PAOLO ANTONINI E LA NOSTRA MEMORIA

di CLAUDIO GALIANI

Bene ha fatto Enrico Ciancarini a richiamare la figura di Paolo Antonini e a pubblicare l’articolo dell’Adunata dei Refrattari del 1942, che fornisce notizie emozionanti sulla sua morte e, soprattutto, sul suo ruolo nel mondo del fuoriuscitismo anarchico e antifascista, in particolare quello impegnato nella guerra civile spagnola.

Sono da tempo convinto che, anche a causa della scarsità delle notizie fino ad oggi disponibili, è stata dedicata a Antonini minor attenzione di quanta ne meriti.

Per questo colgo l’occasione per integrarlo con qualche altra notizia.

Dopo l’articolo di Pio Turroni, sul n.7 del 13 febbraio 1943 l’Adunata dei Refrattari pubblica una lettera inviata da Città del Messico da parte di alcuni lettori che si firmano “Gruppo Paolo Antonini”.

“Il Gruppo “Paolo Antonini”, che è formato da compagni recentemente sfuggiti al fascismo europeo e al darlanismo africano, plaude alla coerente e anarchica posizione dell’“Adunata” verso la guerra e condanna le ambizioni personali di tutti i “mummificati” presenti e a venire, e il loro stolto tentativo contro chi la redige e ne ha fatto una tribuna che può servire da esempio, non solo ai libertari italiani, ma a quelli di tutto il mondo.”

Queste poche righe ci dicono varie cose.

A Paolo Antonini, a riconoscimento della sua lotta politica e del suo sacrificio, viene intestato il gruppo degli anarchici esiliati in Messico, molto attivi nella polemica politica.

Paolo Antonini non è quindi un personaggio secondario. Pur non essendo certamente l’unica vittima anarchica della repressione fascista, a suo nome viene costituito un gruppo.

Non dimentichiamo che corrispondente da Città del Messico per l’Adunata è esattamente Pio Turroni, autore degli articoli citati integralmente nel testo di Ciancarini.

Proprio la figura di Pio Turroni, muratore anarchico di Cesena, può dirci molto su Paolo.

Non è certo qui il caso di riprendere la sua lunga e complessa esperienza di militante anarchico.

Basta ricordare che, esiliato in Francia, è tra i primi ad accorrere in Spagna nella colonna dei volontari anarchici. Alloggiato nella caserma Bakunin di Barcellona, è impegnato poi sul fronte di Teruel, dove combatte anche Paolo.

Anche Turroni, fuggiasco come Paolo, è costretto a vari spostamenti in Africa, finchè non riesce a giungere a Casablanca e a imbarcarsi per Città del Messico, da dove collabora con l’Adunata.

E’ un intransigente, fortemente polemico verso socialisti e comunisti. Due volte ha presentato un progetto di attentato a Mussolini: la prima volta respinto dagli stessi anarchici, la seconda rimasto incompiuto per difficoltà organizzative.

Per intenderci, è lui che dichiara che dalla caserma Bakunin sarebbe invitante sparare colpi di cannone contro la vicina caserma Karl Marx, occupata dai comunisti.

Si spiega bene allora un passo del suo articolo su Paolo: “la sua concezione dell’anarchismo intransigente e pura fece sì che con i compagni spagnoli si trovasse solo sul terreno dell’azione, condannando risolutamente gli errori e l’opportunismo dei dirigenti delle organizzazioni libertarie”.

Turroni con il suo “elogio funebre” recluta Paolo dalla sua parte nella feroce polemica interna al mondo anarchico, che divide “puri” intransigenti e “opportunisti”, aperti alla collaborazione con gli altri partiti di sinistra.

Polemica che aveva lacerato l’antifascismo in Spagna e che si protrae in seguito, anche all’interno dell’Adunata dei Refrattari.

Non è il caso, qui, di approfondire.

La domanda è: Pio Turroni e il suo gruppo “usano” Paolo e la sua morte o rappresentano veramente il suo pensiero e la sua azione?

Allo stato attuale non è possibile dare una risposta precisa. Non ci sono dubbi, però, che per loro Paolo Antonini è una bandiera da esibire.

A questo si collega un’altra domanda: perché, dopo una lunga permanenza semiclandestina a Casablanca, Paolo non riesce ad imbarcarsi, come desidera, per Città del Messico?

Si entra anche qui in un discorso complesso sulla strenua “competizione” tra fuorusciti, dopo la sconfitta spagnola, per trovare una disperata via di fuga verso il Messico.

Competizione che vedrà vincenti e perdenti, tra cui Paolo, e che susciterà molte polemiche all’interno dell’antifascismo.

Una fonte anarchica riporta che Paolo fu arrestato nel tentativo di attraversare su un’imbarcazione con altri compagni lo stretto di Gibilterra, per cercare una via di salvezza.

Ultimo, estremo tentativo che gli costerà, dopo qualche giorno, la fucilazione nella prigione di Casablanca.

Sono temi non secondari, che potrebbero forse essere approfonditi solo attraverso la ricerca in archivi stranieri.

Questo mi conduce a un ultimo argomento.

La memoria che di Antonini custodisce la nostra città.

Una cosa, credo, si può affermare con sicurezza.

Chi più di ogni altro ha compreso fino in fondo il valore di Paolo Antonini è stato Fernando Barbaranelli, per profonde ragioni di amicizia, ma non solo.

Nel suo archivio personale è custodita una riproduzione dell’articolo dell’Adunata pubblicato da Ciancarini. Non sappiamo come ne fosse venuto in possesso.

Vi si trovano alcune annotazioni a mano, forse dello stesso Fernando. Tra l’altro vi è sottolineato proprio quel passo della lettera di Turroni, fortemente avverso alla collaborazione tra antifascisti. E’ facile intuire come quelle parole potessero ferire, nel dopoguerra, la sensibilità di un dirigente comunista, che nella sua giovinezza aveva comunque apprezzato alcuni ideali libertari.

Quel passo non scuote minimamente la fiducia e la stima di Fernando verso l’amico Paolo.

Per tutta la sua esistenza Fernando lo propone come il maggior esempio dell’antifascismo cittadino militante: l’eroe di una Resistenza combattuta altrove.

Gli dedica la prima sezione dell’ANPPIA a Civitavecchia, si impegna a fargli intestare una via cittadina, in privato gli dedica anche una commossa poesia.

Siamo fuori tempo massimo per riprendere un discorso?

Con le possibilità di ricerca che oggi offrono le nuove tecnologie nuovi scenari possono essere aperti.

Per questo reputo importante il contributo di Enrico Ciancarini e spero che si possano aggiungere altri tasselli alla conoscenza storica di un concittadino che si è affacciato con la sua azione ben oltre l’orizzonte locale.

CLAUDIO GALIANI