25 luglio 1943

di DARIO OLIVA

Il 25 luglio del 1943, a seguito dell’arresto di Mussolini a Campegine, un paese della provincia di Reggio Emilia la famiglia Cervi insieme ad altre famiglie, per festeggiare la fine  della dittatura, organizzarono una cena con pastasciutta. Il piatto, considerando le ristrettezze del momento, venne condito con poca salsa ma con tantissima  gioia ed entusiasmo per ciò che si pensava essere il ritorno della libertà.  In molte località ogni anno da quel  lontano 1943 si perpetua l’avvenimento con cene, appunto a base di pastasciutta,per ricordare e commemorare quel  momento.  L’anno scorso l’Anpi di Tarquinia organizzò una ben partecipata manifestazione; quest’anno avremmo voluto organizzarla anche  a Civitavecchia. Purtroppo la cosa si è resa impossibile dalle restrizioni covid. Si rimanda tutto al prossimo anno con la speranza che i problemi della pandemia saranno superati  consentendoci un incontro con amici antifascisti per ricordare quegli eventi ma anche per meditare sulle terribili conseguenze che la  famiglia Alcide Cervi subì dopo qualche mese. Infatti dopo l’8 settembre il centro nord dell’Italia venne occupato dai nazisti che imposero la repubblica fantoccio di Salò presieduta da Mussolini che i tedeschi che lo  avevano   liberato il 12 di settembre  dalla prigionia sul Gran Sasso.  Si ritornò quindi alla dittatura fascista fino a che, il 25 aprile del 1945, l’Italia non venne liberata.

Nel lungo periodo di Salò si organizzò la resistenza contro fascisti e nazisti i quali risposero con stragi efferate contro popolazioni inermi. Buona parte dell’esercito della repubblica di Salò venne impiegato per reprimere la lotta partigiana e la polizia del regime, collaborando con le SS e con la Gestapo procedette all’arresto di cittadini antifascisti che spesso vennero condannati a morte senza processo. Fu ciò che capitò alla famiglia Cervi. Il 25 novembre 1943 Alcide e i 7 figli insieme ad alcuni prigionieri sovietici fuggiti dai campi di concentramento vennero arrestati e portanti nel carcere di Reggio Emilia.  Il 28 dicembre i sette fratelli vennero fucilati dai fascisti per rappresaglia ad un attentato al federale di Ferrara. Alcide, che evase dal carcere semidistrutto da un bombardamento aereo alleato il giorno 7 gennaio 1944, seppe solo allora   dell’assassinio  dei figli.  Cercò di ricostruire la casa distrutta insieme alla moglie e ai nipoti ma i fascisti la distrussero nuovamente; la moglie  di Alcide,  Genoeffa  morì qualche giorno dopo.  

Quel  25 luglio aprì degli spiragli alla libertà nel nostro paese ed è bene ricordarlo  e commemorarlo  anche attraverso le simboliche pastasciutte. L’8 settembre fascisti e nazisti  imposero di nuovo dittatura e terrore. Fu allora che tanti italiani scelsero la lotta ed entrarono nelle formazioni partigiane che contribuirono fortemente alla vittoria finale.  Tanti pagarono con la vita questa loro scelta. Oggi onorare  e commemorare i martiri della barbarie nazifascista è un impegno di tutti i democratici. La famiglia Cervi è stata e rimarrà un esempio  nobile ed indelebile dei sacrifici  che quella famiglia pagò alla  causa della libertà e della democrazia nel nostro paese. 

DARIO OLIVA