La mezza terzina che può salvare il mondo

di ELOISA TROISI

 […] e vedi ‘l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.   

[Inferno, Canto V]

 

Secondo la poesia di Borges “I Giusti”, una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto stanno salvando il mondo. In questo periodo apocalittico, triste epoca che di eroi avrebbe davvero bisogno, ha senso interrogarsi su quale possa essere oggi il salvifico effato.

Achille, nella Commedia, transita con delicatezza. Ci si aspetterebbe di vederlo ribollire nella picea palude dello Stige, vittima per contrappasso della sua stessa ira funesta, o sguazzare nelle acque vermiglie del Flegetonte, tra i violenti, o correre senza sosta sulla sabbia infuocata dei Sodomiti, punito per la più maliziosa natura del suo rapporto con Patroclo.

Dante, invece, descrive Achille tra coloro che in vita furono travolti dalla passione amorosa, restituendogli tutta la bellezza di cui Omero gli aveva fatto dono. Collocandolo nel secondo cerchio, il genio fiorentino ci ricorda che Achille ha ucciso Ettore non per amore del proprio popolo né per impadronirsi della città di Troia, ma per vendicare l’amato Patroclo, per riaverne il corpo e piangervi addosso, baciandogli il viso e il petto con tenerezza.  Ci ricorda che è per amore che Achille è morto, recandosi al tempio di Apollo per chiedere in sposa Polissena, e proprio in quel momento – perché, se c’è una cosa che i Greci ci hanno insegnato, nel loro assoluto fatalismo, è che si deve morire come si è vissuti, senza alcuna viltà – Paride scoccava la sua freccia vigliacca, mirando al tallone.

Nella Commedia, Achille è una colomba bella, chiara, quasi anonima, bionda e discreta; non è il guerriero spietato che si contrappone ad Ettore, eroe patriottico e onesto, marito amorevole e fedele, tradizionalmente meritevole di tutto il nostro onore di pianti, per cui ad ogni lettura dell’Iliade abbiamo sperato in una conclusione diversa dello scontro. Nella Commedia, Achille interpreta sé stesso, non è l’alter ego di nessuno; non si semplifica, non si erge a simbolo di alcuna verità. Viene presentato per quello che realmente è, un uomo travolto dalla passione, che per amore ha sempre combattuto, fino a quando non gli è stato fatale. 

Ha senso, oggi, pensare che in questa mezza terzina dantesca si riassuma la ricetta di salvezza del nostro mondo? Se ha senso proporre l’amore come unico autentico motore delle azioni umane, e ricordare che non esiste guerra che valga la pena combattere, in alcun campo, se non nel nome di ciò che si ama e che è la cosa più bella su questa piccola terra bruna, allora sì, ha senso pensare che gli uomini e le donne che leggono questa mezza terzina possano ancora salvare il mondo.

Lo salveranno perché lo avranno a cuore, ne avranno cura, avranno voglia di piantare alberi e di arare campi, di indossare mascherine contro pandemie devastanti e di mettere ordine tra i propri rifiuti per poterli riciclare. Perché, se potranno scegliere, preferiranno ad una vita breve e gloriosa una vita anonima e tranquilla, vissuta come l’ultimo dei servi, ma lunga come il più longevo degli amori. 

ELOISA TROISI