sono alquanto violenti. Già l’ho scritto e lo ribadisco: dedicherei la via alla Fabbrica del Baccalà che per anni portò in tutto il Mondo il nome di Civitavecchia congiunto al gustoso prodotto ittico.
Ognuno può compilare la sua personale lista di vie da cancellare e rinominare, ricordando che tutto questo è solo un divertimento.
Chiudo con una citazione di Stefano Bartezzaghi, con cui concordo ampiamente: “salvo casi eclatanti non possiamo correggere tutto”, ormai i nomi delle vie sono per noi pure indicazioni geografiche e “quando ne facciamo oggetto di polemica politica gli ridiamo un significato che ormai aveva perso. Forse è ora di trovare un sistema di memoria diverso e lasciare in pace le vie” (S. Bartezzaghi).
ENRICO CIANCARINI
PS: ma qualcuno sa dirmi perché il vicolo del Gatto si chiama così? Un enigma che mi tormenta.
La fabbrica del baccalà mi piace assai.
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Ancora un interessante articolo sulla città che invita al commento di noi lettori. Cosa che faccio volentieri, accogliendo i frequenti suggerimenti ricevuti dalla presidenza e dagli altri amici.
Parto dal poscritto, per dire che una spiegazione plausibile e probabilmente molto semplice della denominazione del Vicolo del Gatto, avremmo potuto saperla, a pensarci, se avessimo chiesto, a suo tempo, al carissimo e simpaticissimo Carlo Galli, Maestro come pochi, ispettore onorario ai monumenti, membro della commissione edilizia, storico fantasioso quanto profondo e appassionato, irriducibile ed arrabbiato avversario di quanti avevano contribuito a distruggere la città e la sua memoria nel dopoguerra e, fatto non secondario, nipote vero della vera Sora Maria, proprietaria e cuoca dell’autentica trattoria omonima “olim” in via Zara, via Cadorna e piazza Saffi.
Purtroppo, contrariamente ad altre su cui ci diede illuminanti risposte, questa domanda non gli si è fatta. Considerato che il vicolo collega due vie intitolate a personaggi, Regina Elena e Principe Umberto, che con la Regina Margherita e Vittorio Emanuele II costituiscono le “superstiti spoglie monarchiche” di cui parla l’articolo di Enrico Ciancarini, si potrebbe supporre che l’arguto topografo (?) civitavecchiese si sia rifatto all’antico detto “Adspicit et felis magna corpora regum” che tradotto in italiano suona più o meno “Un gatto può ben guardare un re”.
Quanto al resto, voglio ricordare l’articolo “Storie di toponimi nella storia di Civitavecchia”, apparso qui su SpazioLiberoBlog il 30 agosto 2016, ma già ufficialmente reso pubblico in data 8 dicembre 1995 (con un aggiornamento del 20 febbraio 1996), quale relazione dell’Ufficio Urbanistico del Comune dal titolo “Toponomastica stradale. Analisi dello stato di fatto e proposte di intervento”, seguita da una “Ipotesi operativa per un riordino toponomastico” e con una descrizione del progetto di tale riordino, con i tempi di esecuzione del progetto, il tutto pubblicato in “OC”, i quaderni del Centro di documentazione urbanistica (CDU) nel 2005. Ma già in precedenza, avevo trattato la materia su invito di Costantino Forno, per il suo periodico «L’Opinione e il Confronto», con un articolo che aveva attinenza con le mie ricerche ed era uno scritto dal titolo “Toponomastica bugiarda” o forse “Le bugie della toponomastica”, in cui mettevo in evidenza le principali “stranezze” che, da forestiero quasi naturalizzato, avevo riscontrato nei nomi di luoghi e cose.
Un’ultima annotazione va fatta sul volumetto “Civitavecchia. La mia città” pubblicato a cura del Lions Club Civitavecchia Porto Traiano nell’aprile 1992. A pagina 3, i curatori rivolgono un “sincero ringraziamento a quanti hanno aiutato nella ricerca documentale e nella trasmissione di conoscenze della tradizione popolare”, citando “il Centro di Documentazione Urbanistica del relativo Assessorato”. Devo dire che, ai funzionari del mio Ufficio, responsabili del Centro (CDU) ed autori con me del progetto, parve una citazione poco generosa, dato che avevamo consegnato tutto il notevolissimo lavoro fatto in vari mesi per classificare, riordinare e commentare con le annotazioni storiche e localizzative, tutte le intitolazioni stradali della città, ossia un lavoro praticamente esaustivo. Ma non è il caso di polemizzare su quella ormai dimenticata delusione. Le conoscenze corrette devono essere diffuse e questo è l’aspetto principale che sta a cuore a noi tutti.
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Place Louis XV diventa nel 1792 Place de la Révolution e finalmente nel 1795 Place de la Concorde. Ecco, mi piacerebbe che le vie non fossero intitolate a eventi o personaggi più o meno illustri (la zona industriale celebra i meno, per lo più quelli che hanno avuto come merito l’essere personaggi conosciuti o popolari in città). Opterei per odonimi neutri, tratti dalla geografia, ad esempio, secondo il criterio che – in questo caso saggiamente- la rivoluzione adottò per i dipartimenti: Garonna e Loira sono denominazioni certo molto meno soggette alla guerriglia rispetto a Angiò e Borbonese.
Certo, se mi dite piazza Dante sono pronto a accettare eccezioni, ma appunto noi non l’abbiamo..
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